porte_apertedi Giovanni Rossi.

Può esistere un club esclusivo che sia massimamente inclusivo?

E’ come proporsi di rendere equivalenti democrazia integrale e democrazia dei migliori. Realizzare la scommessa della democrazia aristocratica per tutti.

Se poi lo scopo del club è quello di abbattere, attraverso la relazione tra le persone, ogni forma di costrizione (restraint) spaziale, corporale e farmacologica nella presa in carico di chi abbia problemi gravi e acuti di salute mentale, la scommessa si raddoppia.

Nei giorni scorsi a Trento si è costituito un club che si propone di vincere quelle scommesse. E’ il club degli SPDC no restraint.

Gli SPDC sono i servizi di psichiatria ospedalieri che fanno parte dei dipartimenti di salute mentale, dovendosi far carico della situazioni acute e anche dei ricoveri cui la persona è obbligata (TSO) per la gravità ed urgenza della sua condizione di sofferenza.

In Italia sono circa 300.

Purtroppo nella maggior parte dei casi questi servizi hanno mantenuto caratteristiche costrittive, che limitano la libertà personale dei ricoverati. Le porte sono chiuse, spesso le persone subiscono la contenzione meccanica, legate al letto, o sono isolate in stanza, gli psicofarmaci vengono usati con modalità che li equiparano a camicie di forza chimiche.

Gli psichiatri di questi piccoli neomanicomi si giustificano.

Chi affermando che la contenzione in certi casi è terapeutica. Altri che si tratta, si è vero, di una restrizione della libertà personale, di un reato, ma essi vi sono costretti per tutelare i pazienti – se non quello legato, almeno gli altri ricoverati.

Premessa di tali ragionamenti è l’ipotesi che non si possa fare che così.

In Italia, tuttavia, esiste anche un gruppo di SPDC, piccolo, ma presente in quasi tutte le Regioni, dal Trentino-Alto Adige alla Sicilia, che dimostra coi fatti la falsità di quella ipotesi.

Si tratta appunto del club degli SPDC no restraint, costituitosi il 15 novembre e presieduto da Lorenzo Toresini, psichiatra che ha lavorato a Trieste, Portogruaro, Merano.

In questi servizi ospedalieri le persone non vengono legate, né imbottite di psicofarmaci, e le porte sono aperte.

La relazione terapeutica, la presa in carico possono svilupparsi molto meglio, accompagnandosi al rispetto reciproco e, udite udite, gli incidenti che coinvolgono pazienti ed operatori diminuiscono.

Essi rappresentano la prova che è possibile una applicazione integrale della legge 180 ed il completo e pratico abbandono di qualsiasi gestione della funzione di controllo da chi è deputato alla cura della salute mentale delle persone.

Club esclusivo perché ammette solo chi eserciti la cura senza modalità restrittive. Club inclusivo perché aperto a tutti. Contro ogni pigrizia, imperizia o malafede gli SPDC no restraint dicono a tutti gli altri : “ se ci siamo riusciti noi potete riuscirci anche voi, basta scuse!”.

Ed è proprio questa affermazione quella che getta lo scompiglio e suscita le massime reazioni negative. Nel senso che tendono a negare l’esistenza in vita degli SPDC no restraint.

“Parliamone” si risponde da parte del Club degli SPDC no restraint ai colleghi che legano e chiudono le porte.

“Parliamone” proprio come disse Franco Basaglia – 1961, ospedale di Gorizia – agli infermieri, rifiutando di firmare il registro delle contenzioni.

Parliamone, negli SPDC no restraint di : Merano, Trento, Novara, Mantova, Mestre, Venezia, Pordenone, Trieste, San Giovanni in Persiceto (Bologna), Pescia (Pistoia), Livorno, Siena, Grosseto, Terni, Roma usl B, Aversa, Matera, S. Marco in Lamis (Foggia), Caltanisetta, Caltagirone (Catania), Cagliari, le porte sono aperte.

La parola di oggi è no restraint

Dal blog: http://rossi-mantova.blogautore.repubblica.it/2013/11/17/un-club-esclusivo/

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