Il Forum intende tenere viva la questione “psicofarmaci”. Non solo e non tanto perché si registrano per alcune categorie di psicofarmaci aumenti sbalorditivi (per gli antidepressivi l’aumento è stato del 310 % in 8 anni) ma perché l’uso dello psicofarmaco continua a sostenere la prepotenza riduttiva del ritorno “delle psichiatrie della certezza”.
Con questo breve scritto, che ripropone quasi integralmente il paragrafo del Documento Fondativo relativo alla questione, cogliamo l’occasione per riproporre riflessioni e analisi che, siamo certi, possono accompagnare la quotidianità di quanti direttamente e criticamente coinvolti sulla scena.
Nel 2003 così scrivevamo:
“Riteniamo che la “questione degli psicofarmaci” vada riproposta all’attenzione. Sottovalutata spesso nella sua complessità anche nelle pratiche più avanzate, anche perché intorno agli psicofarmaci le multinazionali del farmaco, in perverso intreccio con le università, hanno ricostruito l’artefatto della divisione tra psichiatria biologico istituzionale e psichiatria sociale. Assegnando alla prima il compito di fornire e legittimare l’idea di avere le chiavi e la conoscenza dell’organo, e il modo con cui aggiustarlo, e alla seconda il compito di sostenere l’uso indifferenziato ed esteso degli psicofarmaci nella popolazione, integrandosi con i medici di medicina generale. Alla produzione partecipa la psichiatria biologica universitaria. La vendita è promossa dalla psichiatria dei servizi e dai medici di base. La verità è che da 50 anni non sono stati fatti significativi passi avanti nella ricerca di nuovi prodotti ed assistiamo ad un continuo riciclo, a prezzi superiori e a volte esorbitanti, di molecole note, anche se ripulite e meglio conosciute.
Nella prassi dei servizi di salute mentale, l’uso di farmaci da ausilio alla cura si trasforma nell’intervento principale, che declassa tutto il resto a puro intervento satellite, a mera pratica di supporto alle terapie farmacologiche stesse. La ricaduta sui servizi è notevole. Si crea un circolo vizioso in cui la necessità (vera o presunta) di somministrare farmaci giustifica perfino pratiche repressive come la contenzione.
Di fronte alla “efficacia” del farmaco, cioè alla sua capacità di dare risposte rapide, gli operatori non medici della psichiatria hanno spesso accettato un ruolo di “contorno”. Alcuni medici, dal canto loro, hanno rinunciato ad essere promotori di processi di cura articolati, in cambio di un indiscusso primato all’interno dei servizi e di una nuova immagine “professionale” da camice bianco ed esperto del cervello. Si aggiunga inoltre che le multinazionali del farmaco, finanziando ricerche universitarie, intervengono pesantemente anche sui manuali statistico-diagnostici.
La miopia, se non una vera e propria cecità, di fronte al preteso primato della terapia farmacologica è grave e travalica gli stretti limiti della psichiatria abbattendosi su altre istituzioni. Sul carcere, dove gli psicofarmaci vengono usati a sproposito per mille ragioni fra cui alcune strettamente connesse alle pratiche detentive e punitive; sulle case di riposo, dove servono ad adattare comportamenti disturbanti e noiosi da sindrome istituzionale degli anziani; sul sistema scolastico, sui centri di permanenza temporanea (per gli/le immigrati extracomunitari) e infine sulla società in generale”
Peppe Dell’Acqua
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7 Comments
Completamente d’accordo. Il problema é che anche la psicoterapia in quanto a prove di evidenza non se la cava cosi bene e gli interventi biopsicosociali tanto declamati sono molto difficili da realizzare nel pubblico ed impossibili nel privato. Per cui milioni di persone ricevono psicofarmaci e psicoterapia per sindromi sottosoglia perché comunque qualcosa di positivo succede, mentre i pazienti con sindromi maggiori ricevono o solo psicofarmaci o psicofarmaci e psicoterapie non efficaci. Le case farmaceutiche sono contente, ma anche le ASL che possono dimostrare che i pazienti sono curati e nessuno si chiede se gli interventi messi in essere sono piu efficaci del semplice scorrere del tempo e della riattivazione autocurativa dei fattori di resilienza insiti in ognuno di noi. Il problema é che la scienza non riduce lo stigma ma se iniziamo a dire che i farmaci hanno tassi di efficacia (non di risposta ma di remissione) bassissimi e che le psicoterapie se funzionano funzionano per fattori aspecifici e non per la tecnica utilizzata, non so se tutto cio contribuisce a ridurre lo stigma. Per cui ci andrei con i piedi di piombo, ma ogni psichiatra deve essere cosciente della pressione delle case farmaceutiche e delle lobbies degli psicoterapueti.
Secondo me, la parola è fondamentale, gli psicofarmaci importanti, anche se le due cose non stanno sempre sullo stesso piano.
La parola aiuta se condotta bene e aggiustata alla personalità e al carattere del paziente; se si riscontrano pochi risultati si incomincia un piccolo supporto farmacologico così da aiutare la parola stessa e lo stato d’animo con cui il paziente ascolta, elabora, interagisce con il dottore e via dicendo.
Partire dagli psicofarmaci senza conoscere la persona non è giusto, anzi dannosissimo: il problema del paziente può sovente venir travisato e colui che inizia con farmaci potenti dal punto di vista anche collaterale comincia veramente a crearsi una malattia; il dottore e il paziente veramente creano qualcosa dal nulla dal quale è difficile uscire se non riducendo i farmaci, ma il vortice ti aspira sempre di più.
E’ necessario, quindi, conoscersi, collaborare, intendersi e questo tra dottore e paziente in un rapoporto reciproco di fiducia e sincertà.
maurice.82
scusate…non vorrei essere fuori luogo, perchè probabilmente ne so meno di voi in materia, nel senso che non sono ne psichiatra ne altro….mi sembra però che i più preparati tra gli psichiatri di nuova generazione (chiamiamoli così) non usano psicofarmaci così a casoo ma solamente eventualmente durante i momenti più difficile della psicoterapia. Mentre mi risulta che i farmaci vengono usati sempre dai centri di salute mentale (forse perchè nei centri di salute mentale si trattano solo le forme di psicosi?)
Buongiorno.
Secondo me e la mia esperienza di paziente, è vero, c’è un “boom” di psicofarmaci perché c’è sempre più gente e meno persone.
Vorrei spiegare la mia affermazione: ci sono sempre più fattori relativi al contesto in cui viviamo che favoriscono l’emergere anche di un piccolo disagio mentale nella gente e, in mancanza di persone competenti nell’aiutare chi è in difficoltà, si ricorre alla fine soprattutto al farmaco.
Durante il mio percorso ho potuto constatare che molti si rivolgono al pubblico e molti anche al privato (magari convenzionato) se ne hanno la possibilità; alla fine, però, in mancanza di risorse da parte di tutti, a farne le spese sono proprio gli utenti e il servizio pubblico (in cui tutti si riversano). La conseguenza è che di fronte anche ad un piccolo problema, il medico psichiatra, non potendosi avvalere dei servizi (psicologi, attività, educatori, reparto, comunità, ecc.) legati ad esempio al suo centro di salute mentale (perché mancano disponibilità in termini di numeri di persone, tempo e posti/luoghi per i pazienti, ecc.) punta alla fine ai soli farmaci e, alla meglio, anche a qualche parola. L’efficacia complessiva risulta, in genere, deludente perché anche le pastiglie, se non vengono aiutate nel loro lavoro dal paziente (nel modo di pensare e di vivere), dai familiari e/o altre persone e dalle strutture, non possono fare (per nulla) miracoli (talvolta proprio niente).
Inoltre io sono a favore di quegli esperti che passano dalla parola al farmaco (sempre associato alla prima!) e non per coloro (ci sono anche questi…) che partono dalle pastiglie per poi dire di voler iniziare dei colloqui fissati ad una data incerta (o inesistente); il caso più felice, comunque, è quello in cui è sufficiente la psicoterapia non farmacologica perché si escludono indesiderati effetti collaterali anche a distanza di molto tempo dall’assunzione delle pastiglie.
Per quanto ne so (ho provato, come mi ha detto il medico che mi segue ora, quasi tutti quelli in commercio presso altre strutture…) salverei pochi psicofarmaci (ansiolitici, antidepressivi, antipsicotici, ecc.) che, comunque, da soli funzionano poco o nulla, mentre fanno sentire prepotentemente gli effetti collaterali (davvero incredibili…). Questi, poi, vanno gestiti e combinati bene (v. qualità, dose, modo di somministrazione, sospensione, effetti posistivi e negativi) e non come dei cocktail né, a volte, usati non in associazione ad altri. Lo so, sembra tutto relativo: in realtà ogni caso è diverso dall’altro.
Diffidate da quegli psichiatri che si comportano da “piccoli (ma pericolosi) chimici”, che non possono offrirvi aiuti se non prescrivervi psicofarmaci per qualsiasi cosa abbiate, e di imbattervi in cliniche “per sentito dire” da persone comuni (potreste imbattervi in strutture che non hanno nemmeno i servizi di cui dicono di godere nei loro siti internet) e fatevi sempre consigliare dal medico di famiglia.
Il coraggio di non nascondersi dietro ad una pastiglia… di mettersi in gioco con la relazione umana, l’ascolto, il reciproco riconoscimento. Di scoprirsi molto più vicini di quello che non si pensi, di godere reciprocamente della relazione… ma c’è ancora chi si nasconde dietro una pastiglia: una scienza che non esaurisce i bisogni è una copertina troppo piccola per coprire. Una persona è molto, ma molto di più e dobbiamo guardarla da molto molto lontano per farla coincidere in controluce con l’immagine di una pastiglia. Ma c’è ancora chi ci prova a fare queste magie, i maghi oggi sono tutti coloro che cercano di far coincidere l’immagine di una persona … con una pastiglia. Non solo medici, infermieri, operatori sanitari, ma sofferenti a vario titolo e tempo ed anche famigliari, amici… tutti quelli che ancora non hanno scoperto la forza della relazione umana, del calore dell’amicizia, la gioia dei talenti che ciascuno di noi ha e che nessuna pastiglia può nascondere, offuscare… CI SONO!!! la copertina piccola piccola della pastiglia non li riesce a nascondere
premetto che non sono una esperta, ma sono un familiare, venuto qua a trieste con la speranza di percorsi diversi da quelli vissuti fino ad ora.Spesso ho il dubbio che i cosidetti”antipsicotici”non servano quasi a nulla, proprio perchè, credo anch’io che una base scientifica certa che faccia scaturire la malattia mentale,non ci sia. ma che a fronte di una predisposizione generale, incidano esperienze,traumi,difficoltà di accettazione di se stessi e carattere dell’individuo. anzi a volte mi chiedo, quanto questi non abbiano aggravato la situazione.
mi chiedo: ma se l’utente, nonostante i farmaci, che dovrebbero curare solo i sintomi positivi, non fanno effetto, che siano di prima o seconda generazione,ma provocano soltato scompensi a livello metabolico(aumento di peso)(insonnia), innescando così altri problemi alla persona stessa, a cosa servono? a noi familiari spetta per tutta la vita un compito arduo, difficile, a volte insostenibile. Per la mia attuale esperienza posso dire che almeno qui a trieste i familiari e l’utente hanno un grande aiuto da tutti gli “addetti”, nessuno escluso. e finisco col dire la parola magica “relazione umana”.
Persone.
Sì, siamo tutte persone.
Quelle che soffrono di più e quelle che soffrono di meno.
Quelle che riescono a fingere, ancorandosi alla loro corazza caratteriale, e quelle che non possono più fingere perchè un qualche corto circuito nel complesso sistema psico-neuro-bio-ormononale (ed altro ancora: come la storia dei propri Antenati, quella familiare, ecc.)li ha portati ad un crocevia senza via d’uscita.
Per un istante sono rimasti in bilico su una fune “tesa sull’abisso”, sospesi tra Cielo e Terra, tra Dio e l’umano, quell’umano-troppo umano di cui parlava Nietsche…
La mia malattia è esplosa così, da un giorno all’altro..
Dal benessere (finto anch’esso?) ma funzionante ed efficace, alla totale miseria psichica.
L’annichilimento, la paralisi della volontà, perfino della PAROLA, che di lì a qualche mese (dopo innumeroli tentativi di sedute terapeutiche e perfino farmaci) mi avrebbe portato ad invocare l’angelo dellla Morte!
Per mia fortuna nutrivo il dubbio che la dose di farmaci necessaria fosse troppo bassa e che di me restasse solo una povera scema dipendente a vita da tutto e da tutti…
Una valente psichiatra mi ha ricondotto sulla via farmacologica (inclluse lunghe sedute di dialogo) che, dopo mesi di inenarrabili sofferenze mi ha regalato finalmente un po’ di luce!
Ma ci sono voluti altri 20 anni di questa vita (mai per fortuna con tale profondità di malessere) per rinascere davvero…e tornare alla mia vera casa originaria!
Certo non sono stata con le mani in mano!
1 anno in India a imparare tecniche di guarigione e meditazione.
1 mese in thailandia per il massaggio Thai.
Lo Shiatsu e il Reiki 2° livello in Italia per anni.
Le Costellazioni Familiari per anni.
Lo Sciamanesimo Siberiano per anni.
Ho praticato Tai chi Chuan per anni.
Ecc.
Ho atraversato il mio inferno interiore, sostenuta da tutto questo,e grazie a questo ORA sono in grado di aiutare gli altri!
Le persone che mi chiedono aiuto trovano, in tempi rapidi, pace, serenità, perdono per stessi e per gli altri, vitalità, coraggio, creatività, amore!
Buon lavoro a tutti voi!
E un Augurio di pace e Amore!