Pubblichiamo la recensione di Anita Eusebi, data la grande domanda di approfondimento sulle questioni epistemologiche e sul pensiero critico.
Pubblicato da Einaudi nel 1982, il testo Salute/Malattia. Le parole della medicina scritto da Franca Ongaro Basaglia, è tornato in libreria nel 2012 all’interno della Collana 180 – Archivio Critico della salute mentale edita da Alphabeta Verlag e diretta dallo psichiatra Peppe Dell’Acqua, dal filosofo Pier Aldo Rovatti e da Nico Pitrelli co-direttore del Master in Comunicazione della Scienza alla Sissa di Trieste. Una Trieste in cui l’eredità del noto psichiatra Franco Basaglia, compagno di vita dell’autrice, è una luce che non si è mai spenta.
Nella nuova edizione, curata da Maria Grazia Giannichedda, Presidente della Fondazione Basaglia, le “voci” o “parole della medicina” redatte per l’Enciclopedia Einaudi alla fine degli anni Settanta e che costituiscono la versione originale del libro, sono integrate dal saggio introduttivo della Giannichedda “La voce di Franca Basaglia” e dalla lezione magistrale tenuta dalla Basaglia in occasione del ricevimento della laurea honoris causa a Sassari nel 2001. Ne esce il ritratto profondo e la biografia intellettuale di una donna, Franca Ongaro Basaglia, che “è stata protagonista di battaglie civili e culturali”, stretta collaboratrice di Franco Basaglia nella realtà quotidiana dell’ospedale psichiatrico e autrice di scritti che, accanto a quelli del marito, sono ancora oggi al centro del dibattito sui temi della salute mentale.
Il libro si articola in nove saggi, lungo un percorso complesso, denso di riferimenti storici e riflessioni. Salute e Malattia ne sono i pilastri concettuali e il sottotitolo Le parole della medicina ne esprime il filo conduttore, nello spirito di fare “non una ricerca archeologica sull’organizzazione del sapere medico” ma di spogliare tali parole delle definizioni che “oggettivano” la soggettività del malato. Ai primi due saggi Le parole della malattia e Clinica, seguono gli altri che titolano le “parole della medicina” a coppie di termini complementari o opposti: Cura/Normalizzazione, Esclusione/Integrazione, Farmaco/Droga, Follia/Delirio, Medicina/Medicalizzazione, Normale/Patologico, Sintomo/Diagnosi.
“Quando si parla di salute e malattia si è culturalmente condizionati a considerarle come fenomeni naturali di segno opposto, fra i quali esista una netta e altrettanto naturale separazione”, scrive la Basaglia in Le parole della malattia. Ciò è conseguenza di un processo storico di espropriazione e oggettivazione del malato, un processo da ripercorrere, “non per cancellare il positivo che le scoperte scientifiche hanno prodotto” ma per recuperare ciò che è andato perso e “potrebbe essere riconquistato dalla riappropriazione soggettiva, da parte dell’individuo, di sé, del proprio corpo e della stessa esperienza di malattia”. Di qui la necessità di liberare le “parole della medicina” da ogni “incrostazione naturalistica” e rileggerle in un contesto sociale, storico e culturale. D’altra parte, come l’autrice ribadisce in Clinica, “se la malattia, oltre a essere un fenomeno naturale è vista anche come un prodotto storico-sociale, il suo valore e il suo significato mutano con il mutare di ciò che è – per l’organizzazione sociale in cui si trova inserito – l’uomo che ne è portatore”, secondo logiche di potere della scienza, nascoste dietro a “storie di malattie spiegate al letto del paziente” e a corpi come “manichini pedagogici”.
Sotto uno “sguardo clinico” parole come Cura/Normalizzazione perdono il loro significato etimologico per divenire strumenti di intervento organizzato, e la struttura ospedaliera diventa “la fabbrica della cura, in cui si produce o guarigione o morte” passando per “un consenso che diventa esso stesso fonte di malattia”. Anche la coppia Farmaco/Droga diventa “parte integrante dell’ideologia medica” come strumento di consenso, oltre che di guarigione, e i due termini sono “soggetti alla stessa logica di produzione e distribuzione”, l’uno verso una salute “assoluta”, l’altra verso una felicità artificiale. In quest’ottica si collocano il concetto paradigmatico di Esclusione del “soggetto malato”, o supposto tale, e la successiva Integrazione (o segregazione) in ospedali, ospizi e manicomi. Torna con forza il messaggio secondo cui è l’istituzione che crea la malattia, attraverso un tipo di tutela che diventa invalidante.
Nel saggio Follia/Delirio, scritto a quattro mani con Franco Basaglia, la storia della follia è “storia di un giudizio” scisso da ogni tratto soggettivo, tragico e personale. Allontanata dal “corpo sociale” di cui fa parte e “accolta in uno spazio a lei naturale, approntato dallo Stato”, la follia non è che “parola resa muta dal linguaggio razionale della malattia” che assume i connotati sinistri del delirio. Su di essa incombe allora lo spettro di una Medicalizzazione sistematica di una società in cui si ridefiniscono continuamente i confini tra salute e malattia a scapito della prima. D’altronde, la Medicina, nel suo andare dall’arte del guarire di Ippocrate verso una professione inserita nelle regole del mercato, “può diventare uno strumento di copertura in termini medici di problemi che questo tipo di organizzazione economico-sociale non è in grado o non vuole affrontare”. Anche i concetti di Normale/Patologico, al pari di salute e malattia, “non sono stati naturali autonomi rispetto al sistema sociale”, ma si misurano in termini di partecipazione al ciclo produttivo, così che il malato è indotto a “vivere la malattia come puro accidente oggettivabile dalla scienza, e non come esperienza personale”.
Le ultime voci del libro sono Sintomo/Diagnosi, per lo più ignorati i primi e superficiali le seconde negli ospedali psichiatrici dove il condizionamento istituzionale è esplicito. E allora “diventano patologici i disturbi di memoria lamentati dopo un ciclo di elettroshock”, “le voci che tentano di esprimere sofferenza sono totalmente silenziate” e “l’occhio del medico arriva al massimo a discriminare tra il corpo vivente e il cadavere”.
A più di trent’anni da quando si lottava per la legge 180, in una Italia dove molte strutture applicano ancora l’elettroshock, la questione del Trattamento Sanitario Obbligatorio è più che controversa e le condizioni disumane degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari sono sotto gli occhi di tutti, il libro della Basaglia conserva un’attualità straordinaria e possiede una profondità di sguardo e una lucidità critica di grande spessore. È un libro che oggi come allora commuove, fa riflettere, fa arrabbiare. Un libro da leggere e far leggere.