Psichiatria in Toscana/5: L’auto aiuto
di Marco Lapi
Sulla breccia come e più degli altri. Nella lotta per la salute mentale, in prima linea non ci sono anzitutto psichiatri, personale infermieristico e familiari, ma gli stessi utenti dei servizi con il loro disagio e la loro sofferenza. Anche quando sembrano «lontani» se non addirittura «perduti». Ma alcuni che ce l’hanno fatta a uscirne, ce la stanno facendo o sono semplicemente più avanti in un percorso possono costituire l’autentica risorsa in più per aiutare gli altri a convivere con la malattia e piano piano, per quanto possibile, a venirne fuori. È l’«auto mutuo aiuto», o semplicemente «auto aiuto», e non è poi troppo diverso, nella forma, da quello che può instaurarsi tra chi tenta di uscire dal tunnel dell’alcool o di altre dipendenze. Con la differenza che il disagio psichico non è mai frutto di una scelta volontaria e cosciente.
Gli utenti, o «pazienti» secondo la terminologia medica, non sono quindi sono «oggetti» delle cure ma possono, anzi, devono in qualche modo diventarne anche soggetti attivi. Per questo è stato costituito a Firenze, presso la Casa della Cultura di via Forlanini 164, il Centro regionale per lo sviluppo dei gruppi di auto aiuto come «luogo di collaborazione per la promozione di iniziative volte alla lotta allo stigma, alla difesa dei diritti degli utenti e, non da ultima, alla contaminazione culturale per l’emancipazione degli utenti e del tessuto sociale tutto, attraverso un lavoro di sensibilizzazione della società relativa al “disagio mentale”». Termini forse non troppo immediati per indicare sostanzialmente l’abbattimento di quei muri e barriere comunque rimasti anche dopo la chiusura dei manicomi con l’avvento della legge 180.
Proprio presso la Casa della Cultura (che già nel 1980 ospitò un primo gruppo di auto aiuto al di fuori dei servizi, gestito dallo psichiatra Pino Pini), è stata presentato nei giorni scorsi in una conferenza stampa un programma di iniziative promosso dallo stesso Centro, dall’Aisme (Associazione italiana per la salute mentale) e dalla Rete regionale toscana utenti salute mentale, associazione di utenti provenienti da diverse province della Toscana che, attraverso un protocollo d’intesa con la Regione, la stessa Aisme e appunto la Casa della Cultura ha costituito un gruppo di lavoro relativo a queste tematiche. Nell’occasione, la presidente regionale della Rete Maria Grazia Bertelloni (della provincia di Massa Carrara), il vicepresidente Roberto Pardini (Pisa) e Donatella Miccinesi per Aisme e Casa della Cultura hanno illustrato filosofia e obiettivi del Centro e, in particolare, delle iniziative in programma. Precisando, in partenza, che sullo stesso concetto di auto aiuto esistono due scuole di pensiero, una che lo vuole necessariamente gestito da professionisti, l’altra che lo vede invece in mano agli stessi utenti. Due percorsi certamente distanti e, almeno in passato, conflittuali, che ora questa esperienza cerca di mettere assieme, comunque nella convinzione che proprio gli utenti debbano avere un ruolo ben maggiore.
Dal canto suo, la Rete regionale toscana Usm ha tra i suoi obiettivi la tutela degli stessi utenti nei vari territori e anche la costituzione di un coordinamento nazionale, che sarà oggetto della sua quinta conferenza regionale in programma presso la stessa Casa della Cultura il 20 e 21 aprile. Al momento sono già state registrate adesioni da Piemonte, Lombardia, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche, Lazio, Molise, Campania e Sicilia. Particolarmente interessante l’esperienza pisana descritta dal vicepresidente Pardini, che ha sottolineato tra l’altro come sul territorio siano presenti tantissime associazioni di familiari ma ancora poche di utenti. «Siamo pionieri preparati – ha affermato – perché ci siamo mossi e formati da tempo, utenti identificati come in grado di aiutare altre persone proprio per la stessa esperienza della malattia. Nei gruppi di auto aiuto ci può essere infatti un facilitatore e coordinatore; a Pisa e dintorni ne abbiamo 12. Facciamo i gruppi in luoghi non istituzionali; sono luoghi dove si parla non solo di malattia e sono aperti a tutti coloro che vogliono partecipare, ma non ad “esterni”, ovvero non utenti. Abbiamo il Progetto Mare Costa per vacanze organizzate autogestite, e il centro di socializzazione “L’Alba”, con bar e ristorante ugualmente autogestiti ma questi realmente aperti a tutti. Vogliamo “contaminare” territori per far vedere che si può sopportare il disagio mentale ma non essere cancellati dalla società».
Altre esperienze in Toscana sono in corso ad esempio a Livorno, Arezzo, Siena e Massa, e se spesso, come nei casi di Firenze e Pisa, le strutture d’appoggio sono rappresentate da circoli Arci, altrove può essere invece una parrocchia. L’obiettivo è comunque il superamento dello stigma e la dimostrazione, a se stessi prima ancora che agli altri, che chi ha avuto o chi ha una malattia mentale non è assolutamente perduto e può comunque avere voce in capitolo.
Con le stesse associazioni dei familiari non c’è spirito di contrapposizione ma di collaborazione; è forse più sul versante dei professionisti e dei servizi che si attende un cambiamento anche culturale che ha bisogno di tempi lunghi, soprattutto in situazioni più critiche come quella fiorentina, su cui avremo modo di ritornare prossimamente. Ma gli utenti della Rete non si scompongono, e a chi li rimprovera di essersi «ghettizzati» dentro una simile associazione rispondono: «Il fatto è che ai tavoli che decidono su di noi ci vogliamo stare anche noi, e questo è tutt’altro che ghettizzante. E se i tempi sono lunghi non importa; a noi va bene così».
Le iniziative in programma presso la Casa della Cultura di Firenze
Il programma di iniziative promosse da Rete regionale toscana Usm, Centro regionale per lo sviluppo dei gruppi di auto aiuto e Aisme ha preso il via venerdì 9 marzo alla Casa della Cultura con la proiezione di un film documentario sulle buone e le cattive pratiche di salute mentale nelle regioni italiane, realizzato dall’associazione bergamasca «Liberamente», e una discussione con il facilitatore sociale spezzino Stefano Bianco. Il prossimo incontro, la mattina di martedì 27 marzo sempre a Firenze nella Sala delle Miniature di Palazzo Vecchio, sarà un seminario curato dall’Aisme sulle «Convenzioni delle Nazioni sui diritti delle persone con disabilità», mentre, presso la Casa della Cultura, il giorno successivo avrà luogo l’incontro con un gruppo di ospiti danesi sui percorsi dell’auto aiuto psichiatrico, e venerdì 30 sarà presentato il libro «Dare un senso alle voci», in collaborazione con il gruppo Uditori di Voci di Prato. Sempre presso la Casa della Cultura, il 20 e 21 aprile si svolgerà la quinta conferenza della Rete Usm (vedi articolo), e il 3 e 4 maggio il seminiario formativo «Da dentro la malattia per l’emancipazione».
Psicoeducazione per il disturbo bipolare
Un’iniziativa come se ne vedono poche, con la partecipazione (tra l’altro numerosa) di operatori del settore, familiari e utenti. È grande la soddisfazione dell’associazione «Intrecci» per il successo del convegno «La psicoeducazione nel disturbo bipolare: intrecci di esperienze tra pazienti, familiari, volontari e professionisti della salute mentale», svoltosi lo scorso 2 marzo nell’Aula magna del Nuovo Ingresso dell’Ospedale di Careggi e promosso in collaborazione con le associazioni Fenice ed Emis, la Caritas e il consultorio familiare Il Campuccio. Ospite di riguardo, la dottoressa Maria Reinares dell’Hospital Clinic di Barcellona – Bipolar Disorder Program, centro di riferimento internazionale per gli studi sul disturbo bipolare, uno dei principali e più impegnativi disturbi psichiatrici, un tempo noto come psicosi maniaco depressiva per la sua caratteristica di alternare fasi di depressione profonda con altre di iperattività ed euforia, spesso tra l’altro accompagnato da deliri e allucinazioni. Data la difficoltà di questa malattia, che comporta tra l’altro un elevato rischio di suicidio, la psicoeducazione mira ad aumentare la loro conoscenza nei suoi confronti per facilitare poi l’adesione a un programma terapeutico, oltre a consentire – sottolinea l’associazione – una diminuzione dello stigma e dare «consapevolezza, dignità e vero “potere” al cittadino malato».
Oltre alla Reinares e a pazienti volontari esperti, al convegno hanno preso parte il presidente di «Intrecci» Franco Bazzi, il direttore della scuola di specializzazione in psichiatria di Firenze Stefano Pallanti e la sua equipe di specializzandi, il responsabile dell’Unità funzionale psichiatrica di Firenze Sandro Domenichetti, il fondatore del forum www.sfidabipolare.it Gabriele Quartieri, la presidente della Società della Salute Zona Fiorentina Nord-Ovest Caterina Conti, la psicologa Asl Rosanna Perone e lo psichiatra Asl Andrea Cicogni, «pioniere» della psicoeducazione nell’area fiorentina.
(da Toscanaoggi.it)