da l’Associazione Memoria Condivisa, presente a Impazzire si può.
L’immagine del cavallo azzurro – scultura realizzata dai pazienti, simbolo della liberazione avvenuta – che entra trionfante in città, fa il giro del mondo insieme alle teorie e le pratiche rivoluzionarie di Basaglia diventando un modello per tutti. […] Liberare i corpi dalle gabbie, dalle camicie di forza, dalle vessazioni, dalle umiliazioni, dalla violenza su persone deboli, malate, sole, disperatamente sole con se stessi. Le persone della mia età ricorderanno quegli anni turbolenti, l’Italia illuminata, l’Italia progressista che si batteva con tutte le sue forze per aprire un varco ed entrare nella modernità, di lasciarsi alle spalle lo stragismo di Stato,il terrorismo brigatista, le ingiustizie sociali, è di quegli anni la legge su divorzio, faticosamente conquistata, in una Italia bigotta e reazionaria, di li a poco le bombe e la strage di Brescia .
La rivoluzione basagliana ha dell’ incredibile, una forza di attrazione che varca i confini della collina sopra Trieste e coinvolge l’intero Paese. La mia città, dove da sempre vivo ha avuto un grande manicomio, il Don Uva. Una struttura enorme, grate di ferro alle finestre, i malati attaccati alla rete di recinzione aspettavano con l’anima i pena che i parenti si facessero vivi, abbandonati su panchine di marmo, bollenti d’estate e ghiacciate di inverno, uomini e donne con lo sguardo perso nel vuoto aspettavano che si concludesse il ciclo della loro povera esistenza. Ho conosciuto la sofferenza psichica, la depressione, il tunnel in fondo al quale vedi e non vedi la luce. Ho avuto la fortuna di incontrare il medico giusto in un Cim, così si chiamavano allora i presidi. Oggi a distanza di oltre venti anni, tutti e due pensionati come il dott. Beppe dell’ Acqua, incontrandoci ricordiamo quell’esperienza, l’arricchimento reciproco, la guarigione. La visita della collina di San Giovanni, il Dipartimento di salute mentale, la Direzione con le foto storiche, le scritte sui muri, Marco Cavallo, Lister la Sartoria Sociale, tantissimi giovani da tutta Italia. Le foto, attaccate ai muri parlano e raccontano l’inizio e la fine di un incubo, tra vittorie e delusioni, fino all’uscita dal tunnel. La vita e la straordinaria attività professionale di Franco Basaglia, psichiatra e uomo di scienza che mise fine alla concezione dei manicomi intesi come lager senza possibilità di una vera guarigione per i malati di mente. Un viaggio che racconta la disperazione, la paura, l’impotenza di chi, segregato nei manicomi, non aveva più ne’ diritti ne’ voce.
Ma anche e soprattutto la storia del cammino difficile e illuminato di Franco Basaglia, uno dei più importanti rappresentanti della psichiatria italiana del Novecento, che con le sue teorie e le sue pratiche innovative ha aperto le porte dei manicomi alla speranza e al cambiamento. Marco Cavallo lo hanno spostato, e li davanti al teatrino intitolata a Franca e Franco Basaglia, è lui che accoglie quanti hanno voluto esserci al quarto incontro nazionale di associazioni e persone con l’esperienza del disagio mentale. Per costruire un percorso di conoscenza comune. Raccontare di uomini e di donne e di cosa accade quando si passa attraverso le istituzioni, le organizzazioni sanitare, il rischio di non farcela e l’orgoglio della rimonta. Abbiamo capito, è scritto nella presentazione del convegno Impazzire si può, che sono le sequenze semplici, gioiose o drammatiche , di successo e di fallimento che permettono di costruire comprensioni, scambi, possibilità.
Il recupero, la guarigione attraverso il lavoro, La Sartoria Sociale, si realizzano capi d’abbigliamento, nel laboratorio si svolgono attività di maglieria , sartoria, arredo e riciclo del tessile. Giorno per giorno in questo luogo si concretizza una stretta collaborazione tra servizi sociali e sanitari ( Dipartimento di Salute mentale, Servizio per le Tossicodipendenze, Distretti, Cooperative) nel tentativo di individuare ed elaborare proposte e risposte nel campo del lavoro, dell’ espressione, della socialità. Ho conosciuto nella sartoria, Mariuccia Giacomini, infermiera in pensione, ha raccontato in breve la sua esperienza, ho capito dagli occhi quanto ami quel posto, tanto da non poterne farne a meno, continua a frequentarlo, il suo contributo di esperienza, di professionalità, di amore, la sua stessa presenza importantissima per la serenità di tutto l’ambiente.
E’ sera si è fatto tardi, sono molto stanco ma felice, ho imparato tantissimo, mi carico sulle spalle il borsone con le attrezzature Foto-video e mi avvio alla fermata del filobus per la stazione di Trieste; di li a poco un treno mi porterà da dove sono partito, Conegliano a casa di mio figlio.
le foto sono su flikr
http://www.flickr.com/photos/22523260@N04/sets/72157630526793910/
www.memoriacondivisa.it
info@memoriacondivisa.it