di Fabrizio Starace
Ad oltre 30 anni dalla Riforma Psichiatrica il dibattito sulla 180 registra un incessante produzione di contributi ed analisi teoriche, essenzialmente ispirate ai temi della salute, del controllo sociale, della libertà di cura. Particolare rilievo assume il dibattito sul Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO). L’art. 32, comma 2 della Costituzione (Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana) limita i casi di trattamento sanitario obbligatorio, in cui è lecito curare la salute di un cittadino contro la sua volontà, a quelli esplicitamente previsti dalla legge. Gli artt. 33, 34 e 35 della legge 833/78, riprendendo il disposto della legge 180/78, hanno introdotto la possibilità che un cittadino sia sottoposto ad interventi sanitari in condizioni di ricovero ospedaliero contro la sua volontà “solo se esistano alterazioni psichiatriche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall’ infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere”, prevedendo altresì precisi istituti di garanzia onde evitare abusi. E’ appena il caso di segnalare come la terza condizione nulla abbia a che fare con le condizioni psicopatologiche ma sia funzione dello sviluppo / arretratezza dei sistemi di sanità pubblica locali, da cui evidentemente dipende la probabilità o meno di ricevere una limitazione della libertà individuale. L’applicazione pratica della legge ha trovato numerosi ostacoli anche per l’assenza di linee guida operative cui i diversi attori del processo assistenziale dovessero attenersi. Solo nell’aprile 2009 (31 anni dopo la Legge 180/78…) la Conferenza Stato-Regioni ha licenziato un dettagliato documento contenente indicazioni e “raccomandazioni in merito all’applicazione di accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori per malattia mentale”. Prendendo atto della “difformità di applicazione sul territorio nazionale, tra una regione e l’altra e, spesso, nella stessa regione, tra il territorio di una ASL e l’altro” il documento “vuole esplicitare e chiarire l’applicazione delle norme e fornisce l’indicazione di buone pratiche per i diversi attori chiamati in causa perl’applicazione delle procedure”. Ciò non ha impedito che venissero depositate in Parlamento numerose proposte di legge volte a modificare l’attuale assetto normativo dell’assistenza psichiatrica italiana; in tutte vi è particolare riferimento alla norma sul TSO. Quello chesconcerta è l’assunzione di posizioni di estrema critica (o di totale approvazione) in assenza della benché minima riflessione sulle reali dimensioni che il fenomeno ha assunto nel corso degli anni, sulle caratteristiche applicative, sulla disomogenea diffusione. Si legge nel citato documento approvato in Conferenza Stato Regioni: “Certamente la prospettiva migliore in cui affrontare e risolvere le difficoltà che si incontrano nella gestione degli interventi psichiatrici obbligatori è quella che nasce dalla loro collocazione nell’ambito della totalità della psichiatria e di una pratica di salute mentale. E’ qui che ci si può interrogare sulla efficacia delle prestazioni di prevenzione, di cura e di riabilitazione; sulla adeguatezza delle risorse disponibili (non solo in termini di posti letto, ma anche di operatori qualificati sul territorio); sulla razionalità dell’organizzazione r spetto alle risorse disponibili e ai bisogni degli utenti; sulla integrazione della rete dei servizi”. Si tratta a ben vedere di una forte esortazione a considerare il fenomeno TSO un tassello del complesso mosaico dell’assistenza psichiatrica territoriale; tassello che assume rilevanza tanto maggiore quanto minore è la rappresentazione delle altre parti del mosaico. Ma come farsi un’idea “oggettiva” di un fenomeno così complesso? Tra le numerose, colpevoli omissioni che la Riforma Psichiatrica ha registrato dalla sua promulgazione va purtroppo annoverata anche la scarsa o nulla attenzione dedicata alla applicazione di un sistema informativo per la salute mentale ed alla costituzione di organismi di valutazione indipendenti sui principali servizi erogati, che consentissero ai decisori istituzionali, e ancor più ai cittadini- utenti, di disporre delle informazioni necessarie per orientare e governare lo sviluppo dei servizi o per scegliere le strutture e i servizi più idonei alle proprie necessità di salute. Insomma, ci si appresta a discutere ed approvare modifiche significative alla legge di riforma dell’assistenza psichiatrica, senza avere gli elementi conoscitivi necessari a valutare l’efficacia/efficienza della norma in vigore: anche nel settore della salute mentale l’Italia si conferma Paese delle contro-riforme, più che delle riforme…
Fabrizio Starace è Direttore UOC Psichiatria, A.O. Cotugno di Napoli e membro della Direzione Nazionale dell’Associazione Luca Coscioni
(da Agenda Coscioni > Agenda Coscioni anno V n.03: Marzo 2010 > L’odore della sanità)