Peppe Dell’Acqua alle “giornate basagliane”.
Questi i temi che cercherò di sviluppare a partire dalle iniziative legislative delle regioni Lazio e Piemonte a proposito del così detto riordino della residenzialità. Questi dispositivi dettati dall’urgenza del “rientro” non fanno altro che confermare, senza un briciolo di sussulto critico, la dilagante corsa verso le forme più inquietanti di manicomializzazione. Il peggio che si è prodotto in quasi quarant’anni di politiche regionali insensate viene “riordinato” e “accreditato”.
Lo spreco di risorse per continuare a produrre cronicità diventa una modalità virtuosa di amministrazione e di programmazione. E’ quanto mai evidente il declino di tutto il “sistema salute mentale” e la rinuncia a ogni sensata visione di sviluppo e di crescita territoriale dei servizi. Si parla sempre, spesso con molta approssimazione, di mancanza di risorse e di investimenti. Affermazioni queste che non possono essere smentite. Tuttavia credo che il generale declino ha molto più a che vedere con le culture, con la persistenza di modelli teorici e operativi inadeguati, con le “psichiatrie” della diagnosi, della porta chiusa, della contenzione. In realtà, a ben vedere, l’impegno delle regioni in termini di risorse economiche, per quanto insufficiente, non è trascurabile. I costi per le “strutture” appunto, migliaia e migliaia di posti letto residenziali, dominano i bilanci. Si spende per riprodurre cronicità, coltivare la malattia, radicare dispositivi istituzionali e poteri economici che finiscono per essere intoccabili, fuori da ogni sensata programmazione. Senza contare le ricorrenti scandalose immagini che le telecamere nascoste della finanza o dei carabinieri ci costringono a vedere.
Se qualcuno intende immaginare il centro di salute mentale 24 ore, la porta aperta, la fine della contenzione, semplici economie sociali viene messo fuori gioco. Con generosa bonomia viene segnato come basagliano, utopista, ideologico, sognatore nostalgico. Tanti giovani operatori, i 1000 e 1000 Basaglia, come di recente li ha definiti Franco Rotelli, solo perché vogliono immaginare restano fuori, dicono che sono fuori dal contesto scientifico. Inaffidabili. A meno che non sposino la scienza farmacologica e si riducano a consumare gli aperitivi e i salatini offerti ai corsi di formazione dalle generose industrie farmaceutiche. Diventa molto difficile così far vivere servizi veramente attraversabili, che rispettino le persone, che si pongano il problema della guarigione, della cura, dell’abitare, del lavoro, della difficile “banalità” della vita quotidiana. Ormai in tutte le regioni, con pochissime lodevoli eccezioni, i posti letto residenziali assorbono i due terzi del bilancio per la salute mentale, e questa tendenza sembra essere inarrestabile. È questa l’insensatezza delle politiche per la salute mentale: consumo passivo di risorse, modelli culturali arcaici e inadeguati, “psichiatrie” della cronicità. Eppure, la relazione finale della commissione Marino del febbraio 2013, dopo una dettagliata analisi dello stato dell’arte indicava con chiarezza la via d’uscita: centri di salute mentale 24h, luoghi dell’abitare con non più di 6/8 posti, servizi di diagnosi e cura a porte aperte, budget di salute, incentivo allo sviluppo di forme di integrazione lavorativa. Esperienze che vanno in questa direzione si sono strutturate e hanno messo radici.
Investire risorse per sostenere progetti riabilitativi personalizzati invece che rette, non solo è possibile ma, la dove accade, sono evidenti le possibilità concrete di ripresa che si offrono alle persone. Il “riordino” delle strutture residenziali segnala una sciagurata convergenza tra un pubblico che consuma risorse senza nessuna prospettiva sensata di crescita delle reti di servizi e senza nessuna capacità di verifica e un privato sempre più incapace di progettazione, supino alle più insensate richieste delle regioni e delle “psichiatrie” che si muovono sempre e ancora su acuzie, cronicità, malattia, diagnosi.
La scelta di riordinare “le strutture” è tanto più scellerata quanto più sono attive e presenti ovunque esperienze ricche di prospettive, cittadini e associazioni sensibili e partecipi, operatori competenti e generosi, forme di rapporto pubblico-privato che riescono a privilegiare progetti personalizzati di cura in una cornice virtuosa di sviluppo di micro economie di comunità. Dove la libertà e la dignità segnano la rotta per tanti uomini e donne che affrontano l’esperienza della malattia la rimonta diventa possibile e impensabili destini si profilano all’orizzonte.
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Riceviamo da Luigi Cellamare: “Caro Peppe, con rammarico recepisco la tua analisi sullo stato dell’arte in psichiatria, considerato che da anni quasi in solitudine mi batto per far emergere in Puglia la condizione degli internati che definisci manicomializzati, confermando ora la mia intuizione di quanto sia diffusa in tutta Italia. Reitero ancora una volta la denuncia per le scelte scellerate di gran parte dei tuoi colleghi verso i quali confliggi come me, che inseriscono illegalmente nelle R.S.S.A persone adulte fragili la cui richiesta di aiuto sottesa mira a riappropriarsi della fiducia verso un mondo fatto di relazioni naturali e quindi umanizzanti. Pazienti ammassati tra centinaia di anziani con i quali la loro unica condivisione è la contenzione. La tristezza mitigata dalla tenacia con cui affronto questi temi e che avrei gradito affrontare insieme a te nei tavoli tecnici estendendoli ai FORUM per sconfessare i tuoi colleghi stregoni, e nei quali avrei gradito la loro compresenza per un dibattito, mi ha sfinito, avendo quasi perso il sostegno delle associazioni dei famigliari che rappresento, presumo non per una scelta ponderata ma per rassegnazione. Inaccettabili e ripugnanti ritengo siano le giustificazioni dei tuoi colleghi stregoni che attribuiscono la gestione della psichiatria al malaffare della politica sanitaria in Italia! La loro ipocrisia li ha trasformati in aguzzini condizionando la vita di una vasta platea di persone alla faccia della cura e del benessere degli ultimi. Io che mi occupo di produzione animale, prestato alla psichiatria perchè coinvolto da 35 anni dalla sofferenza di mio fratello, ricordo a tutti che è contemplato per gli animali, ma non per le persone in questione, il benessere, avendo scoperto l’uomo che la qualità della vita delle bestie (spazi, ottimizzazione delle cure parentali, ambienti sani e naturali, rinuncia a sostanze chimiche etc…) si traduce qualitativamente in un cibo sano per l’uomo una volta entrato nella catena alimentare. Invito gli stregoni a riflettere su questo che probabilmente non è contemplato nel loro bagaglio culturale!”