di Roberto Zanfini, Direttore Emergenza Urgenza Psichiatrica di Ravenna AUSL della Romagna
Nonostante i Servizi Psichiarici di Diagnosi e Cura ricorrano alla contenzione non sono presenti leggi o norme che la regolamentino essendo stato il Regio Decreto 615/1909 ” abolito dalla legge 180/1978. In questo decreto al Capo IV art. 60 il ricorso alla contenzione fisica veniva stigmatizzato ed era stabilita una pena economica per chi vi ricorreva senza l’autorizzazione scritta del Direttore del manicomio o di un medico (“nel manicomio debbono essere aboliti o ridotti ai casi assolutamente eccezionali i mezzi di coercizione degli infermi e non possono essere usati se non con l’autorizzazione scritta del direttore o di un medico dell’istituto. L’autorizzazione indebita dell’uso di detti mezzi rende passibili coloro che ne sono responsabili di una pena pecuniaria … L’uso dei mezzi di coercizione è vietato nella cura in Case Private). Ad oggi in alcune regioni italiane le contenzioni meccaniche vengono monitorate e sono state date indicazioni riguardo al suo ricorso attraverso circolari che la disciplinano. Nella regione Emilia Romagna ciò avviene da anni e ogni anno gli SPDC inviano dati relativi ad ogni singola contenzione eseguita. Ogni SPDC è infatti dotato di un apposito registro per il monitoraggio dei dati. Sono inoltre previsti audit sia periodi che per le singole contenzioni che hanno una certa durata.
Nel 2006 il Comitato Europeo per la prevenzione della tortura ha segnalato che in Italia “Il potenziale di abuso e di maltrattamento che l’uso di mezzi di contenzione comporta resta fonte di particolare preoccupazione … Purtroppo sembra che in molti degli istituti visitati vi sia un eccessivo ricorso ai mezzi di contenzione”. Per questo motivo la Conferenza delle regioni e delle provincie autonome ha, nel 2010, stilato delle raccomandazioni per prevenire le contenzioni fisiche in psichiatria.
Il ricorso alla contenzione è infine stigmatizzato dagli Ordini Professionali e anche nel 2015 il Comitato nazionale di bioetica ha ribadito la necessità di un suo superamento.
Oltretutto la contenzione meccanica oltre che umanamente degradante non è scevra da rischi e complicanze potenzialmente letali.
Sin dal 2000 il Servizio Psichiarico di Diagnosi e Cura di Ravenna ha avviato pratiche atte a ridurre il ricorso alla contenzione meccanica con l’obiettivo di eliminarla come pure di “umanizzare” sempre di più il ricovero. Gli interventi attuati sono stati strutturali, clinico organizzativo e formativi.
Per quello che riguarda gli interventi strutturali l’ambiente di cura è stato reso il più possibile simile a quello di un domicilio, sono state tolte le sbarre alle finestre, eliminate le telecamere di sorveglianza e si è reso possibile l’accesso a diverse aree del reparto. Le telecamere di sorveglianza erano state installate nei primi anni 2000 in alcune stanze con l’intento di monitorare le persone in particolari situazione di crisi, contenute o a rischio ad esempio di cadute. Solo nel 2011 ci siamo resi conto che un sistema di videosorveglianza richiede un monitoraggio continuo da parte di un operatore che viene sottratto all’assistenza. Per cui tanto vale fornire una assistenza continua alla persona che ne necessita anche in considerazione del fatto che con le videosorveglianza non si prevengono le cadute (si vede solo che la persona è caduta) e non si assistono le persone contenute (non si fa un supporto psicologico e non si “vedono” gli arresti cardiorespiratori).
Per quello che riguarda l’utilizzo di spazi del reparto la guardiola degli infermieri è sempre aperta ed accessibile ai degenti quando al suo interno è presente del personale.
Gli interventi clinico organizzativi sono consistiti nel: a) monitoraggio di ogni singola contenzione sia con la sua registrazione che con la sua analisi per individuare i fattori che potevano averla determinata in modo da poter apprendere strategie/interventi preventivi b) trasparenza dell’operato avvisando i familiari e dando loro la possibilità di rimanere in reparto per tutta la sua durata c) assistenza continua da parte di un operatore per tutta la sua durata d) discussione da parte di tutto il gruppo di lavoro di lavoro prima di utilizzarla con supervisione da parte del Direttore o del suo sostituto sulle 24 ore verificare se tutte le strategie alternative siano state esplorate e percorse e) possibilità di rinforzo del turno in caso di particolari situazioni di crisi anche ricorrendo al CSM d) utilizzo del tempo evitando, quando possibile, di “chiudere” la situazione di crisi per aspetti dovuti all’organizzazione e) creazione di un protocollo con le Polizie Municipali della Provincia di Ravenna relativamente agli ASO e ai TSO f) creazione di un protocollo con il PS per le modalità di espletamento delle consulenze in particolare per il trattamento degli stati di intossicazione e per le sindromi psicorganiche.
Un’altra area di intervento è stata quella di favorire il cambiamento di alcune distorsioni cognitive presenti nel gruppo di lavoro che considerava la contenzione un atto terapeutico da applicare anche in condizioni di ipotetico rischio ritenendo che tali condizioni fossero dovute solo al paziente e non anche a fattori legati all’ambiente di cura e al tipo di approccio relazionale. E’ stata quindi eseguito un massiccio intervento formativo volto a fornire al personale maggiori capacità relazionali e competenze tecniche per la gestione delle situazioni di crisi che non si appiattiscono solo sulla gestione dell’aggressività imminente.
Infatti la formazione ha riguardato anche l’apprendimento della diagnosi funzionale, di tecniche psicosociali, la gestione del rischio di violenza e dell’aggressività, interventi di debriefing e defusing per il gruppo di lavoro.
E diversamente da pochi anni fa, siamo oggi ben consapevoli del fatto che la contenzione non è un atto terapeutico, ma un atto coercitivo e che gli stili relazionali e più in generale l’ambiente di cura possono influire sia sull’innesco di comportamenti aggressivi sia sul successivo utilizzo della contenzione come è sempre di più riportato in letteratura.
Sono stati pertanto rafforzanti i piani di trattamento individuali basati sulla diagnosi funzionale con un atteggiamento improntato alla partnership e al recovery coinvolgendo attivamente la persona (dal “fare al paziente” al “fare con il paziente”); si sono ridotti i tempi di inattività attraverso un aumento del tempo di relazione con gli operatori, l’esecuzione dei trattamenti psicosociali individuali e di gruppo. Le c.d. regole di reparto sono poi state poi per gran parte sostituite dai summenzionati piani di trattamento individuale.
Attraverso queste azioni si è progressivamente ridotto nel corso degli anni il numero delle contenzioni passando dalle 150 del 2000 (il reparto aveva 15 posti letto) alle 3 del 2016 di cui l’ultima, ad oggi, eseguita nell’agosto del 2016 (il reparto dal 2003 ha 20 posti letto).
Il grafico riporta l’andamento nel tempo delle contenzioni e del numero infortuni degli operatori dovuti ad episodi di aggressività a partire dal 2006 anno in cui abbiamo iniziato a monitorare il numero degli infortuni.
Come si può notare dal grafico vi è stato un incremento sia del numero delle contenzioni che degli infortuni degli operatori nel periodo 2007/2010 e nel 2015 (a settembre 2017 le contenzioni sono 0 e gli infortuni 4).
Il ricorso alla contenzione avviene di solito dopo che si è manifestato un episodio di aggressività e non viceversa.
Nel periodo 2007/2010 vi è stato un cambiamento di tipo organizzativo/culturale consistito nel ripristino del primato delle c.d. regole di reparto rispetto alla flessibilità dei piani di trattamento individuale. L’inversione di rotta è ricomparsa a partire dal giugno 2011 anno in cui sono state tolte anche le telecamere dalle stanze di degenza.
Da quel momento si è assistito ad una progressiva riduzione del ricorso alla contenzione fino alla sua eliminazione da oltre un anno associato ad una riduzione degli infortuni (quest’anno sono 4) ad esclusione del 2015. In quell’anno il SPDC è stato temporaneamente trasferito per lavori di ristrutturazione in una sede che non era stata ritenuta idonea motivo per cui vi era stato anche un relativo rafforzamento del personale (i letti sono stati ridotti a 12 e il numero di personale è rimasto invariato).
Ciò a sottolineare l’importanza fondamentale che i fattori relazionali, del milieu e degli aspetti strutturali hanno come determinanti per il ricorso alla contenzione.
Bibliografia
1) Zanfini R et al: L’ambiente di cura influisce sul ricorso alla contenzione? Frammenti II (2011); 5-18
2) Zanfini R et al: “Come superare la contenzione fisica: l’esperienza del SPDC di Ravenna. Frammenti II (2012): 79-89;
3) Papadopoulos et al: The antecedente of violence and aggression within psychiatric in-patients settings. Acta Psychiatr Scand 125: 425-439 2012
4) Bowers L et al: Inpatient violence and aggression: a literature review. Report from the Conflict and Containment Reduction Research Programme. King’s College 2011
5) Bowers L: Safewards:the empiracal basis of the model and a critical appraisal. Journal of Psychiatric and Mental Health Nursing 21:354–364, 2014
6) Bowers L et al: Reducing conflict and containment rates on acute psychiatric wards: The Safewards cluster randomised controlled trial. Int J Nurs Stud 52(9): 1412–1422, 2015