Il servizio sanitario nazionale è sottoposto da anni a disinvestimenti, violente tensioni che lo impoveriscono, frantumano, via via separando le attività di prevenzione dal lavoro di cura, la medicina ospedaliera da quella riabilitativa e di comunità, l’emergenza-urgenza da tutto il resto, la sanità dal sociale. Per questo chi opta per un modello “ecologico” di salute dovrebbe confermare le ragioni e l’ispirazione generale della legge 833/78, difendere il servizio sanitario nazionale.Condivido il turbamento di Franco Rotelli per la deriva delle pratiche dei servizi, l’assenza di un dibattito pubblico. Registro il silenzio e l’isolamento degli utenti dei servizi, la debole forza contrattuale delle famiglie e delle loro associazioni, per parlare solo di alcuni “portatori di interesse”, protagonisti, carnefici o vittime nelle relazioni interumane, istituzionali ed anche in quelle a finalità terapeutiche. Mi chiedo e chiedo cosa pensano del loro lavoro oggi infermieri, educatori, psicologi, assistenti sociali, medici con le loro associazioni professionali e società scientifiche. Osservo che non ci sono soltanto inazione, menefreghismo, paure, ma ci sono grandi interessi economici (penso al boom della residenzialità protetta), rilevanti interessi professionali (cosa conviene dire, se non pensare oggi per fare legittimamente carriera nei servizi?) e di consenso politico (in base a quali criteri Giunte regionali e direttori generali delle aziende sanitarie scelgono i “capi” dei servizi?), per non parlare della condizione imbarazzante in cui versa il sistema formativo, da tempo ormai a gestione tutta universitaria. Senza dimenticare anche i nuovo scenari che attendono risposte serie, colte di culture professionali e scientifiche pressoché inedite: mi riferisco alla tutela della salute mentale delle persone private dalla libertà, e alla tutela della salute mentale di profughi, migranti, richiedenti asilo.
Le mie perplessità e il mio dissenso riguardano la scelta di una proposta di legge come strumento ritenuto più efficace a contrastare le tendenze in atto; mi chiedo se sia realistico sperare di sbloccare una situazione così grave calando su questa platea “sensibile” e umiliata una proposta che non si sa dove porterà una volta in Parlamento, in questo Parlamento. Mi spiego: il favore ad un progetto obiettivo nazionale e la contrarietà ad una nuova legge mi portarono anni fa a non sottoscrivere il testo proposto da Franca Ongaro Basaglia al Senato – lo ha ricordato Maria Grazia Giannichedda- a sostegno del primo progetto obiettivo nazionale che l’allora ministro della sanità Carlo Donat Cattin voleva varare. Da parte mia, ero allora in Parlamento, non si trattava solo di confermare l’opposizione al Governo del tempo, ma soprattutto di non alimentare le spinte a rivedere gli articoli 34, 35 e 64 della legge 833/78 in senso antiriformatore. Nei miei anni di parlamentare, ed anche dopo, mi sono sempre trovato a contrastare iniziative di contro-riforma: qualcuno ricorderà il ministro Altissimo, le posizioni di Giuliano Amato ispirato dalla “scuola di Pisa”, e poi la Burani Procaccini, Ciccioli e tanti altri ancora.
Quando si riesce a mettere una proposta di legge all’ordine del giorno della Commissione di merito si punta a discuterla insieme a tutte quelle che sono presentate sullo stesso argomento da altri, per poi votarla, di solito in un testo diverso da quello di partenza. E lì che i giochi si fanno complicati, c’è magari da fare i conti con campagne di informazione a seminare paura; e alla fine contano i numeri. Non ho dubbi che l’on. Rosato sia persona eccellente, ma non credo sia in grado di rassicurarci nemmeno sulle opinioni presenti nel suo gruppo PD e sugli esiti di un iter parlamentare.
Nel merito dei contenuti della ipotizzata proposta di legge, osservo che i promotori dovrebbero chiarire subito che non vogliono una nuova legislazione psichiatrica “speciale” che porti i DSM fuori o ai margini del Servizio sanitario nazionale: il lavoro per la salute mentale funziona al meglio quanto più forte è l’integrazione operativa e organizzativa con la Medicina di territorio, ospedaliera, specialistica, con i servizi sociali, socio-sanitari, assistenziali a gestione pubblica, del Terzo settore e privata e quanto più è promosso il protagonismo delle persone con disturbo mentale, delle loro famiglie, delle loro relazioni come ci racconta lo splendido ultimo film di Virzì. Il fatto è che una legge settoriale spinge di per sé, e ancora di più di quanto non sia già, all’illusione dell’autosufficienza e all’uso discrezionale delle risorse da parte dei medici dirigenti dei DSM: la “180” si rilancia se si rilancia il servizio sanitario nazionale secondo la 833.
Secondo me, sarebbe più utile e meno rischioso “usare” le relazioni positive che Franco ha con una parte del gruppo dirigente del PD, con il Governo nel suo complesso: che cosa impedisce al Governo, al Ministro Padoan di finanziare adeguatamente il servizio sanitario nazionale invece che tagliarne le risorse; che cosa impedisce alla Ministra Lorenzin di vincolare soldi in quella che una volta si chiamava Finanziaria, finalizzati a dare corpo a una rete di servizi in ogni Regione secondo un nuovo progetto obiettivo nazionale, magari attivando prima l’Istituto Superiore di Sanità a condurre una rilevazione aggiornata e severa sullo stato dei Dsm, magari accompagnando tutto con la preparazione di una Conferenza nazionale per la salute mentale?