Alle migliaia di operatori che hanno costruito il cambiamento e che oggi, con impegno, continuano ad andare avanti.
Il discorso di Roberto Mezzina
Gentili signore e signori, signor Sindaco, ho l’onore, in quanto attuale direttore del Dipartimento di Salute Mentale, di essere il rappresentante istituzionale degli operatori che oggi garantiscono la continuità di questa esperienza grazie all’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste. Essi si accomunano a che, con Franco Basaglia, l’hanno fondata, molti dei quali sono qui presenti, e che saluto con grande affetto, rispetto e senso di condivisione profonda.
Non solo é stata – ed è – la più duratura trasformazione della storia della psichiatria, ma testimonia un cambiamento epocale.
Un grande manicomio, con 1200 persone, è stato superato, chiuso e trasformato in una rete di servizi nella comunità, aperti 24 ore. Franco Basaglia, il grande psichiatra che nel 1971 divenne direttore di questa istituzione su chiamata di Michele Zanetti, allora Presidente della Provincia, in accordo con lui e grazie al contributo di giovani operatori, realizzò questa trasformazione in sette anni, prima di morire prematuramente. Una legge di riforma coraggiosa, la legge 180, nel 1978 sanciva a livello nazionale quanto era stato fatto qui e in pochi altri luoghi e ne faceva norma da applicare su scala nazionale. Questa legge è tuttora la più avanzata del mondo perché riconduce alla cura nell’esercizio dei diritti quella che era stata la segregazione e l’esclusione dei malati nei manicomi. Qualcuno ha detto recentemente che non c’è salute dove non ci sono diritti.
Con Franco Rotelli questi servizi sono stati l’apripista di trasformazioni ulteriori della medicina, i distretti sanitari a Trieste, e di ulteriori riforme. La Direzione di Peppe Dell’Acqua ha consolidato il Dipartimento di salute mentale come modello riconosciuto dall’OMS, riferimento nazionale e internazionale. Ma si dovrebbe dire di dieci, cinquanta, cento altre donne e uomini, che vi hanno contribuito con la loro intera vita al di là dell’impegno professionale, medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, tecnici della riabilitazione, artisti, volontari, amministratori, direttori generali – saluto qui il dr Delli Quadri che ci sostiene convintamente.
Il premio è dunque dato ad un cambiamento che non è solo scientifico, ma culturale e giuridico. Non solo da istituti chiusi a servizi aperti, ma dalla malattia alla persona, parola che recentemente anche il compianto Umberto Veronesi ha associato al termine medicina: medicina della persona.
Basaglia aveva detto:
Noi vogliamo cambiare lo schema che fa del malato un corpo morto, e tentiamo di trasformare il malato mentale morto nel manicomio in una persona viva, responsabile della propria salute… Certamente una delle terapie più importanti per combattere la follia è la libertà.
Il portato scientifico ed etico di Basaglia è stato diversi anni fa riconosciuto dal Premio Nobel Rita Levi Montalcini. Il grande Norberto Bobbio ha parlato della legge 180 come dell’unica vera riforma italiana.
Dopo l’era delle streghe, dei demoni, delle superstizioni, e dopo l’era delle segregazione, della psichiatria manicomiale, il messaggio culturale principale, l’accettazione della follia e del diverso, la convivenza, la non esclusione, la non espulsione di tutto ciò dalla Ragione, è davvero un fatto epocale – post illuministico – per la prima volta nella storia moderna.
Trieste è stata l’esperimento in vivo di un’intera città: assicurare la cura all’interno della comunità – quindi con piena inclusione – nell’esercizio della libertà, a porte aperte e senza più luoghi di reclusione ed esclusione. In questo è ancora luogo unico al mondo, Centro Collaboratore dell’OMS, in quanto modello per i servizi di tuto il mondo, di cui parla Le Monde, l’Asahi Shimbun o l’Economist, frequentato da un migliaio di persone da trenta paesi ogni anno. Questo modello, nella sua attualità, vengono a vedere, non un museo. Un modello, o un lavoro, che si è esportato in Brasile, Argentina, Spagna, ex-Jugoslavia, Grecia e altrove.
Al di là dei riconoscimenti – come il premio alle Nazioni Unite nel 2014 a Vienna che abbiamo ricevuto come esperienza innovativa per la vita indipendente e la partecipazione alla comunità delle persone con disabilità (lo Zero Project, per un Mondo Senza Barriere) – il problema è stato ed è il radicamento e la trasmissione dell’esperienza, la diffusione e l’insegnamento di essa. Una Scuola internazionale si va costruendo, a partire da questa eccezionalità, prima ancora che eccellenza. Che le istituzioni ci aiutino in questo.
Ha detto ancora Basaglia:
L’importante è che abbiamo dimostrato che l’impossibile può diventare possibile… D’altronde, potrà accadere che i manicomi torneranno ad essere chiusi e più chiusi ancora di prima, io non lo so! Ma, in tutti i modi, abbiamo dimostrato che si può assistere il folle in altra maniera, e questa testimonianza è fondamentale. Non credo che essere riusciti a condurre una azione come la nostra sia una vittoria definitiva.
L’importante è un’altra cosa, è sapere ciò che si può fare.
Oggi ci permettiamo di dissentire dalla frase di Basaglia, non ci possiamo più accontentare. [1]
Non solo Trieste è in piedi da 45 anni (da 60 con Gorizia), ma in Italia c’è stato un grande spartiacque come la legge 180. Con essa abbiamo i Diritti di Cittadinanza incarnati, radicati nei corpi e nella vita intera delle persone, immediatamente riferiti alla dichiarazione sui diritti dell’uomo e alla convenzione sui diritti delle persone con disabilità. Vorremmo che la Storia non permettesse più corsi e ricorsi sulla pelle degli emarginati e degli esclusi. Almeno dobbiamo provare ad impedirlo.
L’OMS parla di servizi basati sui diritti e incentrati sulle persone. Dice che bisogna operare per dare potere (empowerment) alle persone con problemi di salute mentale e di lavorare con tutti i settori e le istituzioni dell’organizzazione sociale, per garantire lavoro, istruzione, casa, cittadinanza, inclusione sociale.
Per il giudizio della storia è forse presto, e dobbiamo rallegrarci di quello di chi fa cronaca. La storia sarà ciò che resta, da ciò che refluisce via, di una vicenda collettiva.
Che per la sua forza ha potuto fare a meno di Basaglia stesso. E’ per questo che noi siamo ancora qui.
Siamo onorati del fatto che questa città riconosca oggi, grazie all’Associazione della Stampa e al Comune, in un modo più esplicito, il lavoro fatto in mezzo secolo, per proseguire l’azione di Franco Basaglia per quei diritti, e per un’Etica dell’Altro, che lo veda e lo riconosca come vicino a noi pur nella differenza, ma dobbiamo sottolineare che l’esito principale è la presenza viva e vitale delle persone, dei soggetti, restituiti ad una vita, al di là e al di sopra del cambiamenti delle istituzioni.
Dunque non siamo soli. Tutto ciò è proprietà delle stesse persone che hanno esperienza diretta del disagio, dei loro familiari, della comunità stessa, le ha coinvolte e cambiate e loro hanno cambiato noi, aiutandoci pure a migliorare i servizi. Per questo chiedo alla Professoressa Silva Bon, docente di storia e autrice di molti libri sulla storia del ‘900, e del libro “guarire si può” con Izabel Marin, presidente di associazioni per la salute mentale e “attivista” nella lotta allo stigma attraverso la sua testimonianza personale, di cui lei stessa se vuole dirà, di ritirare il premio per questa comunità che Lei sig. Sindaco rappresenta, per tutti noi, per questa città.
Grazie a voi tutti ed a lei.
Roberto Mezzina, 25 novembre 2015
Lo psichiatra John Conolly, dal 1839 al 1852, per poco più di un decennio, lottò duramente per applicare, riuscendoci, l’abolizione di tutti i metodi di contenzione al più grande manicomio d’Inghilterra, Hanwell. Scrisse: “la costrizione é simbolo d’abbandono del malato ed é il sostituto delle cure numerose che il suo stato richiede”. Poi tutto rientrò con l’era vittoriana dei grandi manicomi. [1]