Le organizzazioni della cura – Le Associazioni dei familiari nei processi di trasformazione dell’assistenza psichiatrica.
A Trieste, dal 4 al 6 maggio, l’U.N.A.Sa.M. organizza in collaborazione con il DSM di Trieste il VI corso nazionale per familiari attivi nelle associazioni.
Questi percorsi di formazione sono cominciati nel 2000 ed hanno portato a incontrare a Trieste un numero cospicuo di familiari, di operatori e di associazioni attivi sulle questioni della partecipazione di famiglie e cittadini alla trasformazione dell’assistenza psichiatrica.
L’intento è quello di offrire ai familiari conoscenze ed esperienze intorno alle pratiche di salute mentale che possono essere di aiuto nell’impegno che, nelle singole realtà locali, le associazioni devono avere nel sostenere politiche sanitarie e di salute mentale, valutare, attivare risorse, promuovere protagonismo
Le famiglie e le associazioni
I servizi che veramente lavorano nella comunità hanno bisogno di riconoscere i familiari per trovare con loro obiettivi comuni e valorizzare nuove risorse.
Bisogna prima di tutto riconoscere che essi sono soggetti che interagiscono col servizio e con la persona con disturbo mentale sullo stesso piano. Questo è il senso del dialogo a tre voci che deve essere avviato, sostenuto e valorizzato. I familiari sono portatori di domande e bisogni propri. E’ dando credito a queste domande e cercando faticosamente riposte a questi bisogni che può avviarsi un confronto reale che alimenti consapevolezza e responsabilità di tutti gli attori presenti sulla scena. In questa cornice sono possibili alleanze e percorsi comuni al riparo dal rischio di manipolazioni, ricatti, inutili conflitti.
Le associazioni sono nate ed agiscono per affermare e garantire prima di tutto il diritto alla cura, a volte sono partite da punti di vista diversi, ma sono saldamente unite dallo sforzo di contribuire a migliorare la qualità delle cure riducendo il disagio e tutte sottolineano gli stessi problemi:
Il carico assistenziale della persona con disagio mentale in rapporto alle insufficienze dei servizi di salute mentale.
La colpevolizzazione che le famiglie vivono in quanto vengono ritenute responsabili del disturbo mentale. Questo modo di vedere,talvolta, viene alimentato anche dagli stessi operatori dei servizi.
Il problema della lontananza dei servizi e della loro discontinuità nei programmi di lungo periodo. I familiari la giudicano un ostacolo insormontabile ai percorsi della guarigione.
I diritti e le libertà della persona affetta da disturbo mentale, che, quando trascurato, determina l’abbandono e contribuisce all’emarginazione.
Le associazioni richiedono leggi rispettose della dignità delle persone e la disponibilità di risorse e percorsi adeguati per garantire una vita sociale, una casa, la formazione, il lavoro.
Su questi obiettivi tutte le associazioni sono concordi.
Le differenze si riscontrano sulla concezione della persona con disturbo mentale.
Per alcune associazioni, una persona “irresponsabile ed incapace”, che necessita di tutela, di maggiori automatismi nei trattamenti obbligatori, di tempi di ricovero più lunghi, di riconoscimento per legge di uno statuto di handicap.
Per altre associazioni invece, una persona che deve avere diritto ad una crescita personale, alla sua autonomia, ad una collocazione nella società attraverso percorsi di normalità. Queste associazioni chiedono anche una maggiore disponibilità del servizio a farsi carico o a condividere le situazioni di crisi, un minore ricorso ai ricoveri obbligatori e l’abbandono di tutte quelle situazioni di costrizione che aumentano la drammaticità dei trattamenti e ne riducono l’efficacia.
Ancora oggi molte associazioni sono costrette ad affrontare problemi e mancanze talvolta abissali. Problemi che sono nati sempre e comunque dallo scollamento tra le aspettative di emancipazione e la miseria spesso colpevole delle risposte.
Anche quando si colloca in modo ostinato in uno scenario conflittuale e di rivendicazione fuori dai servizi o addirittura in lotta con questi, quando rischia di rimanere estraneo alle dinamiche politiche e sociali della comunità l’associazionismo deve essere visto come una spinta alla realizzazione dei servizi territoriali, delle opportunità di cura e più in generale delle politiche relative alla salute mentale.
Per questo i familiari sempre più spesso si trovano ad essere interlocutori privilegiati e sono diventati i protagonisti e sopportano un carico di responsabilità completamente nuovo.
La nascita e lo sviluppo di forme di aggregazione tra familiari, di forme di auto‑aiuto, di Associazioni, è stato segno più evidente del cambiamento.
Tuttavia, a fronte dell’affermazione e della diffusione dell’Associazionismo tra familiari e persone con esperienza, resta ancora evidente un insufficiente grado di coordinamento tra le differenti realtà del paese, un livello disomogeneo – ed a volte scadente – di conoscenze sia intorno alle questioni del disturbo mentale, delle opportunità terapeutico‑riabilitative, dei diritti riconosciuti alle persone affette da disturbo mentale che delle stesse regole delle Associazioni, delle leggi e delle norme in materia, del reale significato della cooperazione sociale, delle possibili razionali strutturazioni dei Servizi di Salute Mentale.
Il rischio di essere interlocutori deboli, quando non ricattabili o peggio muti, di fronte alle amministrazioni locali e regionali, ai direttori delle aziende sanitarie, ai coordinatori dei dipartimenti di salute mentale e in genere ai tecnici che operano nei servizi, è sempre presente.
Il Dipartimento di Salute Mentale di Trieste, che da tanti anni promuove percorsi di partecipazione e formazione specifica per i familiari, organizza assieme all’U.N.A.Sa.M. (Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale) e con la partecipazione di altre Associazioni, queste giornate di incontro per affrontare, assieme a familiari attivi nelle Associazioni provenienti da differenti realtà del nostro Paese, proprio queste questioni. Pensiamo infatti che come si formano manager, medici ed operatori altrettante opportunità di formazione debbano avere sia gli utenti dei servizi che i loro familiari, visto che oggi con sempre maggiore evidenzia si presentano all’orizzonte le persone che vivono l’esperienza, le loro associazioni e una nuova concreta capacità di essere protagonisti e responsabili in prima persona.
In linea generale gli incontri vogliono proporsi i seguenti obiettivi:
- acquisire consapevolezza sulla natura del disturbo mentale, sul carico che questo comporta all’interno della famiglia, sulle risorse per farvi fronte, sul ruolo della famiglia e delle Associazioni.
- scambiare reciproca conoscenza ed esperienze tra le differenti Associazioni con le finalità di rendere visibile e rafforzare la rete;
- sviluppare conoscenze sulle questioni relative agli assetti legislativi e normativi e per apprendere e migliorare abilità, per orientarsi in questo campo;
- rafforzare reti e conoscenze tra le associazioni e le persone che operano nelle diverse realtà regionali.
Gli Incontri saranno centrati sulla esposizione di temi e successiva discussione aperta a tutti i partecipanti, nonché sulla visita a tutte le strutture ed attività del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste.