Ad oltre 35 anni dalla Legge di Riforma Psichiatrica n°180, il nostro Paese, le famiglie e le persone che vivono la condizione della sofferenza mentale, attendono azioni concrete e coraggiose da parte dello Stato e dei suoi rappresentanti, che diano concreta, e non più rinviabile, attuazione ad una Legge di grande civiltà e progresso su tutto il territorio nazionale e a favore di tutti i cittadini.
Rappresentiamo le famiglie e gli utenti dei servizi di salute mentale e le loro Associazioni impegnate, da decenni, in difesa del diritto alla salute mentale e alla dignità umana. Impegno culturale e sociale agito nei territori di appartenenza e molto apprezzato dalle comunità locali perché finalizzato al pieno riconoscimento dei diritti di cittadinanza e all’inclusione sociale e lavorativa di chi vive sulla propria pelle la condizione della sofferenza mentale, e che potrebbe condurre una vita di normalità.
Sappiamo, per esperienza diretta, che la stragrande maggioranza delle persone che si rivolgono ad un servizio di salute mentale può riacquistare una soddisfacente qualità della vita e un ruolo sociale, se sostenute con adeguati trattamenti terapeutici/riabilitativi orientati alla guarigione. Se resi partecipi e responsabili del loro percorso di cura.
Il nostro principale obiettivo è perciò la difesa e la valorizzazione dei Dipartimenti di Salute Mentale per il potenziamento dei servizi di salute mentale di comunità, per la presa in carico globale e per la eliminazione di tutte le situazioni di abbandono, segregazione e istituzionalizzazione che provocano ed aggravano cronicizzazione e disabilità.
A causa delle politiche restrittive e dei tagli indiscriminati delle risorse, e del conseguente e gravissimo impoverimento delle piante organiche dei Dipartimenti di Salute Mentale (già peraltro sottostimate rispetto ai bisogni reali e agli standard indicati dal Progetto Obiettivo Nazionale Salute Mentale), abbiamo assistito ad un sempre più preoccupante indebolimento degli interventi di “salute mentale” e al diffondersi e rafforzarsi di pratiche di intervento prevalentemente di tipo ambulatoriale/farmacologico nella maggior parte dei servizi territoriali.
Ciò non solo non migliora le condizioni di salute delle persone che si rivolgono ai centri di salute mentale, ma è in chiara contraddizione con gli scopi dichiarati dei tagli, in quanto comporta per la collettività costi decisamente maggiori rispetto ad un ben organizzato sistema di prevenzione, di cura e di riabilitazione. Ed è inoltre in contrasto con le norme che il nostro Paese si è dato e con le Raccomandazioni della Commissione Europea e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Oltre ad evidenziare una profonda discriminazione tra i cittadini che risiedono in territori in cui i servizi funzionano e i risultati sono eccellenti, e i cittadini che risiedono in territori in cui i servizi sono poveri e male organizzati. O che risiedono in regioni che fanno un utilizzo improprio delle risorse, concentrate prevalentemente in residenze d’intrattenimento, a scapito di Piani Terapeutici Individuali di accompagnamento e di inclusione sociale.
Poniamo quindi il problema del pieno funzionamento dei Dipartimenti di Salute Mentale, mettendoli in grado di offrire risposte differenziate alla complessità dei bisogni espressi. In particolare chiediamo che sia garantita l’accessibilità ai Centri di Salute Mentale 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Oltre all’implementazione, nelle piante organiche, di quelle figure professionali in grado di operare efficacemente nei processi riabilitativi (psichiatri, psicologi, assistenti sociali, terapisti della riabilitazione, educatori, maestri d’arte, ecc.)
Ci aspettiamo precise scelte di politica sanitaria e di welfare, che mettano in campo tutte le risorse culturali e finanziarie che occorrono e che possano garantire percorsi di cura e di riabilitazione personalizzati che restituiscano diritti e possibilità alle persone con disturbo mentale: casa, lavoro, relazioni affettive e sociali.
Poniamo anche la questione delle cattive pratiche, delle pratiche coercitive, che nella maggioranza dei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura esistono e resistono, frutto di una cultura custodialistica e repressiva mai abbandonata, nonostante la Legge 180 e la Carta Costituzionale. Ci riferiamo specificatamente alla pratica della contenzione (legare le persone privandole della libertà e della dignità), alle porte chiuse dei reparti, all’assenza di percorsi di cura orientati alla guarigione; all’utilizzo dell’elettroshock in diversi Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura e nelle Cliniche Private. Ci riferiamo a quei tanti luoghi di privazione dei diritti e della dignità umana che i Dipartimenti di Salute Mentale non sono in grado di “controllare” a causa della scarsità di risorse di cui dispongono e che finiscono tristemente sulle cronache.
Poniamo inoltre la questione del superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. L’internamento in OPG viola la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, oltre agli artt.2, 13, 27 e 32 della nostra Carta Costituzionale.
Ci ha lasciato sconcertati apprendere che tutte le Regioni italiane, nessuna esclusa, abbiano pensato di costruire nel proprio territorio le Residenze per le Misure di Sicurezza (REMS); strutture deputate esclusivamente ad accogliere persone con disturbo mentale in regime di misura di sicurezza detentiva alternativa al carcere. Ciò denuncia una grave involuzione della cultura politica nel nostro Paese.
Le REMS non sono servizi ospedalieri, ma neppure “strutture alternative” in cui non è consentita coercizione alcuna. Sarebbero veri e propri piccoli manicomi, potremo definirli forse “manicomi criminali regionali”. Il sistema manicomiale, quale luogo di violenza e privazione, si può riproporre, infatti, anche in strutture di 10/20 posti letto se organizzati e gestiti come luoghi di controllo in cui le persone sono chiuse dentro e private della libertà.
In ogni regione si vorrebbero costruire una o più REMS a moduli di 20 posti letto, per lo più lontane dai contesti urbani, con alte mura di recinzione e vigilanza stretta. Solo per fare un esempio, nella sola Regione Campania se ne prevedono 7 per complessivi 160 posti letto! Con personale costituito prevalentemente da infermieri e operatori sanitari, mentre sono esigue le figure professionali deputate ai percorsi terapeutici riabilitativi e di inclusione sociale.
Ci ha indignato ancora di più, l’aver constatato che, alcune regioni, hanno deliberato di attivare più posti letto di quanti realmente ne occorrerebbero per accogliere le persone dimesse dagli OPG. Evidentemente si pensa di poter utilizzare le REMS per una popolazione più ampia, forse per quegli utenti considerati “problematici” e da relegare in strutture chiuse, mentre richiederebbero ben altra tipologia di intervento ben più complesso, finalizzato alla riabilitazione e all’inclusione sociale.
Ora, con la conversione in Legge del D.L. 52/2014, si potrebbe aprire la possibilità per le Regioni, se lo volessero, di abbandonare la strada delle REMS. Destinare i fondi già stanziati per il potenziamento dei Dipartimenti di Salute Mentale, per l’immediata definizione dei progetti terapeutici riabilitativi individuali appropriati per i cittadini con disturbo mentale ancora internati negli OPG (con le gravissime conseguenze alla loro salute mentale e fisica e le condizioni di vita indegne di un Paese Civile), e per tutti i casi “problematici”.
Noi pensiamo che vadano superate tutte le disuguaglianze, in termini di risorse finanziarie e di personale, in cui si trovano ad operare i servizi di salute mentale nei diversi territori. E vadano superate le diseguaglianze in termini di riconoscimento del diritto alla salute.
Noi pensiamo che si debba garantire la partecipazione attiva, delle Associazioni dei familiari e degli utenti, ai processi decisionali per la programmazione dei servizi e la verifica dei risultati.
Le nostre Associazioni sono portatrici di esperienze sul campo, e di un sapere insostituibile ai fini della realizzazione di programmi terapeutici e riabilitativi che restituiscano il diritto/dovere della responsabilità e della partecipazione diretta ai processi di cura.
Per quanto sopra esposto, chiediamo:
- Il pieno riconoscimento del ruolo sociale e politico delle Associazioni dei familiari e degli utenti, attraverso la partecipazione alle Consulte Dipartimentali in ogni Azienda Sanitaria Locale e in ciascuna Regione d’Italia.
- La riattivazione della Commissione Nazionale Salute Mentale istituita presso il Ministero della Salute.
- L’emanazione di Linee guida nazionali per la salute che garantiscano uniformità di comportamenti da parte delle Regioni e delle Aziende Sanitarie Locali, nella programmazione degli interventi, sulla base delle reali necessità del territorio e dei bisogni sociali e sanitari delle persone; nonché nel rispetto della normativa nazionale in vigore e delle indicazioni e raccomandazioni della Commissione Europea e della Organizzazione Mondiale della Sanità
- Che sia avviata una indagine parlamentare conoscitiva sul reale stato dei servizi di salute mentale in Italia, sulla efficacia degli interventi, sulla ricaduta degli stessi nella qualità della vita delle persone e delle loro famiglie.
L’attuale situazione di forte criticità in cui operano tantissimi servizi di salute mentale, richiede un intervento tempestivo e deciso da parte delle Istituzioni Nazionali che possa finalmente far cambiare passo al percorso di civiltà e di progresso sociale già avviato 35 anni fa e che ha trovato non pochi ostacoli e continui tentativi di arretramento rispetto ai valori e ai principi della Legge di Riforma Psichiatrica n°180.
Certi del Vostro sensibile intervento, Vi salutiamo con stima e restiamo in attesa di Vostre cortesi comunicazioni che possano restituire fiducia e serenità alle nostre famiglie, e speranza di guarigione alle migliaia di cittadini con disturbo mentale che si rivolgono ai servizi pubblici per recuperare la loro salute mentale e vivere una dimensione di vita normale.
Lettera spedita a:
- Al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano
- Al Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi
- Al Presidente del Senato, Pietro Grasso
- Alla Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini
- Alla Ministra della Salute, Beatrice Lorenzin
- Al Presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani