Di Giovanni Rossi, presidente del Club Spdc No Restraint
Considerata dai più disdicevole ma ineluttabile la contenzione costituisce il rimosso della assistenza psichiatrica.
In Italia una Regione, il Friuli Venezia Giulia, ha risolto il problema. Solo Emilia Romagna e Lombardia eseguono il monitoraggio di questo evento avverso, che arreca danni fisici e psicologici a chi lo subisce. Sono ben noti i disturbi post-traumatici da stress nelle persone sottoposte a contenzione, mentre i danni fisici vanno dalle conseguenze osteoarticolari alle complicanze tromboemboliche, fino alla morte, rara ma non infrequente.
Il 13 febbraio saranno passati sei mesi dalla morte di Elena Casetto, bruciata legata al letto.
Se rapportiamo alla popolazione italiana i dati raccolti in Emilia-Romagna e Lombardia possiamo stimare che nel 2019 dalle 8 alle 9 mila persone siano state sottoposte a contenzione meccanica negli Spdc italiani.
È veramente preoccupante che nella maggior parte delle Regioni non vi sia alcun sistema di sorveglianza relativo a questo fenomeno, che anche solo considerato dal punto di vista sanitario, espone una popolazione, tutt’altro che piccola, a rischio di danno permanente se non mortale.
Se si volesse affrontare il problema si potrebbe interpellare il gruppo di Spdc italiani che, nel 2019, è riuscito ad occuparsi di tutte le persone ricoverate senza fare ricorso alle contenzioni meccaniche. Sono esperienze che attraversano l’Italia: da Merano (Alto Adige) e Trieste (Friuli Venezia Giulia) a Caltagirone (Sicilia) passando per San Bonifacio (Veneto), Mantova (Lombardia), Ravenna (Emilia-Romagna), Pescia (Toscana), San Severo (Puglia), per citarne alcuni.
Il Club Spdc No Restraint annualmente organizza l’incontro tra le esperienze no restraint e gli Spdc che stanno perseguendo l’obiettivo del superamento delle contenzioni.
Il XII incontro annuale si è svolto a Prato il 13 dicembre.
Come accaduto anche negli anni precedenti (a Carpi e Ravenna) il convegno è stato organizzato in una città il cui Spdc si è aggiunto recentemente al Club. A dimostrazione che il percorso dal restraint al no restraint è possibile anche in questi anni difficili.
Condividiamo l’orientamento espresso dal Comitato Nazionale di Bioetica che nel 2015 osservava che «la marcata variabilità nell’uso della contenzione fra servizi che pure insistono su territori con caratteristiche e tipologie di utenza simili, suggerisce che la cultura e la organizzazione dei servizi, più che la tipologia dell’utenza, giochino un ruolo decisivo nell’uso della contenzione». E ipotizzava che per evitare il ricorso alla contenzione fosse rilevante la buona organizzazione dei servizi territoriali, aperti tutto il giorno, spesso anche 24 ore, con forti reti di integrazione e collegamento.
Siamo consapevoli che non possiamo raggiungere questo obiettivo da soli.
Gli Spdc no restraint crescono ed estendono la loro influenza se godono di una rete di sostegno nel contesto sociale ed organizzativo in cui si trovano.
Spesso la spinta al cambiamento è venuta da associazioni di volontariato. Altre volte il contesto culturale e la qualità generale dei servizi alla persona hanno un effetto di trascinamento. In alcuni casi la stampa esercita uno stimolo positivo. Il cambiamento nel contesto organizzativo sanitario a volte svolge un ruolo facilitante, altre volte rappresenta un ostacolo. La relazione con l’autorità comunale e con chi è preposto ai compiti di tutela della sicurezza può fare la differenza.
Dobbiamo provare a trasformare queste evidenze in una forma di collaborazione stabile con quanti stanno lavorando nella nostra stessa direzione. Dobbiamo affiancarci ed affiancare chi opera presso l’opinione pubblica, per esempio attraverso la campagna …E tu slegalo subito.
Ma nello stesso tempo dobbiamo trovare il modo di trasferire agli operatori l’idea, tanto etica quanto pratica, che se si può allora si deve. In modo che si inneschi il processo di maturazione professionale che li porterà ad imparare a lavorare senza contenere.
Con vantaggio di tutti perché, come sappiamo, legare fa male a chi viene legato, ma anche a chi lega.
Lavoreremo a dare stabilità ad una alleanza per il no restraint che coinvolga il Forum Salute Mentale, le associazioni (a partire da Unasam), le organizzazioni sindacali, le associazioni scientifiche (associazione degli infermieri della salute mentale, Siep), gli ordini professionali.
Chiediamo che in tempi rapidi si attivi un sistema nazionale obbligatorio di sorveglianza delle contenzioni meccaniche.
Quest’anno il nostro incontro annuale si terrà in Sicilia a Caltagirone. Da lì partirà un percorso per il no restraint che, da sud a nord, toccherà tutte le regioni per arrivare nel novembre 2021, nel sessantesimo anniversario del mi no firmo di Fanco Basaglia, a Gorizia e Trieste.