L’intervento di Luigi Benevelli all’incontro : 31 marzo chiudono gli opg – apriamo i servizi
La Legge 81/2014, su cui Stoopg dà un giudizio positivo, ha prorogato per la terza volta la chiusura degli Opg italiani, apportando significative modifiche al testo della precedente Legge 9/2012, in particolare:
- spostando il focus delle iniziative dalle strutture – le Rems- alle persone con disturbo mentale che, al posto dell’internamento manicomiale, diventano titolari di progetti terapeutici individuali;
- indicando ai giudici, anche quelli di sorveglianza, di favorire misure di sicurezza alternative all’internamento, sia per gli attuali internati, sia per le persone con disturbo mentale che commetteranno reato. Le Regioni, di conseguenza, sono state sollecitate a rivedere il numero dei posti nelle Rems e a convertire il budget loro destinato verso la riqualificazione dei servizi di salute mentale;
- sancendo che la cosiddetta “pericolosità sociale” non può essere attribuita in base alle condizioni economiche della persona e, soprattutto, in relazione alla mancata presa in carico da parte dei servizi di salute mentale. Questo in contrasto con una situazione che vede gli Opg “contenitori”, più che di pericolosi “matti criminali”, di persone a basso potere contrattuale o espulse dal contratto sociale, o di persone che i servizi di salute mentale dimenticano o vogliono allontanare, “gli ultimi degli ultimi” come li definisce la sen. De Biasi;
- affermando “il dovere di documentare “in modo puntuale” la “eccezionalità e transitorietà del prosieguo del ricovero” dei pazienti per i quali è stata accertata la persistente pericolosità sociale;
- definendo che la durata della MS non può superare il massimo della pena edittale prevista per quel reato, quindi prevedendo la dimissione per decorrenza dei termini e ponendo fine agli “ergastoli bianchi”.
Il nuovo scenario prevede quindi:
- La dimissione ai Dipartimenti di salute mentale delle persone dimissibili
- L’accoglienza e l’assistenza delle persone non dimissibili nelle Rems
La situazione nazionale
La relazione trimestrale al Parlamento del Ministero della Salute e di quello della Giustizia, presentata nell’autunno 2014 ha documentato che, nella loro maggioranza, le persone internate sono già dimissibili e non dovrebbero quindi sostare più in un Opg. Infatti, su 846 persone internate le Regioni hanno presentato n. 826 progetti individuali dai quali risulta che 476 persone (più del 50% del totale) sono dimissibili; che in numero di 140 sono quelle non immediatamente dimissibili per motivazioni cliniche, e non per pericolosità sociale, ( al riguardo andrebbe osservato che i disturbi mentali si curano meglio nel territorio invece che in manicomio o un suo succedaneo). La “pericolosità sociale” è dichiarata solo per l’8%, quindi circa per 70 persone.
Al 30 novembre 2014 (dati della Relazione trimestrale presentata al Parlamento il febbraio scorso), il numero degli internati è sceso a 761 con una previsione di 450 persone da ospitare in strutture pubbliche o private accreditate.
Alla luce di questi numeri, le Regioni che hanno presentato progetti per l’attivazione complessiva di 900 posti letto di Rems dovrebbero rivedere i loro programmi dimezzando il numero dei letti e vincolando i finanziamenti in conto capitale e correnti al potenziamento dei Dsm e alla implementazione dei Progetti terapeutico riabilitativi individuali. Queste le ragioni per cui, anche secondo Stopopg, non è necessario disporre la proroga della chiusura degli opg dopo il 31 marzo 2015 perché non ci sono pronte le Rems. E siamo contenti che si sia deciso di non decretare la proproga.
Le scelte della giunta regionale lombarda
La Giunta regionale lombarda con la deliberazione n. X/1981/ 2014 aveva “rimodulato” il programma di costruzione delle Rems, ignorando la parte del dettato della legge 81/2014 che indicava percorsi per la chiusura degli opg diversi dal mero allestimento di altri luoghi di internamento (Rems). La successiva Dgr n° X/2989, adottata il 23.12.2014 Determinazioni in ordine alla gestione del servizio socio sanitario regionale per l’esercizio 2015 ha corretto le previsioni e gli impegni, abbandonando i progetti di Rems a Leno e Mariano Comense (ma non quello di Limbiate) e scegliendo di utilizzare quale sede di “Rems provvisorie” l’attuale sede dell’opg di Castiglione delle Stiviere. Quest’ultimo,nel momento in cui sarà svuotato delle presenze di pazienti di altre regioni, potrebbe accogliere tutti gli attuali pazienti con residenza lombarda, stimati in numero di 150, in parte ancora internati negli altri opg italiani. Per quanto riguarda la vigilanza/sorveglianza la A.O. Carlo Poma di Mantova dovrà stipulare appositi accordi con la Prefettura. In tale quadro potrà essere valutata anche la possibilità di accreditare quale struttura terapeutica i posti della SLiEV di Castiglione delle Stiviere, che già dallo scorso anno non rientrava nel blocco degli accreditamenti in quanto legata al processo di superamento degli Opg. La stessa deliberazione X/2989 della Giunta regionale lombarda prevede la possibilità di attivare non meglio precisati “progetti con il privato sociale”.
Le scelte dell’amministrazione lombarda sono sostenute dalla convinzione, pare condivisa dal sottosegretario Vito De Filippo nell’intervista a “Vita” 4 marzo scorso, che l’opg di Castiglione sarebbe in grado, già così com’è, di fornire la miglior assistenza possibile alle persone internate, tanto che i suoi operatori transiterebbero tutti, con qualche integrazione, nelle “Rems provvisorie”. Appare questa una posizione acritica e superficiale perché non si preoccupa ( e quindi temiamo non si occuperà) di migliorare la qualità del lavoro e delle competenze degli stessi operatori dell’opg di Castiglione che, va ricordato, hanno maturato pratiche e culture professionali dentro una struttura storicamente comunque manicomiale. Ci pare grave che, secondo la giunta regionale, occuparsi di una persona internata in Opg non sia cosa diversa dall’occuparsi di una persona “ospite” di una Rems, sia pure “provvisoria”. Inoltre la questione “salute mentale in carcere” continua a rimanere scollegata, separata rispetto al lavoro territoriale per la salute mentale rivolto all’intera popolazione, ma più in generale la deliberazione si muove dentro una logica di “assistenza psichiatrica” più che di “salute mentale”. Ne sono esempio la sottovalutazione dell’importanza dei fattori extraclinici nei percorsi di salute mentale, l’assenza di ogni riferimento agli interventi sociali e al loro ruolo nella psichiatria di comunità (come appassionatamente argomentato da Luigi Colaianni), l’imbarazzo intorno alla introduzione dei budget di salute , la marginalità dei Sindaci nel governo dei servizi alla persona.
Stopopg Lombardia ritiene che la revisione in corso dei servizi socio-sanitari-assistenziali lombardi sia una occasione per portare:
– alla costituzione in ogni Dsm di Unità operative per la salute mentale in carcere con il compito anche di promuovere e gestire le misure di sicurezza alternative al carcere, con attribuzione della quota principale delle risorse assegnate per la chiusura degli opg e la qualificazione/formazione degli operatori dedicati;
– alla sospensione del programma di Rems da ricavare dall’opg di Castiglione delle Stiviere, in attesa dell’accertamento del reale fabbisogno; all’abbandono del progetto di Rems nell’area del manicomio di Limbiate.
Stopopg Lombardia esprime la sua contrarietà alle scelte che vedrebbero l’opg di Castiglione diventare l’unico punto di riferimento per la psichiatria penitenziaria dell’intera Italia Nord occidentale (tutti i pazienti da Lombardia, Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria), a scapito della garanzia di un diritto alla cura da esercitare nella dimensione locale, nel rapporto diretto con i servizi territoriali di salute mentale.
Sappiamo tutti benissimo che “non vi è partita” fra Castiglione e gli altri 5 opg “statali” (del resto è sempre stato oggetto di invidia e proteste da parte degli altri opg perché da solo si portava via metà delle risorse dedicate del Ministero della Giustizia) e che Castiglione ha accumulato una esperienza unica, con cui bisogna fare i conti, per il trattamento in regime ospedaliero di pazienti con diagnosi psichiatrica autori di reato. Quindi massimo rispetto per gli operatori di Castiglione che oggi possono tirare un sospiro di sollievo dopo aver temuto la perdita di posti di lavoro.
Ma bisogna tenere a mente che l’opg di Castiglione/Ghisiola è comunque un manicomio, gestito secondo regolamenti che legittimano la coazione farmacologica, meccanica, architettonica, non perché gli operatori siano dei sadici, ma perché tale è il mandato custodialistico sociale (e della Giustizia). Per questo se si vogliono “superare” davvero gli opg, bisogna che tutti gli operatori, sanitari e non, imparino a lavorare in modo non manicomiale, secondo le culture della salute mentale, accompagnando le persone in percorsi di vita che aprano al riscatto e alla speranza, come si è fatto (quando è stato fatto) per la chiusura dei manicomi “civili”.
È qui il senso della critica a Regione Lombardia, quando ritiene ( e si illude) di aver risolto il problema del superamento dell’opg da una parte “cambiando la targa” dell’istituto della Ghisiola, e dall’altra, favorendo la diffusione di culture securitarie negli attuali Dsm: la questione delle contenzioni meccaniche negli Spdc lombardi e dei “protocolli” che le legittimano, ne è il simbolo.
Quindi, per favore, per evitare che le Rems diventino piccoli manicomi violenti, si diffondano e si adottino le culture della “psichiatria di relazione e di comunità”, dei diritti, del protagonismo delle persone con disagio psichiatrico, di cui ancora recentemente ci ha parlato Eugenio Borgna, si impari nei Dsm lombardi a costruire e gestire con competenza i “budget di salute”.
Il 9 scorso a Milano, in Prefettura, ho partecipato all’audizione della Commissione senatoriale che sta visitando alcuni opg. In quella sede gli psichiatri “ufficiali” presenti hanno assunto una posizione reticente e difensiva , e me ne dispiace: tutti si sono definiti “clinici”, come a escludere di potersi dire magari “biologici” o “sociali” o “relazionali”, (se continua così è il caso che la Società italiana di psichiatria assuma il nome di Società italiana di psichiatria clinica), arroccandosi nella responsabilità della “diagnosi” e della “cura” per lo più farmacologica, evitando il “prendersi cura”, che comporta lo sporcarsi le mani con le vite di cittadini con gravi problemi di salute, di condotta e “tenuta” sociale.
Fra i problemi più rilevanti sollevati dagli stessi psichiatri “ufficiali”, il conflitto con i colleghi che si occupano di dipendenze patologiche e di disabilità mentali perché non è chiaro chi comanda nei casi di “doppia diagnosi” o per “schivare” le grane delle gestioni dei casi difficili. Non è dato sapere quali siano le opinioni sulla questione dei medici che si occupano delle dipendenze e delle disabilità, se qualcuno si sia dato da fare per interpellarli.. Al riguardo è da osservare comunque che se è difficile lavorare in squadra, lo è ancora di più se si appartiene ad Aziende diverse. Ma viene da chiedere se non ci si ricorda di aver condiviso, molti con entusiasmo, la scelta di Formigoni di separare gli ospedali dal territorio e di far entrare i Dsm nelle Aziende ospedaliere, lasciando Sert e servizi per disabili nelle Asl.
Il lavoro per la manutenzione della legge 81/2014 richiede di andare a visitare i “groppi” di interessi corporativo-professionali che si sono consolidati e legittimati da più di un secolo a questa parte. Mi riferisco, per fare alcuni esempi, alle questioni dei “signori delle perizie”, delle relazioni fra gli stessi e taluni magistrati, della magistratura con gli psichiatri dei Dsm, del fare della misura di sicurezza un t.s.o lungo, potenzialmente infinito, un’idea su cui qualche anno fa aveva lavorato l’on. Ciccioli nella sua proposta di revisione della legge 180/78. Per non parlare della riforma dei Codici.
Per contribuire alla costruzione e messa a punto di una adeguata presa in carico della qualità delle vite e dei destini di vita dei cittadini con diagnosi psichiatrica e autori di reato, Stopopg Lombardia chiede alla giunta regionale di rendere note le informazioni circa:
- quanti sono i cittadini lombardi attualmente internati in opg per i quali i Dsm abbiano presentato i progetti individuali di dimissioni, e quale sia la loro distribuzione per Dsm;
- quanti sono i cittadini lombardi per il quali sia stata dichiarata la pericolosità sociale, e quale sia la loro distribuzione per Dsm;
- come vivono, dove sono collocati i cittadini lombardi autori di reato in misura di sicurezza provvisoria e definitiva dimessi dagli Opg nel biennio 2013-2014, quali problemi siano sorti e come siano stati affrontati
- quanti siano gli operatori dei Dsm lombardi attivi nel lavoro per la salute mentale nelle carceri e quante siano le ore settimanali degli stessi messe a disposizione
- quali siano le sedi e i contenuti dei programmi di formazione/aggiornamento degli operatori dei Dsm lombardi impegnati nella gestione dei progetti individuali delle persone con disturbi mentali ristrette nella libertà.
Stopopg Lombardia chiede infine che:
- sia rivista radicalmente, in coerenza con i dati reali di fabbisogno e delle indicazioni della legge 81, anche la deliberazione del dicembre 2014, in particolare per quanto riguarda il numero dei letti di Rems da attivare;
- sia fatta chiarezza sull’apertura a non meglio specificati “progetti del privato sociale”
- siano introdotti da subito nella gestione del complesso percorso indicato elementi di trasparenza, e non solo per gli aspetti legati agli appalti dei lavori, a partire dalla costituzione della Consulta e dell’Ufficio per la salute mentale regionale che ne sia responsabile
- a livello nazionale sia attivato un gruppo di valutazione indipendente, autonomo rispetto ai servizi impegnati nella gestione della chiusura degli opg che monitori i trattamenti, il triste fenomeno delle contenzioni meccaniche e non, i percorsi di vita delle persone liberate dall’internamento rese protagoniste di opportunità di inclusione abitativa, lavorativa, sociale e affettiva
- si eviti che, chiusi gli opg, si creino “pacchi” di persone gravemente disabilitate dall’internamento e a basso potere contrattuale da collocare nel mercato dell’assistenza. Perché questo non accada è utile e necessario adottare il sistema dei Budget di salute che, sulla base delle necessità delle singole persone, mette insieme il meglio delle buone pratiche del privato sociale e del sistema pubblico, valorizza le potenzialità della persona attraverso il lavoro, la relazione con il territorio e l’ambiente. Quello del Budget di salute è un sistema dove ognuno mette del suo, ciascuno investe una parte importante per raggiungere l’obiettivo comune di consentire l’esercizio dei diritti sociali. Riteniamo che le risorse finanziarie utilizzate finora per segregare le persone negli opg dovrebbero essere utilizzate per offrire ad ognuna di loro accoglienza, cura e inclusione nel proprio territorio, un lavoro, una casa con il suo nome e cognome nel campanello, uno spazio in cui possa ricostruire la socialità e l’affettività (un nome, un volto).
Rimane la questione della necessità di riformare il Codice penale attraverso la revisione critica del processo penale in cui mantiene un ruolo centrale una psichiatria istituzionale fondata sugli assunti del positivismo tardo ottocentesco e del costituzionalismo della scuola di Pende che fu l’ideologia di riferimento del razzismo fascista (v. l’ istituto della “perizia”, la questione della “pericolosità sociale”; la misura di sicurezza).
In conclusione:
Chiudere gli opg senza proroghe e senza trucchi
Nominare un Commissario per l’attuazione della legge 81/2014
Fermare i nuovi ingressi
Favorire le dimissioni adottando le buone pratiche per la salute mentale e una buona integrazione delle attività socio-sanitarie a livello locale
Evitare che al posto dell’opg siano attivate strutture ancora manicomiali
Liberare le poche decine donne internate (10 giorni fa era l’8 marzo)
Luigi Benevelli, Milano, 18 marzo 2015