La Commissione Affari Sociali della Camera non ha ancora deciso se adottare o meno il nuovo testo unificato proposto dal relatore Ciccioli in materia di riforma psichiatrica. Il voto avrebbe dovuto esserci questa settimana ma è slittato. Il governo è perplesso e il Pd è contrario
19 APR – La riforma psichiatrica presumibilmente non vedrà la luce in questa legislatura. A 34 anni dall’approvazione della legge 180/78, legge Basaglia, in Commissione Affari Sociali, tra le forze politiche, ci sono diversità di vedute sull’argomento che per il momento, nonostante il clima di collaborazione tra ex maggioranza ed ex opposizione, non sembrano facilmente sanabili. La proposta di adozione di nuovo testo unificato (che riassume le otto depositate) predisposta dal relatore Carlo Ciccioli, Pdl, infatti avrebbe dovuto essere votata questa settimana ma il tema non è stato affrontato.
Le perplessità del governo
Nel corso dell’ultima riunione della Commissione, 28 marzo, in cui si è affrontato il tema della riforma psichiatrica sono emerse forti le divergenze. Il governo, attraverso il sottosegretario Adelfio Elio Cardinale, come premessa ha fatto sapere “che è in corso di elaborazione un Atto di intesa con le regioni per la definizione di linee per l’assistenza sanitaria e sociale delle persone con disturbi mentali, nel rispetto del riparto di competenze tra Stato e regioni”.
Quindi entrando nel merito della proposta di testo unificato Cardinale ha osservato che “per quanto riguarda gli accertamenti sanitari obbligatori (Aso) e i trattamenti sanitari obbligatori (Tso) per malattie psichiatriche – articolo 4 del testo – a legislazione vigente, il Tso è un intervento di restrizione della libertà individuale che può essere imposto solo dalla Amministrazione sanitaria pubblica ad un paziente contro il suo consenso, a tutela della salute del paziente stesso e della collettività, quindi solo come misura eccezionale. Data questa sua natura, nutre perplessità in ordine al trattamento necessario extraospedaliero prolungato, di cui al successivo articolo 5”.
Sempre Cardinale sulla durata del Tso ha detto che deve “essere limitata al tempo occorrente all’efficacia dell’intervento ed al recupero del paziente, per cui non può essere temporalmente predeterminata 15 giorni. Ritiene, inoltre, che tutte le differenze di trattamento proposte, derivanti dalla suddivisione del Tso in diverse tipologie, non hanno ragione di essere”.
Per quanto riguarda invece i rapporti tra Università e Ssn che la proposta di legge prevede all’articolo 7 questi, ha detto il sottosegretario “riguardano una materia rientrante nella sfera di competenza regionale. Per quanto attiene, infine, al contenuto degli articoli 9 e 10 e, in particolare, i rapporti con i familiari dei pazienti, segnala che si tratta di argomenti che devono essere oggetto di documenti quali linee guida, percorsi assistenziali e procedure di consenso professionale; e non di norme di rango primario”.
Le contrarietà del Pd
Anna Margherita Miotto, capogruppo del Pd in Commissione ha espresso la sua contrarietà alla proposta. Innanzitutto, ha spiegato, c’è un una ragione di metodo: “alla fine della legislatura rimangano concretamente sei mesi di attività parlamentare, in una situazione generale in cui le risorse economiche sono assai limitate”. E dunque la Miotto ritiene “poco realistico pensare di addivenire all’approvazione di una legge in materia di assistenza psichiatrica, considerato lo stato dell’iter del provvedimento che, peraltro, comporta rilevanti oneri dal punto di vista finanziario”.
Per quanto riguarda il merito del provvedimento l’esponente del Pd ha fatto notare che “il testo predisposto dal relatore è invasivo delle competenze regionali e, quindi, andrebbe probabilmente incontro al parere negativo delle Commissione affari costituzionali e per le questioni regionali”. E dunque secondo la Miotto sarebbe preferibile “ricorrere ad altri strumenti, diversi da quello legislativo, quale ad esempio la presentazione di una mozione su questa materia”.
Ipotesi mozione raccolta da Paola Binetti (UdCpTP) “trattandosi di uno strumento di indirizzo che, in quanto tale, lascia ampi margini di libertà rispetto ad una normativa dettagliata”.
In sintesi i punti della riforma
Art. 1.
(Principi generali).
Il Ssn garantisce la promozione e la tutela della salute mentale del cittadino, della famiglia e della collettività attraverso i Dipartimenti di salute mentale (Dsm) istituiti presso le Aziende sanitarie locali. La cura, la prevenzione e la riabilitazione è in capo ai Dsm
Art. 2.
(Attività di prevenzione).
Il Ssn garantisce, mediante i Dsm, le attività di prevenzione dei disturbi mentali in ambito scolastico, lavorativo e in ogni situazione socio-ambientale a rischio psicopatologico.
Alle regioni il compito di adottare appositi protocolli per la prevenzione.
Art. 3.
(Attività di cura).
Il Dsm è il centro dell’attività terapeutica che eroga prestazioni assistenziali e sanitarie in ambito ospedaliero, territoriale, residenziale e semiresidenziale. Il Dsm coordina le proprie attività con quelle degli altri servizi sociali e sanitari presenti sul territorio.
La persona affetta da disturbi mentali può scegliere il medico, l’operatore sanitario e il luogo di cura. Le regioni devono assicurare la presenza di uno spazio operativo h 24 per gli interventi urgenti, le emergenze e le osservazioni psichiatriche. Le regioni istituiscono équipe mobili per le aree metropolitane e per interventi urgenti che sono garantiti h24 sia livello territoriale che domiciliare. In ogni Asl le regioni istituiscono, presso un Dsm, almeno un centro di ascolto e orientamento specialistico, finalizzato alle richieste provenienti dai pazienti. Il Dsm è organizzato in modo da poter svolgere funzioni assistenziali in ambito ospedaliero, domiciliare, territoriale, residenziale e semiresidenziale. Il Dsm assiste il malato in fase acuta e ne garantisce la presa in carico successiva al ricovero.
Art. 4.
(Gli interventi sanitari obbligatori e necessari).
L’intervento sanitario obbligatorio, l’accertamento sanitario obbligatorio (Aso) e il trattamento sanitario obbligatorio, assumono la definizione di trattamento sanitario necessario (Tsn) e sono attivate quando la garanzia della tutela della salute è ritenuta prevalente sul diritto alla libertà individuale del cittadino. L’Aso è proposto sia da un medico del Ssn, sia da un medico del Dsm. I Dsm devono prevedere strutture per l’effettuazione di un’osservazione clinica che non superi le 48 ore di degenza.
Il Tsn dura 15 giorni e può essere interrotto ove il paziente non presenti più le condizioni che lo hanno generato. Qualora tali condizioni permangano, dopo i primi 15 giorni, il Tsn può essere prolungato
Art. 5.
(Trattamento sanitario necessario extra ospedaliero).
Il Tsn extra ospedaliero prolungato dura sei mesi e può essere interrotto o prolungato e comunque non può essere protratto continuativamente oltre un anno. È disposto dal sindaco entro 48 ore dalla comunicazione ed è approvato dal giudice tutelare. Il trattamento necessario extraospedaliero prolungato è finalizzato a vincolare il paziente al rispetto di alcuni principi terapeutici, quali l’accettazione delle cure e la permanenza nelle comunità accreditate o nelle residenze protette, per prevenire le ricadute derivanti dalla mancata adesione ai programmi terapeutico-riabilitativi. Allo scopo di un’uniforme applicazione su tutto il territorio, il ministero della Salute, d’intesa con le regioni elaborale linee guida per l’attuazione degli interventi sanitari necessari.
Art. 6.
(Attività di riabilitazione).
Il Dsm assicura le attività riabilitative attraverso le strutture ambulatoriali, anche con interventi domiciliari; le strutture residenziali; le strutture residenziali o semiresidenziali di natura socio-assistenziale. Al Dsm il compito di attuare il reinserimento del paziente.
Art. 7.
(Rapporti tra DSM e le università).
Le cliniche psichiatriche universitarie sono tenute allo svolgimento di attività assistenziale sanitaria sovrazonale e ad assumere la responsabilità della tutela della salute mentale in un’area territoriale definita.
Art. 8.
(Obbligo del medico psichiatra del servizio pubblico di recarsi al domicilio del paziente).
Il Dsm assicura la visita a domicilio del paziente il prima possibile allo scopo di prevenire l’aggravarsi delle condizioni cliniche. In caso ciò non avvenga il direttore del Dsm deve dare alla direzione sanitaria dell’azienda, per iscritto, adeguate giustificazioni.
Art. 9.
(Obblighi di informazione nei confronti dei familiari).
Lo psichiatra del Dsm deve informare sullo stato di salute mentale del paziente e sulle cure necessarie i familiari o chi si prende cura abitualmente del paziente.
Art. 10.
(Disposizioni per garantire l’incolumità dei familiari).
Se la convivenza con la persona affetta da disturbi mentali può essere pericolosa il Dsm può cercare una soluzione residenziale alternativa.
Art. 11.
(Adempimenti delle regioni).
Le regioni entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge devono individuare le strutture residenziali di riabilitazione dove attuare il Tsn, garantendo almeno un posto per 20 mila abitanti. Se dopo due anni questo non è successo il Governo nomina un commissario ad acta che provvede ad adottare le misure necessarie per garantire l’attuazione della legge.
Art. 12.
(Copertura finanziaria).
Il costo calcolato per la realizzazione della proposta di legge è di 300 milioni annui.
(da Quotidianosanità.it)