Il 13 maggio di 46 anni fa. Fu nei convulsi giorni dopo l’omicidio di Aldo Moro, che venne approvata la legge 180. Un accordo fra presidenti di Camera e Senato, il democristiano Fanfani e il comunista Ingrao, ne accelerò l’iter parlamentare per evitare il vuoto normativo che avrebbe provocato il referendum promosso dai radicali per la chiusura dei manicomi. E quanto avrebbe approvato Aldo Moro quell’intesa fra “opposti” per cui pure, a ben più alto livello aveva lavorato, e che gli costò la vita. Questi giorni di ricorrenze e ricordi sembrano evocare il suo sorriso in filigrana…
E si parva licet componere magnis… siamo ben contenti che il cammino della campagna #180benecomune, nata per rilanciare il diritto alla salute per tutti richiamando i contenuti della Legge 180, si metta in cammino proprio il 13 maggio.
Partendo da Brescia, con la giornata di incontri intorno a “La legge 180. Conoscere il passato per costruire il futuro”. Per partire dall’unica vera riforma che l’Italia ha avuto dal dopoguerra (parola di Bobbio), e individuare le strade su cui camminare oggi per proiettarsi in avanti. A cominciare dal disegno di legge per l’attuazione della 180, promossa dal Forum Salute mentale, che ha iniziato il mese scorso il suo cammino parlamentare.
Nell’aula magna della Facoltà di Medicina dell’Università di Brescia, sarà anche proiettato il film di Maurizio Sciarra “E tu slegalo” con il racconto dei protagonisti di quegli anni, che molto trasmette del clima di allora. Ma suggerisco, mi permetto, di andare a cercare anche una pellicola degli anni Settanta, il documentario Matti da slegare, girato nel manicomio di Colorno da Silvano Agosti, Marco Bellocchio, Sandro Petraglia e Stefano Rulli. Che molto contribuì a mettere lo scandalo dei manicomi al centro dell’acceso dibattito che ci fu in quei tempi… A margine, quel documentario nel 1976 vinse il Gran premio della giuria al festival del cinema di Berlino. Andrebbe rivisto… per non dimenticare… (un assaggio: https://www.youtube.com/watch?v=EsLQWb7j_vE ).
Ecco, un ampio dibattito. E’ quello che, a partire dalla giornata di Brescia, si vuole riaccendere con la campagna #180benecomune (che verrà ufficialmente presentata in una conferenza stampa all’inizio di giugno). Pensando ai tempi della rivoluzione basagliana, che è stata possibile anche per tutto quello che si muoveva e maturava tutt’intorno. La narrazione che è seguita di quegli anni, ponendo l’accento quasi esclusivamente sui momenti bui e di lutti che purtroppo pure ci sono stati, fa spesso dimenticare quanto di vivo, di generoso è stato… Tempi in cui di tutto, e in tanti, davvero si discuteva, a cominciare dalle scuole, dove, per programma, si leggevano i giornali, come insegnò don Milani, con la sua scuola di Barbiana. Cosa che non poca importanza ha avuto nei primi passi del nostro ragionare, che era già partecipare alla vita pubblica del paese. Che è fondamento della democrazia.
Si è parlato e si parla dei gravissimi passi indietro, in termini di attenzione, strutture, impegno, nel campo della salute mentale, come nel “pianeta” sanità tutto. Ma tanti pure sono stati i traguardi, punti fermi dai quali è impossibile tornare indietro. Se l’abbiamo dimenticato, la campagna #180benecomune vuole ricordarcelo. E invita tutti a tessere parole e pensieri, e attenzione intorno al tema della salute mentale che, nell’ambito più generale della sanità pubblica, è bene di tutti.
Carla Ferrari Aggradi, che del Forum salute mentale è presidente, e anima di ciò che si muove nella giornata bresciana e non solo…, nel suo intervento in commissione al Senato, a proposito del disegno di legge per l’attuazione della 180, ha parlato del “senso poetico del nostro agire”…
“Penso- spiega- che le leggi, le disposizioni ministeriali, regionali, comunali siano le fondamenta del vivere insieme, ma non bastano! Vanno riempite, dobbiamo riempirle di anima e di cuore per renderle “umane”, per portarle nella nostra comunità e renderle vivibili, utili per tutte e tutti. Perché il nostro essere “umani” è composto di ragione (le leggi) ma di amicizia, di amore, di vicinanza, di egoismi e di generosità…
Quando pensiamo ai servizi per la Salute mentale, alla nostra vita, mettiamoci un po’ di commozione, ci darà la forza di pretendere “buoni servizi” per chiunque passi sul nostro territorio, così come dice la nostra Costituzione… che, nella sua idealità, ha la forza della poesia!”
Nella convinzione, dunque, che la poesia sia l’espressione più profonda dell’animo umano.
Cosa che ho capito davvero anch’io incontrando il linguaggio della poesia in luoghi di contenzione, fisici e mentali.
“La psichiatria si è presa per sempre l’anima mia, / lo dico con il mio cuore un po’ malinconico e malato (…).// Quando all’orizzonte appare l’auto della psichiatria/ non vedo l’ora che essa se ne vada via. / Per sempre davanti agli occhi miei/ prima che distrugga i sogni miei”, recita Gianluca Mambrini, incontrato, oggi un po’ più libero, dice, sul sentiero del festival della Letteratura Resistente di Pitigliano…
E interrogandomi sulla poesia che ci pervade anche quando non ce ne accorgiamo, la risposta in un pensiero di Forster (Passaggio in India): “Gli uomini anelano alla poesia… vogliono che la gioia sia aggraziata e il dolore augusto, che l’infinito abbia una forma”.
Dare una “forma” all’infinito che vogliamo. Partendo dunque ancora una volta al seguito di Marco Cavallo, anche lui il 13 a Brescia, con tutta la poesia che quando è nato gli è stata affidata e che ancora si porta dentro. Il Cavallo azzurro che fu ariete a sfondare i cancelli del manicomio di san Giovanni a Trieste. Oggi ci chiama tutti a sfondare i recinti della nostra indifferenza.