di Gloria Gaetano che conduce discussioni e battaglie a favore della legge voluta da Basaglia e per i diritti delle donne.
C’erano una volta dei lager chiamati manicomi dove persone soffrivano pene e torture nel più degradante abbandono.
L’artefice della liberazione, dell’abolizione dei manicomi, considerato anche dagli studiosi stranieri il più grande intellettuale italiano fu Franco Basaglia, uno psichiatra veneziano, che con passione e volontà di sperimentazione lottò per una riforma che desse libertà, capacità di reinserimento e dignità di persone ai malati. In sintonia con tante realtà e studi anglosassoni, Basaglia ha veramente realizzato l’esperienza manicomiale aperta prima nel manicomio Gorizia, realtà di confine estremo poi a Trieste.
La situazione politico-sociale –culturale e movimentistica tra gli anni ‘60 e ‘70 è il contesto in cui la rivoluzione basagliana prende le mosse, per introdurre il suo innovativo metodo terapeutico nei confronti dei malati di disagio psichico.Contro una realtà manicomiale della massima esclusione , della contenzione e di brutali elettroshock, il medico veneziano mette in moto una rivoluzione culturale, un pensiero terapeutico e sociale che riconoscesse il malato come persona e che comprendesse, proprio per la cura di chi è stato deprivato di tutto, l’importanza dei rapporti col mondo esterno, quel mondo stesso che li ha rifiutati, rinchiusi e che ora va rieducato e trasformato.
Il percorso intrapreso da Basaglia conduce quindi dalla dogmatica ed escludente psichiatria tradizionale a una nuova prospettiva interpretativache non deve limitarsi alla sola liberazione fisica dei matti,ma tende alla comprensione della dignità umana, connessa alla patologia mentale, attraverso la considerazione dello spazio e del tempo vissuti: richiamo continuo di Basaglia a un’etica dell’agire nella pratica per trasformare il reale.
Se questo si attua, in funzione della liberazione della soggettività di tutti, si sfiora l’utopia,certo, ma “l’utopia diventa il vero reale, la prefigurazione di una realtà” (Basaglia nelle .Conferenze brasiliane)
Non a caso lo studioso inglese John Foot, docente universitario, ha avvertito l’esigenza di scrivere la storia del più grande movimento rivoluzionario italiano (così definito da lui stesso): La “Repubblica dei matti”. Franco Basaglia e la psichiatrica radicale in Italia, 1961-1978 (Feltrinelli, 2014, pagine 375, euro 22,00).
Nell’ultimo capitolo John Foot scrive che “Il 13 maggio (1878) non si è stabilito per legge che il disaggio psichico non esiste più, ma si è stabilito che in Italia non si dovrà mai più rispondere al disagio psichico con l’internamento e la segregazione. Il che non significa che basterà rispedire a casa le persone con la loro angoscia e la loro sofferenza” (Franca Ongaro Basaglia).
E’ una citazione che esprime quanto di rivoluzionario e innovatore ha lasciato l’esperienza di un uomo nella storia italiana, senza tralasciare, quanto ancora di irrisolto, di dubbio, di sospeso c’era nella legge, e che sarebbe stato risolto nei progetti, nelle proposte a venire.
Quello che Foot fa è un bel lavoro di ricerca storiografica, un quadro ampio della storia culturale di un movimento.
Basaglia seppe attirare a Gorizia, il primo ospedale che fu mandato a dirigere, insieme alla moglie Franca Ongaro, intellettuali, studenti, registi,volontari, infermieri, scrittori, registi.
A Gorizia, una città di frontiera, si trovavano rinchiusi molti rifugiati serbi, ex partigiani, ex fascisti, e i cosiddetti matti. Tanti diversi, che per un motivo o per un altro non si sapeva dove collocare, dove curare,e che creavano disturbo alla società midcult dell’epoca della guerra fredda.
La cosiddetta ‘deistituzionalizzazione’ è in realtà una ricerca di nuovi servizi sul territorio, di interventi mirati alla socializzazione, di attività teatrali e ludiche, artigianali, di lavori semplici, che richiedono azioni diversificate sul territorio, “una comunità terapeutica.che trasformasse la realtà sociale,ne dava un’altra dimensione di condivisione, di umanesimo culturale, di rinnovamento, e di ascolto, di aiuto terapeutico,fino ad arrivare ad alloggi liberi e personalizzati.
Negli anni ‘70 Sartre diceva: se volete vedere una realtà dove si elabora un sapere praticoandate a Gorizia.
E così, quando, dopo la legge 180, i muri sono crollati, la contenzione vietata, e i malati psichici possono circolare liberamente , è possibile iniziare a narrare questa storia in cui la parola è l’arma più potente. Una storia che già Sergio Zavoli, per lo speciale Tg7, “I giardini di Abele”, aveva cominciato a raccontare la storia di un visionario, un santo, attraverso le immagini che quei luoghi, quelle sofferenze ancora oggi si rinnovano nell’indifferenza e nella paura di tutto ciò che può “disturbare” i nostri modelli di vita.
I malati psichici si trovano sempre in luoghi decentrati,li troviamo sempre in fondo a un viale di periferia, dice Zavoli, perché non disturbino la cosiddetta ‘gente perbene’.
Ma Basaglia non è un visionario, un santo che si dedica agli altri, ma un uomo immerso nella cultura del suo tempo, che ha letto Fanon, Goffman, Foucault, Cooper, Sartre. Che ha introiettato tutte le letture che si occupavano di esclusione sociale e di disagio mentale.Un uomo che è in grado di unire riflessine e studio con l’azione concreta
Una volta approvata la legge, Basaglia decide di mettere la malattia tra parentesi, e di occuparsi soprattutto della’persona’. L’istituzione viene negata, ma deve essere gestita,ridisegnata (vedi in Franco Basaglia: “L’istituzione negata”, 1968 ).
Ma non èpossibile gestire rinnovandola, è una contraddizione insanabile. La Grande riforma sarà chiudere. Questa decisione verrà presa con i residenti malati, con infermieri, con medici, intellettuali in una riunione affollata in una sala del manicomio di Gorizia.
Poi Basaglia passa a dirigere il manicomio di Trieste,che diventerà il fiore all’occhiello della riforma radicale psichiatrica.
La repubblica dei matti, che ha i suoi centri di eccellenza oltre che a Gorizia e a Trieste, a Perugia,Arezzo, Parma, Reggio Emilia, ha luoghi diversi dai cancelli del manicomio: verde, parchi, saledi artigianato, teatri e sale di riunione e di riposo, Ma, progressivamente, si sarebbero dovute creare strutture territoriali per la malattia mentale.
Anche a Capua, che fa parte della’Asl2 di Caserta, di cui Franco Rotelli fu per alcuni anni direttore generale e con lui collaborò Giovanna del Giudice, si crea una bella struttura di servizi, di accoglienza, di ascolto.
La Riforma non finì con la chiusura dei manicomi. Quello fu solo l’inizio. Entrò poi a far parte della nuova legge sulla sanità, che consentiva solo ricoveri d’urgenza in ospedali, con trattamenti sanitari autorizzati dallo stesso malato o dai familiari con delega.
Molte furono le contraddizioni,all’interno della Riforma, molte le modifiche in alcuni luoghi. Ed è per questo che è necessario contestualizzare, storicizzare, aprire a nuovi progetti di liberazione e socializzazione, che giovino al malato come persona, all’ascolto delle sue esigenze finalizzate al reinserimento e alla trasformazione sociale.
La repubblica dei matti di J. Foot è un bel libro checi narra una storia di diritti, di dignità,di persone e di passioni. E’ la sintesi perfetta di quell’epoca che ha lasciato più di altri movimenti passati e presenti quei diritti di cui speriamo di continuare a godere, nonostante i tagli economici, i passi indietro in tutti i campi della nostra vita sociale.
Negli anni Settanta, Franca Ongaro Basaglia, in un’intervista, avvertiva che “la nuova legge non prevedeva l’abolizione dei manicomi senza la contemporanea creazione di strutture alternative al manicomio e ci siamo trovati nelle condizioni attuali perché molte regioni, molte province non hanno costituito le strutture alternative previste dalla legge”,
Ancora oggi si lotta per l’attuazione della 180. E ci sono ancora, nelle condizioni più disumane, persone che soffrono negli ospedali psichiatrici giudiziari anche se già una legge (la n. 211 del 2011) prevede la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, (Opg).
Dal primo aprile i ricoverati avrebbero dovuto essere ospitati presso le strutture residenziali socio-sanitarie denominate “Residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza” (Rems), per un’assistenza solo sanitaria. Ma si replica l’inadempienza: la maggior parte delle regioni (che già segna ritardi disastrosi in tutta la sanità, ma soprattutto in quella della salute mentale)non ha ancora creato strutture alternative agli OPG, e questo, oltretutto, favorisce un artificioso clima di timore che apre la strada a indegne contro-riforme.
Come la proposta di legge (“Disposizioni in materia di assistenza psichiatrica” presentata il 15 gennaio 2009, dal deputato di Fratelli d’Italia, Carlo Ciccioli, già approvata in Commissione.
La proposta di legge, contestata con cognizione di causa dalla stragrande maggioranza delle Organizzazioni che hanno partecipato alle audizioni in Commissione Affari Sociali e dalla maggioranza delle Associazioni dei Familiari e degli Utenti dei servizi di salute mentale, ripropone sistemi di internamento attraverso l’istituzione del “trattamento sanitario obbligatorio prolungato senza consenso” della durata di sei mesi rinnovabile. Trattamento che può essere effettuato anche in “strutture diverse da quelle previste per i pazienti che versano in fase di acuzie”, quindi anche in strutture private cosiddette “accreditate”: ancora una volta l’emarginazione totale di cittadini e lavoratori.
Questo è uno degli aspetti più preoccupanti, che peraltro rientra – e facendo a questo proposito leva ancora una volta sulla “paura”, soprattutto dopo la decisione di abolizione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, OPG) – nella prevalente ideologia neoliberista di esaltazione del privato, soprattutto attraverso i tagli alla spesa pubblica e soprattutto a quella sanitaria.
“Mettete fuori i criminali e quelli ammazzano”: la banalità, pericolosa e diffusa, come ricorda Riotta nella trasmissione televisiva, Eco della storia, dello scorso 16 aprile, quand’è stato presentato il libro di John Foot.
È in preparazione il Forum di salute mentale, che si terrà a Pistoia a giugno: impegno prioritario è la campagna StopOpg, un tema centrale per la completa attuazione della riforma psichiatrica.
Oggi, a due mesi dalla data di chiusura degli Opg, appare prioritario riaccendere le luci sui servizi, sui dispositivi organizzativi, sulle pratiche della salute mentale.