… è che tutto è già stato detto. Sappiamo tutto. Nessuno si muove (?)
Tento di prendere la parola. La mia è una voce che parte dal basso, parte dall’esperienza vissuta e acquisita nei lunghi anni di presa in carico da parte del DSM di Trieste, un periodo più lungo di metà della mia vita.
Ormai ho ottant’anni. Mi considero, senza presunzione e piuttosto con dolorosa consapevolezza, “Testimone di crimini di pace”. Davvero posso dire di essere una “Sopravvissuta”.
Ma, come semplice “Cittadina”, proprio come una “persona qualunque”, parlo liberamente sulla base di quello che ho visto e vedo.
Da molto tempo, in generale nel campo della Sanità pubblica; in particolare nel variegato mondo della psichiatria/delle psichiatrie – che mi riguarda da vicino – sento grida sempre più allarmate e allarmanti che denunciano la mala sanità. Quasi ogni giorno leggo di episodi drammatici. Sono punte di iceberg emergenti, espressioni di criticità acute, vissute da tutti gli Attori presenti: le persone che vivono la sofferenza mentale; i familiari; gli operatori in ruoli e mansioni diverse.
Noi, persone con esperienza, denunciamo una involuzione, un degrado, nelle cure possibili, e auspicate. È apertamente conosciuta la pratica della contenzione meccanica, oltre che farmacologica. La pratica dell’elettroshock. In molti SPDC.
Ma queste non sono forme di cura. Queste sono forme di tortura.
Atroci, che portano anche alla morte. Le persone sofferenti “non sono viste”. Diventate “oggetti”. Solo “cose”, che si possono trattare con violenza, senza rispetto, senza nessuna umanità.
Da più parti si lamenta il depauperamento ormai strutturale. Manca un sostegno statale e regionale di erogazione congrua di finanziamenti pubblici. Il numero di medici, di infermieri, si riduce. I carichi di lavoro (orari, turni, insostenibili) sono agiti in ambienti degradati da professionisti demotivati.
Non solo da basse retribuzioni.
Si è innestata quasi una spirale di insofferenza/sofferenza, gravissima. E anche il barcamenarsi in una palude di impossibilità non aiuta la situazione.
Preso atto delle testimonianze personali e di gruppo; delle statistiche costruite su evidenze e numeri incontrovertibili; in un contesto ammalato – generalmente e complessivamente malato – ormai è necessario:
Andare oltre ogni forma di violenza. Che ha a che fare con un male – essere, una sofferenza mentale diffusi: il degrado sociale collettivo ne rappresenta una spia allarmante.
Si può rispondere con una pillola miracolosa? Con giustificazioni che partono dalla sola genetica e/o dal profilo biologico?
Chiediamo Salute, Salute Mentale, come base di una condizione umana sostenibile.
Il discorso basagliano, a mio avviso, è molto (più) complesso.
Andiamo a rileggerlo, e soprattutto rendiamolo nuovamente vivo.
Diamo vita a nuove alleanze. Pratichiamo politiche di amicizia.