Sono stata stimolata a uscire dalla mia tana di silenzio e di timore dopo aver ascoltato la trasmissione ‘la terra è blu’ dove mi si è rivelato, come ho scritto a loro, quanto sia possibile parlare dell’inidicibile. e sentendo con quale garbo, delicatezza, ironia sono stati affrontati temi così duri, ho pensato di superare la mia vergogna e la mia timidezza.
Da 15 anni mi è stato diagnosticato un disturbo di personalità borderline (ne ho 34) ma che, a proposito del non detto, io mi ostino a chiamare sindrome ansiosa depressiva. in realtà la diagnosi fu tardiva e quando arrivò, non conoscendone bene le caratteristiche, mi spaventai come nello stesso momento mi sentii sollevata, perchè quei tagli, quei numerosi TS, quelle fughe, quello spaccare tutto, avevano trovato finalmente una definizione. tra l’altro quasi letteraria seppur inquietante… linea di confine… tra cosa? tra la normalità e la pazzia? Non vi enumero i ricoveri, le terapie, le cliniche, i disastri. ciò che vivo è un continuo e perenne stato di tensione emotiva che spesso esplode senza controllo, come una bolla a cui basta una piccola capocchia di spillo. ‘Sensibile alle foglie’ direbbe qualcuno…
Il dolore, ma anche spesso la gioia, hanno contorni smisurati, incontrollati. la rabbia e l’esclusione sono lame. e il giudizio incombe severo e indagatore sotto ogni sguardo che mi passa a fianco. eppure ho costruito una vita, o un pezzo. No, non una famiglia, sono sola e i compagni fuggono sotto le mie pressanti richieste e sopra a questi vortici che innesco terrorizzati dal risucchio…
La mia vita porta il nome di una piccola casetta dove vivo da sola, con un cane, e di uno splendido lavoro, senza il quale non so come farei.
E questo lavoro lo tengo stretto da quasi quattro anni, sembra un miracolo per chi getta al vento ogni situazione stabile e proficua che riesce ad ottenere. lavoro in una libreria.
I libri, che ordino e pulisco, e leggo sempre, e che mi fanno venire il mal di schiena, e i clienti difficili e quelli ai quali sorrido perchè mi illuminano coi loro consigli, la carte, le mani rovinate e secche, l’odore della stampa di nuovo.
Ma è lavoro. Sì. Non precario, strutturato e gerarchizzato. Busta paga, mansioni, e ordini. Obbedienza. Disciplina. Ciò che è personale deve rimanere fuori dalle mura del negozio.
E ciò che è emotivo? Pure! Perchè è la tua persona, che quindi rigida e strutturata in uno schema ben preciso, non deve lasciar spazio alle proprie debolezze emotive, alle agitazioni ansiose che portano a sbagliare.
Come può una border reagire e sopportare tutto questo? Ho sempre dato molto per questo lavoro che è la mia passione, ma il mondo di squali che non sopporta i debolimi ha costretta sempre a trovarmi con le spalle al muro. I miei ‘errori’ professionali si intrecciavano con confusioni emotive che non gestivo, crisi di pianto, giudizi categorici e inappellabili. perchè, paradosso, nel regno delle ‘emozioni’ scritte l’emotività non è tollerata. E figuriamoci la mia che ha livelli esponenziali indescrivibili. L’incomprensione cresce, i fraintendimenti aumentano, e io mi sento il peso di questo giudizio di inaffidabilità. Penso alla fuga, alle dimissioni, sono in un programma di day hospital ora in cui mi si suggerisce di non scappare da questa crisi, ma di ‘portarla’ in terapia, lì, con loro. e io giornalmente resisto, con la lettera di dimissione sul desktop del pc. Mentre mi aspetto l’aggressione quotidiana e tremo all’idea che quella bolla nella sua esplosione possa far di nuovo macerie.
I miei capi non sanno del DBP. Intuiscono la ‘sindrome ansiosa-depressiva’ (periodi di lunga malattia e ricovero, ora il DH), ma di nuovo non sento compresa l’importanza che ha per me, e che mi aiuterebbe, del garbo, della gentilezza, dell’umano che vorrei emergesse anche nel più severo dei rimproveri. Sei ansiosa? E’ un problema tuo, qui stai lavorando.
Non ho mai detto di avere una malattia. Ho sempre cercato col ragionamento di far intendere che sono una persona fragile ed emotiva ma che il mio impegno lavorativo non sarebbe venuto mai meno, anche nei momenti più difficili.
Sarebbe bello che riuscissi a farcela. che non gettassi via anche questo lavoro. e che ci si rendesse conto che è una conquista per tutti riconoscere umanamente le debolezze, comprenderle per superarle.
Grazie. per la possibilità di questo scritto. Sgrammaticato e confuso, dalla pace della mia ‘tana’, sdraiata a letto di fianco tra libri e portatile e film e cane che dorme mentre fuori di nuovo piove. Sto facendo tanta fatica, ma non dimentico l’impegno. Della terapia, per dare un senso di qualità a questa mia vita spesso martoriata e del lavoro. A cui tengo molto e che è quello che credo di aver capito di saper fare, nonostante i giudizi costanti e dolorosi.
Grazie perchè già sento, che chi mi sta leggendo, capisce. E ne ho molto bisogno.
chiara
4 Comments
Mi piace molto la tua storia, io non sono border ma ho avuto anch’io qualche caduta, ora lavoro da due anni come web designer, all’inizio lavoravo con un ragazzo giovane che mi ha dato fiducia e con lui lavoravo 8 ore al giorno, tornavo a casa alla sera stanco e non avevo più bisogno di prendere le benzodiazepine per dormire, avevo trovato una dimensione fatta di orari di rigore e mi trovavo bene, poi quel ragazzo ha chiuso la sua attività per la crisi e mi sono ritrovato solo, non volevo tornare indietro e così ho aperto una partita iva e sto lavorando con fatica e sofferenza ma per ora resisto, tu sei fortunata a lavorare in una libreria, non sai quanto ti invidio, io adoro i libri e mi piace parlarne e mi piace anche vederli.
La tua storia come quella di tanti che sono caduti e ne stanno uscendo grazie al lavoro è importante, bisogna che venga fuori questa verità. un abbraccio
nicola alias raskolnikov
Siccome hai scritto da poco ti scrivo anch’io.io faccio lavoro artigianale al laboratorio del dipartimento,orari più flessibili(4 ore)e gente come noi.Alle volte sembra impossibile resistere certe situazioni,ma se ce la fai “vinci”.Forse prima o poi l’equilibrio si ritrova,ed essere in mezzo hai libri non é bello?
Forza ragazzi… troviamo il nostro equilibrio!!!!
Somiglia molto alla mia storia. Il lavoro ha “salvato” in parte anche me. Era un lavoro in mezzo ai libri anche il mio. Che ha rafforzato molto la mia autostima e la mia capacità di gestire le emozioni e le relazioni. Ora ho un altro lavoro, diverso ma molto interessante ugualmente. Il lavoro aiuta a “stare dentro”, come mi insegnavano in clinica, a stare centrati, a percepire i propri contorni, a sentirsi non inanimati come abiti sulle grucce, ma sicuri di essere vivi senza bisogno di doverlo provare con tagli e quant altro. Ogni giorno è una lotta estenuante, ma anche una grande conquista. Auguri di cuore a te che hai scritto questa bella testimonianza e a tutti quelli che come noi condividono questo “speciale modo di Essere”