di Luana De Vita

ROMA (28 novembre) – La protesta non sembra fermarsi al mondo dell’istruzione, la rivolta stavolta coinvolge dei professionisti e colpisce un Ordine Professionale, quello degli Psicologi. Un bombardamento postale – “mail bombing”– all’indirizzo dell’Ordine degli Psicologi del Lazio e Nazionale per protestare contro il silenzio dell’Ordine e denunciare il mancato confronto tra università e professionisti in tema di riorganizzazione della storica Facoltà di Psicologia di Roma alla Sapienza.

Il nuovo statuto dell’ateneo romano, anticipando di un anno il Decreto Gelmini, ha di fatto ridotto a 11 le Facoltà, 3 sono di Medicina e di queste una ha aggregato i 3 Dipartimenti delle due ex-Facoltà di Psicologia e 4 di Medicina II, diventando così Medicina e Psicologia. «La Psicologia ha impiegato quasi un secolo per conquistare una precisa identità scientifica e professionale», ha scritto nel 2008 Francesco Avallone, oggi prorettore della Sapienza, alla luce dei fatti si direbbe che per smantellare questi cento anni di storia sia bastato un anno di lavoro.

Ma davvero l’Ordine degli psicologi non ne sapeva nulla? «No, l’Ordine non è stato coinvolto e non ha potuto fare che una presa d’atto visto la totale autonomia delle Università. Quindi non è stato possibile condividere le scelte fatte, lasciandoci l’amaro in bocca per la rinuncia – spiega il presidente del Lazio Marialori Zaccaria – la nascita di questa nuova Facoltà comporta comunque il mantenimento delle rispettive autonomie “aggregando” e non “accorpando” sette Dipartimenti che daranno vita a diversi corsi di laurea secondo le rispettive competenze.».

L’Ordine del Lazio sembra però condividere con i suoi iscritti qualche preoccupazione: «E’ sotto gli occhi di tutti che l’avvenuta rinuncia ad una Facoltà di Psicologia autonoma, in cambio della Facoltà di Medicina e Psicologia, è la conseguenza di una cultura dominante nel Paese che, in nome della riduzione dei costi ad ogni costo, non crede al valore strategico della conoscenza, come principale risorsa per il futuro dell’Italia nel mondo globalizzato. E soprattutto non c’è né volontà né coraggio, di “fare salute”, di utilizzare la Psicologia come una enorme risorsa per il nostro Paese». Certo appare bizzarro che non si sia aperto almeno un dibattito interno visto che il vice presidente dell’Ordine del Lazio è anche un docente di Psicologia 1, improbabile pensare che non sia neanche arrivata l’eco di quanto stava accadendo alla Sapienza.

Diversa la posizione del Rettore dell’ateneo più grande d’Europa, Luigi Frati, che invece afferma: «Qual è il futuro di Psicologia? Io sto cercando di fare il polo delle Neuroscienze e delle Scienze del Comportamento per offrire agli studenti di Psicologia, ma anche di Medicina, delle opportunità che altrimenti non avrebbero avuto. E poi chiariamo che sono gli psicologi che hanno scelto di aggregarsi ad una Facoltà medica. Nessuno ha costretto nessuno, ci sono tre Dipartimenti che hanno scelto questa soluzione, anzi la proposta è venuta da loro e non c’è stato assolutamente un problema di numeri insufficienti per Psicologia, i numeri li aveva anche per l’autonomia o per altre aggregazioni».

Infatti secondo il nuovo statuto della Sapienza una Facoltà ha bisogno di almeno tre Dipartimenti con 50 docenti a dipartimento, e Psicologia li aveva, non poteva quindi rimanere autonoma e magari aggregare il dipartimento di Neuroscienze e salute mentale? «Certo, anzi i tre Dipartimenti di Psicologia erano maggioritari su quelli di Medicina, comunque non è arrivata nessuna proposta in questo senso».

Replica il Rettore: «Quando si innova c’è sempre qualcuno che si lamenta ma tutte le scelte fatte sono state condivise in ambito accademico e nessuno può dire io non sapevo». Non è stato dunque un problema di necessità né economiche né tecniche, è stata proprio una scelta operata a quanto pare dagli stessi Dipartimenti di Psicologia: «Noi siamo partiti da un progetto culturale, la Psicologia può essere considerata una delle scienze che al pari della Medicina, promuove la salute degli individui. Nel momento in cui si è cominciato a ragionare sulla possibile collocazione della Psicologia nel nuovo scenario della Sapienza noi abbiamo inteso valorizzarla, proprio perché partiamo da un punto di forza, con una nostra tradizione scientifica che ci consente di dialogare alla pari con Medicina nel nostro ambito che è la salute mentale».

Il direttore del Dipartimento di Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione Emma Baumgartner spiega così il contesto e aggiunge: «Certo potevamo rimanere anche autonomi, però noi vogliamo vedere il futuro, la nostra preoccupazione è dal punto di vista delle ricadute occupazionali e abbiamo pensato che il terreno della promozione della salute potesse aprire delle prospettive che adesso non ci sono».

Anche Alessandra De Coro, direttore del Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica e Salvatore Maria Aglioti, direttore del dipartimento di Psicologia concordano sulla questione della scelta di formare una nuova Facoltà, a partire dal progetto originario di Scienze della Salute la denominazione di Medicina e Psicologia rispetta la normativa vigente e garantisce continuità e identità alle culture di provenienza: «In tutti e tre i Dipartimenti psicologici, anche se con comprensibili espressioni di perplessità e di timori per il cambiamento, la proposta di questa nuova Facoltà è stata discussa e ha trovato consensi». I tempi straordinariamente veloci con cui tutto si è consumato potrebbero spiegare le perplessità espresse da molti docenti che parlano sostanzialmente di decisione “verticistica” di cui hanno potuto e dovuto solo prendere atto.

Il Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, Luigi Palma, è cauto : «La qualità della formazione è direttamente connessa alla qualità delle prestazioni e alle competenze dei professionisti, resta il fatto che gli Ordini non sono coinvolti nelle scelte delle Università che hanno piena autonomia ma, certamente dal nostro punto di vista sarebbe stato preferibile mantenere l’autonomia per la Facoltà di Psicologia e optare per il ripristino del ciclo unico abolendo le lauree triennali».

“Medicina e Psicologia” un nome che sembra confermare il timore che si stia sempre più affermando il modello biologico-medico-farmacologico rispetto al modello psico-sociale come approccio ai temi di prevenzione, promozione della salute e come risposta dei servizi di assistenza e terapia ai cittadini, è davvero così?

Secondo Palma non proprio: «Credo sia utile ragionare non tanto in termini di sterile contrapposizione, quanto piuttosto in termini di integrazione tra i modelli, integrazione dei saperi e interazioni tra saperi diversi. Dal punto di vista pratico credo invece che sia più produttivo potenziare la ricerca sull’efficacia degli interventi. Come psicologi non ci possiamo permettere di appiattirci sul modello medico-biologico e degli sforzi compiuti in questa direzione ci sono testimoni le attività di promozione e sensibilizzazione attuate dall’Ordine, soprattutto a livello di politica del territori. Continueremo su questa strada anche, ancora, tenendo aperto un canale di comunicazione e scambio con l’Università».

E gli studenti? Al portone dell’ormai ex Facoltà di Psicologia commentano arrabbiati: «Una decisione presa sulla nostra testa e senza di noi». E partecipano anche loro alla protesta via web

(da Il Messaggero)

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