Il 20 marzo è morto Raffaele Dovenna. Una persona singolare, difficile, molto difficile da definire.
Chi volesse ricordarlo solo come operatore della salute mentale, o solo come esemplare militante comunista, o solo come consigliere circoscrizionale, o solo come dirigente sportivo, o solo come volontario sostenitore e fondatore di associazioni, o solo come costruttore di reti d’amicizia e di solidarietà in Italia e in altri paesi, in particolare in Argentina che tanto amava, si dovrà ricredere e lasciarsi andare all’incontro con una persona generosa e una vita ricca di molteplici suggestioni.
Solo ora i colleghi di lavoro, i compagni del partito di Rifondazione Comunista, la rete di tantissimi argentini che si sono battuti e si battono per la chiusura dei manicomi nel loro paese e a sostegno della nuova legge di riforma della salute mentale, gli amici della polisportiva Fuori C’entro, i soci di Brez Meja del Commercio Equo e Solidale, i tanti amici dell’ANPIS , il dipartimento di salute mentale di Trieste, solo ora tutti si rendono conto di quanto ha costruito, di quanto ha messo insieme, di quante possibilità concrete, attraverso il suo accogliente lavoro di relazione, si sono realizzate.
Tutti lo ricordiamo per la sua mitezza. Per la sua operosità di costruttore di ponti, la sua capacità di essere in ascolto, amico, al di là e al di fuori di ogni schema.
Ha dedicato gli ultimi anni della sua vita ai giovani che vivono l’esperienza del disturbo mentale. Ha ideato e reso un appuntamento internazionale il torneo di calcio Marco Cavallo.
E’ bello ricordarlo entusiasta e orgoglioso in mezzo a decine di ragazzi che a Raffaele volevano bene e che con lui hanno viaggiato nella realtà in giro per tante città in Italia, in Europa, in Argentina, nel sogno di una eguaglianza possibile sopra ogni cosa.