Stefano Cecconi, Comitato nazionale stopOPG, racconta della mobilitazione nazionale contro gli OPG per la rubrica settimanale sul Manifesto del 10 ottobre 2012
La giornata di mobilitazione del 29 settembre scorso promossa da stopOpg (chiudono gli Opg o riaprono i manicomi?) ha denunciato i ritardi del processo di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e i rischi della recente Legge “svuota carceri” n. 9 del 2012 (l’articolo 3 ter è sugli Opg). Opinione diffusa è che il termine ultimo per la chiusura degli Opg disposto dalla legge (marzo 2013) non sarà rispettato e che verrà disposta una proroga.
Ma non vi sono solo ritardi, bensì rischi di re-istituzionalizzazione manicomiale. L’attenzione di Governo e Regioni è concentrata sull’apertura delle strutture residenziali “speciali” – previste dalla legge 9 in luogo degli attuali Opg – dove eseguire la misura di sicurezza, molto simili a ospedali psichiatrici. Rischiamo di ritrovarci con numerosi piccoli manicomi regionali (i “mini Opg”). Emblematica la scelta delle Marche di costruire una simile struttura a Fossombrone, vicino al carcere; o la richiesta di mantenere aperto l’Opg di Castiglione delle Stiviere come …. manicomio modello.
Un sintomo chiaro del rischio di deriva “manicomiale” è proprio la mancata richiesta da parte delle Regioni al Governo dei finanziamenti speciali e aggiuntivi (38 milioni nel 2012 e 55 milioni dal 2013) che la legge 9/2012 dispone per assicurare l’assistenza alternativa all’Opg: per assicurare i progetti terapeutico riabilitativi individuali, per dimettere gli internati e per prevenire i nuovi internamenti.
Così rischiano di decadere persino le indicazioni della Corte Costituzionale, che con due sentenze (nel 2003 e 2004) ha dichiarato possibile (anzi necessario) svolgere la misura di sicurezza fuori dall’Opg, per rispondere al bisogno di cura delle persone con soluzioni adeguate, che Opg e carcere non garantiscono.
Perciò la mobilitazione di stopOpg continua. Intanto, sul fronte dei servizi del welfare locale, insistiamo per lo sblocco dei finanziamenti (di cui sopra) finalizzati all’assistenza fuori dall’Opg. Perché per evitare l’internamento bisogna che i servizi nel territorio delle Asl e dei Comuni siano attivi. Anche per la magistratura di sorveglianza più propensa ad evitare il ricovero in Opg, ci sono difficoltà a disporre misure alternative quando manca la cura delle persone internate da parte dei Dipartimenti di Salute Mentale e dei servizi sociali dei comuni. La presa in carico con progetti di riabilitazione individuale è decisiva per rimuovere anche la “pericolosità sociale”, permettendo la dimissione o comunque l’esecuzione della misura fuori dall’Opg.
Non basta. Occorre modificare alla radice gli articoli del codice penale, altrimenti gli Opg (vecchi o nuovi) continueranno ad essere alimentati da nuovi ingressi. Sono quegli articoli del codice Rocco che, associando “follia” (incapacità di intendere e di volere) a “pericolosità sociale”, hanno mantenuto in vita l’Opg e dunque un canale “parallelo e speciale” riservato ai malati di mente. Com’era con i manicomi prima della legge Basaglia. Solo così potremo restituire cittadinanza e diritti alle 1.500 persone ancora rinchiuse negli Opg, dove si continua a soffrire e a morire; e a evitare che altre persone subiscano una misura di sicurezza invece di ricevere cure e assistenza.