Roma, 24 dic. (Apcom) – In Italia vi sono almeno 10mila docenti psicotici, ma i presidi non sanno come comportarsi di fronte ad un insegnante colpito da disagio mentale e anche quando segnalano il problema all’amministrazione scolastica il risultato migliore che ottengono è il trasferimento del docente in un’altra scuola: è quanto dichiara ad Apcom Vittorio Lodola D’Oria, medico specialista in malattie del lavoro della Asl di Milano e massimo esperto di burnout in Italia, all’indomani della denuncia del procuratore aggiunto facente funzioni di Milano, Marco Ghezzi, responsabile del dipartimento che tratta i reati contro soggetti deboli su una situazione di stallo della scuola italiana “che pone a grave rischio – ha riferito il procuratore – l’incolumità psicofisica degli alunni, soprattutto se in giovane età”.
Il caso di cui si sta occupando Ghezzi in questo periodo è l’ipotesi di maltrattamenti sulla vicenda di una delle due insegnanti (una in servizio presso una scuola primaria della Sardegna) citate nei giorni scorsi dal “Giornale” e su cui aveva svolto approfondimenti clinici proprio il dottor Lodola D’ Oria, che si occupa di disagio mentale nella categoria degli insegnanti dal 1998. “La poveretta – dichiara ad Apcom Lodola D’ Oria -, e poveri anche i suoi alunni, ha avuto dieci trasferimenti per incompatibilità ambientale e si è rifiutata di sottoporsi per cinque volte ad accertamento medico: eppure continua ad insegnare.
Intanto i bimbi che ha avuto soffrono di enuresi: si fanno la pipì addosso di giorno e di notte”. In base agli ultimi dati dell’Ue, relativi all’anno 2008, sarebbero il 2,6% le persone psicotiche normalmente inserite nella società: si tratta di individui che soffrono di psicosi codificate come la schizofrenia, ma non è detto che tutti lavorino. E tantomeno che facciano l’insegnante: “si spera – dice lo specialista in malattie del lavoro – che più della metà di costoro vengano intercettati con una corretta diagnosi prima di arrivare a insegnare. Ma credo anche che verosimilmente tra i docenti italiani i casi ‘borderline’ sono più alti dell’1% del totale”.
E poi ci sono anche altre patologie di sofferenza psicologica minori. E spesso con effetti negativi sulle lezioni e sugli alunni. Lodolo D’Oria li accomuna nella categoria dei “depressi” e stima che siano circa il 12%: si tratterebbe quindi circa di 100mila docenti su un totale di 800mila.
Il vero problema non è però quello della quantità sempre maggiore di disagi psicologici, che secondo l’esperto troverebbe terreno fertile proprio tra i docenti perché per tutta la vita lavorativa relegati ad un lavoro di routine e a contatto con problematiche relazionali enormi: l’esperto punta piuttosto l’indice contro il nostro sistema scolastico, la cui organizzazione presenterebbe grossi limiti proprio nella gestione di questi casi. Premesso che “i dirigenti temono denunce per mobbing e non capiscono che i rischi sono più gravi in caso di omessa denuncia”, Lodolo D’Oria sostiene che i pochi casi, evidentemente più eclatanti, segnalati dai presidi al Miur e presso gli Uffici scolastici regionali o provinciali giacciono quasi sempre presso “gli uffici contenziosi”.
“Tanto è vero che – continua Lodolo D’Oria – questi ultimi sono pieni di questi casi di docenti sofferenti. Eppure non c’è nessun consulente psichiatra o psicologo che possa supportarli. Il risultato è che si tenta di insabbiare e lavare i panni sporchi in casa preferendo trasferire il malcapitato con la formula del ‘trasferimento per incompatibilità ambientale’. E ognuno di noi può immaginare come reagisce lo psicotico nella nuova sede”.
Lo stesso medico, che conosce da vicino i motivi del costituirsi del burnout tra i docenti italiani, è rimasto sorpreso per come vengono affrontati i casi di disagio mentale professionale di cui rimangono vittime i docenti in Italia: quando il disagio, e il danno procurato alla classe, viene accertato al massimo si giunge ad adottare la formula del “trasferimento per incompatibilità ambientale”.
In pratica il docente viene dichiarato non adatto ad insegnare, ma solo nell’ultima scuola in servizio. E viene inviato d’ufficio, anche con la formula immediata, in un altro istituto. Come se il trasferimento contemplasse anche una sorta di ‘cura’ al suo malessere.
“E’ questa è la pratica più invalsa – sottolinea Lodolo D’Oria -, con danno del docente e degli alunni. I casi più ‘disgraziati’ sono quelli della scuola primaria, quindi materna ed elementare, perchè i piccoli non sanno difendersi. In una battuta: sarebbe bene che gli Uffici Contenziosi si trovino un consulente medico per questi casi. Che peraltro, a quanto mi dicono gli ispettori ministeriali, sono quasi tutti del genere da me riscontrato”.
Sulla base di quanto riscontrato dal medico duranti delle indagini nazionali, il ministero dell’Istruzione sarebbe a conoscenza della gravità della situazione ma non farebbe nulla per intervenire efficacemente: “manca cioè una volontà precisa di affrontare la questione – afferma senza giri di parole lo specialista in malattie del lavoro – e ci si muoverà solo dopo un ‘vero’ episodio di cronaca nera”.
A preoccupare Lodolo D’Oria è anche la quasi totale incapacità da parte dei presidi italiani nel gestire i casi di docenti con patologie mentali che riscontrano nei loro istituti: “nel 2008 su 1.412 dirigenti scolastici (su un totale di 10.400) solo lo 0,7% sapeva come si gestiva un caso di questo genere. Anche io credo che il Miur debba provvedere a formare i presidi in proposito. Sto cercando d’incontrare il ministro Gelmini per parlarle del problema, ma finora non ci sono riuscito”.
Questa la strada che secondo il medico occorrerebbe adottare il prima possibile per arginare un fenomeno che negli anni sta assumendo dimensioni sempre maggiori: serve prima di tutta la “formazione obbligatoria per i dirigenti sul disagio mentale professionale. I fondi – sostiene Lodolo D’Oria – non sono certo abbondanti nella scuola, ma certamente sarebbero ben spesi per questo problema: lo prevede, tra l’altro, l’articolo 38 del d.lgs. 81/08 per la tutela della salute dei lavoratori dallo stress-lavoro-correlato. Inoltre non si vuole scoperchiare il vaso di Pandora: in fondo per l’opinione pubblica i docenti sono coloro che ‘fanno 3 mesi di vacanza all’anno e lavorano mezza giornata’”.
Nel frattempo viene da chiedersi quali effetti psicologici può comportare per un bimbo iscritto alla primaria avere per anni un maestro prevalente come la docente sarda esaminata dal medico che opera nel Comune di Milano: è stato riscontrato che l’insegnante è infastidita dalla luce e fa quindi lezione con le tapparelle abbassate, costringe gli alunni a mettere i banchi in fondo all’aula per non averli troppo vicino e nelle situazioni di stress urla e si strappa i capelli.
“Non conosco gli effetti a lungo termine, non sono uno psicologo, ma quelli che si possono osservare a breve termine – conclude Lodolo D’Oria – su un bambino vittima di questo genere di soprusi sono svariati: irritabilità, pianto, accessi d’ira, mutismo e enuresi”.