Titolo: Psichiatria da protagonisti. Dall’esperienza di utenti e familiari un Servizio di salute   mentale ideale 
Autore:  Paolo Giovanazzi e Andrea Puecher
Editore: Erikson
Numero di pagine: 218
Prezzo di copertina: 20,00 euro
Anno di pubblicazione: 2022

Se esaminiamo la storia della psichiatria, vediamo emergere nomi di grandi psichiatri, ma del malato di mente esistono solo denominazioni, etichette: isteria, schizofrenia, mania, astenia ecc. La storia della psichiatria è storia degli psichiatri, non storia dei malati. 

Franco Basaglia, Conferenze brasiliane, 1979, (p. 4)

Quell’operatore mi stava descrivendo bipolare quasi come mi raccontasse la trama di un film che aveva visto. Ma non si era accorto che davanti a lui aveva il protagonista di quel film?

Andrea (utente) 

Psichiatria da protagonisti è un libro scritto da Paolo Giovanazzi e Andrea Puecher con l’intento di far emergere la voce degli utenti dei Servizi di Salute Mentale e dei loro familiari. Sono proprio questi ultimi i “protagonisti” del testo, e di quella psichiatria sociale, tutta da attualizzare, che ha rappresentato l’essenza della Riforma psichiatrica. L’iniziativa del libro prende avvio dall’esperienza dei volontari, utenti, e familiari dell’Associazione Il Cerchio FareAssieme Onlus, convenzionata con l’azienda sanitaria trentina, i quali forniscono le indicazioni per la costruzione di un Servizio di Salute Mentale ideale che dia finalmente piena attuazione alla legge 180/1978.

L’intenzione di chi scrive è quella di non lasciare ai soli specialisti il mestiere della cura, ma stimolare la necessaria assunzione della responsabilità comune verso questa tematica, come riappropriazione personale e collettiva di un bene che non può essere interamente delegato ai tecnici. La volontà è quella di sostenere l’importanza del dialogo e della collaborazione, prima di tutto tra operatori, e tra operatori e utenti e familiari, e nondimeno tra i Servizi di Salute Mentale e i Servizi socio-educativi, e con le associazioni del Terzo settore, con quelle sportive e ricreative sul territorio.

Come prima tematica il libro affronta il problema della malattia mentale nella nostra società, e l’impatto della diagnosi sulle persone e sulle famiglie, unitamente alla necessità di un cambiamento nel modo di considerare la malattia mentale ancora oggi spesso ignorata nei suoi significati. A tal proposito, i due autori citano le parole di Franco Basaglia, ancora aggi attuali, le quali incoraggiano a continuare l’opera di cambiamento, non solo sanitaria ma soprattutto culturale, attuata con la Riforma psichiatrica: «La società per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia». Gli autori si chiedono, «quanto si conosce ancora la follia nel mondo di oggi?». (p. 16) 

Una volta in manicomio un’ammalata mi appioppò un sonoro ceffone. Il primo istinto fu quello di renderglielo. Ma poi presi quella vecchia mano e la baciai. La vecchia si mise a piangere. “Tu sei mia figlia”, mi disse. E allora capii che cosa aveva significato quel gesto di violenza.

Di fatto, non esiste pazzia senza giustificazione e ogni gesto che dalla gente comune e sobria viene considerato pazzo coinvolge il mistero di una inaudita sofferenza che non è stata colta dagli uomini.

Alda Merini, 1986, (p. 77)

Lo stigma legato alla malattia mentale è un problema ancora oggi molto diffuso, che investe troppo spesso in modo violento la persona che esprime un bisogno e la sua famiglia. Per tale ragione è necessario riservare a questa tematica l’attenzione necessaria, e ripensare il modo di fare salute mentale e il linguaggio utilizzato per definire la fragilità vissuta. Una politica di demedicalizzazione è sicuramente auspicabile, unitamente alla progettazione di attività di sensibilizzazione e informazione, a partire dalle scuole fino ad arrivare alla stessa formazione degli operatori, e sul territorio, che portino una nuova consapevolezza rispetto al concetto di vulnerabilità quale fatto specificatamente umano. 

Il cambiamento desiderato necessita della presenza delle persone interessate: questo è il messaggio che giunge potente dalla lettura del testo. Non è possibile pensare alla costruzione di una nuova cultura e di buone prassi senza prendere in considerazione l’esperienza delle persone che hanno attraversato l’esperienza del disagio psichico, e degli altri significativi, i quali dovrebbero sempre affiancare i professionisti sia nei convegni che nei Centri di Salute Mentale; una possibilità, quest’ultima, di integrazione dei saperi certamente interessante per la costruzione di buone pratiche. Gli “Utenti Esperti per Esperienza” rappresentano delle risorse preziose poiché possono mettere al servizio di altri il loro vissuto, trasformando qualcosa di doloroso in qualcosa di prezioso. In tal senso possiamo parlare di recovery e il riferimento è alla possibilità di essere attivi nel proprio percorso di guarigione. Questa idea di cura rientra appieno in una filosofia della demedicalizzazione. Lo stesso vale per la figura dei familiari. Essi, infatti, come “Utenti Familiari Esperti”, possono offrire il loro apporto. La presenza di utenti e di familiari, esperti per esperienza, è auspicabile nei Servizi, ad esempio nei punti di prima accoglienza, come anche nelle attività di gruppo.

Il servizio ideale non può esaurirsi al Centro di Salute Ideale, e men che meno nei ricoveri ospedalieri (SPDC- Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura) per fronteggiare la crisi; il servizio deve sapersi espandere sul territorio, coinvolgere gli ambiti sociali e relazionali, saper utilizzare le risorse che le reti di comunità rappresentano. Saper navigare il mare della complessità». (p. 63)

Tale impegno richiama al dovere sia le istituzioni che la politica, che stanno disattendendo il loro compito. L’importanza di investire in Servizi aperti 24h, nella presenza di personale per un’accoglienza costante della persona che non ce la fa da sola, è sicuramente una questione che deve tornare al centro della discussione per una società che possa dirsi capace di accogliere le necessità dei suoi cittadini.

L’impegno, chiaramente, non si esaurisce nelle attività di competenza delle istituzioni ma  esige la ferma volontà di non assentire ad alcuna forma di violenza sui più fragili. Rispetto a questo è imprescindibile che vi sia una partecipazione concreta della collettività al delicato tema della salute mentale, cosa che non può essere demandata ai soli tecnici ma che deve diventare riappropriazione personale e comunitaria, quale dimensione etica fondamentale. In tal senso si tratta di riportare la cura all’interno di una visione umanistica del bisogno, nella quale ognuno è chiamato a dare il proprio contributo, con la partecipazione concreta e la disponibilità a fare qualcosa per migliorare il presente. Come afferma Eugenio Borgna «la psichiatria è innanzitutto gentilezza» ma «non occorre essere psichiatri per esercitare la gentilezza». (p. 74) 

La gentilezza, come anche la disponibilità verso il sostegno delle necessità di ogni persona, è qualcosa che attiene alla virtù, e rappresenta in tal senso una possibilità di esercizio e di pratica per ognuno di noi.

da: filosofiaeclinica