Leggo questa lettera … 

Spettabile Redazione Forum Salute Mentale,

da tempo soffro di depressione maggiore grave, a cui si è aggiunto un disturbo borderline di personalità.

Mi permetto di segnalarvi un problema, o meglio un disagio, forse avvertito anche da altri pazienti affetti dal mio stesso disturbo. Si tratta di questo. Quando avviene un fatto efferato di cronaca nera (e questo si verifica oggi purtroppo continuamente), quasi sempre il colpevole viene definito – alla televisione, sui giornali e sui social – con il termine BORDERLINE. Ciò è avvenuto anche recentemente per l’orribile femminicidio di Vigonovo che ha commosso e indignato l’Italia intera.

L’uso generalizzato a dir poco “disinvolto” del termine BORDERLINE mi sembra gravemente offensivo nei confronti dei pazienti a cui è stata fatta questa diagnosi. 

Soffrire di un disturbo di “dis – regolazione emozionale e instabilità” può rendere molto difficili le relazioni (io ne so qualcosa…), ma non significa certo essere un potenziale omicida. 

E’ ora di fare chiarezza e uscire da questa ambiguità. 

Occorre distinguere, anche a livello terminologico, adottando denominazioni differenziate, appropriate alle diverse tipologie e fattispecie in cui si presenta questo multiforme disturbo. “Borderline” è un contenitore troppo ampio, un calderone che comprende tutto e niente. E’ un termine ambiguo, fuorviante e ipocrita, che, prestandosi a un uso improprio, diventa persino capace di seminare il panico fra le persone che lo sentono pronunciare, aumentando così lo stigma, la solitudine, l’esclusione, la disperazione di chi – come me – ha la disgrazia, ma non certo la colpa, di soffrire di un disturbo dal nome divenuto impronunciabile.

Grazie e cordiali saluti. Buone Feste.

Daniela Fracchiolla 

 

… e penso 

alla dolorosa indignazione di Daniela, che condivido pienamente.

L’uso delle parole della / nella Psichiatria, passate come “eredità” nella Comunicazione.

Un passaggio arbitrario, soprattutto sventato, superficiale. Le Parole sembrano svuotate, abusate, decontestualizzate, del tutto prive di consistenza, di spessore, di conseguenze.

E invece ci hanno insegnato che le Parole sono Pietre. Che il Peso delle Parole crea Realtà.

Sento ancora tutto il disprezzo, la condanna definitiva – da cui partiva la cacciata in manicomio – di chi mi gridava contro: “Sei schizofrenica!”

E il mio orrore impotente. Paura e dolore.

Ma ci sono anche Parole fortunate.

Resilience, ad esempio.

Ho incontrato questa parola nel 2007, mentre partecipavo ad un Congresso a Londra. Un neologismo inglese, nuovo nuovo, passato nell’uso e abuso della lingua italiana. La parola Resilienza è diventata molto di moda, perché ci fa sembrare / apparire molto intelligenti.

Se ne parla tutti i giorni, anche nel PNRR!