SASSARI. Un difetto di comunicazione. Secondo il responsabile del Dipartimento di Salute mentale Giovanni Antonio Solinas, il problema sarebbe soltanto questo. È arrivato stamane durante il sit-in di protesta organizzato da associazioni di malati e di familiari, operatori e medici, contro la decisione della Asl di trasferire il Centro di salute mentale e il Dipartimento nei locali di via Amendola. Tutti hanno apprezzato il fatto che Solinas si sia presentato, mentre i vertici Asl hanno preferito inviare le loro dichiarazioni in un comunicato stampa; ma non hanno riscontrato lo stesso successo le spiegazioni che sono state date.
Al sit-in delle 10 ci sono tutti: ASARP, AFARP, Isola Blu, Il Labirinto di Alghero, Le Aquile e UNASAM. Nessuno vuole andarsene da Rizzeddu per essere trasferito in via Amendola. Ora che tutto è stato restaurato, il Dipartimento di Salute mentale deve sbaraccare per far posto al Dipartimento di Prevenzione e il servizio di Patologia forense. Le motivazioni della Asl arrivano con un comunicato alle 9.30. «Una scelta che, tenendo conto delle indicazioni della legge 833/1978 – si legge nella nota-, per la direzione dell’Asl appare logica e opportuna: da un lato evita l’etichettamento di coloro che si rivolgono alla struttura (a differenza di quanto accadrebbe a Rizzeddu, tuttora negativamente connotato come “ex-Ospedale Psichiatrico” – “ex-O.P.”), dall’altro consente di fornire importanti servizi accessori. In via Amendola verranno centralizzati gli ambulatori del Servizio Antidiabetico e sarà aperto uno sportello nutrizionistico». Buoni propositi che non trovano consenso tra le associazioni, che al contrario vogliono che venga mantenuta la memoria storica di ciò che erano i manicomi un tempo: «Non riconoscendo il percorso storico degli ospedali psichiatrici, non si può neanche andare avanti» spiega Barbara Reni, dell’ASARP di Sassari.
Ciò che le associazioni vorrebbero è poter finalmente sfruttare tutti gli spazi di Rizzeddu, parchi e palazzine, dove già oggi pazienti, familiari e operatori organizzano diversi laboratori.
Solinas arriva poco dopo e si ferma a parlare con i rappresentanti delle associazioni. Promette un incontro con più calma, per organizzare magari anche una tavola rotonda sulla situazione della Salute mentale a Sassari. Mentre i camion caricano e portano via scatoloni, lui spiega che il trasferimento è stato deciso «in prospettiva migliorativa e non peggiorativa, anche perché – aggiunge – peggio di come si sta ora in via Zanfarino è molto difficile». L’errore della Asl non è stato nell’aver preso questa decisione, ma nel non averla spiegata per tempo alle associazioni (violando così anche la legge).
Sia l’amministrazione sia i pazienti di via Zanfarino saranno quindi trasferiti in via Amendola, perchè «il Dipartimento non deve restare in una torre d’avorio, ma deve essere in trincea. Il Centro di salute mentale, inoltre, è meglio sia in una struttura urbana mentre qui in prospettiva nascerà uno spazio di memoria storica».
Secondo il progetto della Asl al pian terreno di via Amendola verrebbe trasferito il Centro di Salute mentale, al primo il Dipartimento. Temporaneamente, però, il Centro andrà al primo piano, per alcuni problemi tecnici e contratti d’affitto in scadenza. “Temporaneamente” però è la parola che fa più paura ai pazienti: «E’ troppo facile qui che il “temporaneamente” diventi “difinitivamente”» dice qualcuno dopo aver alzato la mano per chiedere la parola e fissando negli occhi Solinas. «Perché io sono una paziente, e io so quanto è difficile e soprattutto pericoloso per un malato fare le scale. E il laboratori che fine fanno? Sono già iniziati, ci siamo organizzati, non possiamo e non vogliamo perdere tempo». Solinas rassicura: i laboratori non saranno rimandati e gli spazi a essi dedicati, teatro compreso, non saranno tolti ad associazioni e pazienti.
Solinas va via dopo aver tentato di rassicurare gli animi e dato tutte le possibili spiegazioni «Io sono arrivato che queste scelte erano già state prese. Ritengo però che sia necessario lavorare insieme per questo ho già preso l’impegno di rincontrare tutte le associazioni».
Restano i medici, gli operatori, i pazienti e i familiari. Resta la dottoressa Angela Marras, psichiatra di via Zanfarino che «non vuole fare l’assistente sociale, perché non la sa fare. Ma al Centro di salute mentale non c’è un assistente sociale e le persone che ne hanno bisogno non sanno a chi rivolgersi. E ormai non ci sono quasi più psichiatri, psicologi e operatori perché chi va in pensione non viene sostituito. Promettono concorsi prima per 3 poi per un posto di psichiatra, ma alla fine questi concorsi non si fanno mai. E sapete chi ci mandano? Ci mandano gli specializzandi. Due anni e poi vanno via. E siamo punto e a capo». E quanto alla memoria storica «io al piano di sopra ci ho lavorato. Sù ci sono le cellette dove la gente moriva e non moriva di stenti, ma di sofferenza. E ora ci trasferiscono in questi nuovi locali di via Amendola, di nuovo in gabbia, i matti e i dottori».
C’è il paziente arrabbiato, arrabbiatissimo, perché «questi spazi sono nostri. Finchè erano tutti distrutti e rovinati ce li hanno lasciati. Ora che sono così belli, ora che può esserci davvero una struttura bella dove poter organizzare la vita del centro e stare bene, ce li portano via. Non è giusto».
E ci sono le associazioni dei familiari e l’assessore provinciale Laura Paoni: «Questo piano della Asl non ha un senso, non tiene conto delle necessità dei pazienti e dei familiari. È il risultato di una politica sanitaria che non prende minimamente in considerazione la parte dell’inclusione sociale dei sofferenti mentali. Distogliere il finanziamento dalle finalità per cui è stato erogato vanifica i progetti elaborati dal DSMD, le importanti iniziative avviate, come gli inserimenti lavorativi con le borse lavoro. Vengono sottratte agli utenti le opportunità terapeutiche e di inclusione previste dal finanziamento».
(sa Sassari Notizie)