Vallo della Lucania (Salerno), 31 gennaio 2012 –
Al Tribunale di Vallo della Lucania, nel pomeriggio, come fissato, continua il processo contro i sei medici e i dodici infermieri del reparto di psichiatria dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania, imputati per la contenzione durata ottantatre ore, e per la morte del maestro elementare di Castelnuovo Cilento, Francesco Mastrogiovanni, avvenuta la notte del 4 agosto 2009 per edema polmonare in una stanza-cella dell’ospedale di Vallo della Lucania.
E’ stata un’udienza lunga e affollata. E’ l’ultimo giorno utile per ascoltare i testi e i difensori degli imputati, e dopo il duro richiamo della precedente udienza da parte del Presidente, Dr.ssa Elisabetta Garzo, li hanno convocati tutti nella speranza di discolpare i propri assistiti. Sono una ventina, ma ne vengono ascoltati solo quattordici. Ad alcuni testi i difensori rinunziano e per quelli che non si sono presentati rinunziano a chiedere l’accompagnamento coatto. Sono medici e infermieri e nelle loro deposizioni tracciano un quadro idilliaco del reparto di psichiatria dell’ospedale di Vallo della Lucania e del lavoro dei loro colleghi. E’ scontato che gli imputati sono ottime persone, attente e scrupolose nel loro lavoro, rispettose dei diritti e della dignità dei pazienti. La contenzione mai vista e mai praticata, ma poi le dottoresse ammettono che la praticavano, precisando che ogni quindici, massimo ogni venti minuti (bontà loro!) slegavano i pazienti, che i pazienti – anche se legati ai polsi e alle caviglie – erano liberi di muoversi nel letto di contenzione. Addirittura una dottoressa dice che erano gli stessi pazienti a chiedere di essere legati. Il tribunale ne prende atto e quasi verrebbe la voglia di conferire un riconoscimento al merito a queste dottoresse così ubbidienti alle richieste dei ricoverati. E se i malati avessero implorato di essere slegati?…
Però tutte le deposizioni si riferiscono ad anni precedenti al 2009: sono dunque lontane dall’episodio per il quale è in corso il processo. In ogni modo le dottoresse monitoravano continuamente i pazienti, bastava una richiesta qualsiasi perché accorressero ai loro letti, anche se una dottoressa si lascia sfuggire il termine «capezzale» e il capezzale – nella lingua italiana – è quello che ospita un moribondo. I difensori degli infermieri si sforzano di far emergere che i loro assistiti non potevano prendere iniziative autonome ed erano tenuti a fare quello che stabilivano i medici.
Per quanto riguarda Mastrogiovanni c’è un testimone, per adesso muto, allegato agli atti del processo, che è l’agghiacciante video dell’orrore che mostra le interminabili ottantantre ore nelle quali Mastrogiovanni, senza aver fatto assolutamente nulla per meritarselo, anzi senza averlo chiesto, è stato ininterrottamente contenuto ai polsi e alle caviglie e a prova del colpevole abbandono in cui era tenuto è l’innegabile ritardo della scoperta della sua morte, avvenuta ben sei ore dopo dal momento in cui il suo cuore cessa di battere. Quel video immancabilmente «parlerà » il giorno della sentenza… E se su quel video non si leggesse la data e l’anno potrebbe essere tranquillamente proiettato durante le visite delle scolaresche ai campi di concentramento nazisti. Invece tutto questo è accaduto nell’anno del signore, 2009, in una sala-lager dell’ospedale di Vallo della Lucania.
Con la dott.ssa Di Matteo, il P.M. Dr. Renato Martuscelli si sofferma a ricostruire i momenti della cattura di Francesco Mastrogiovanni, avvenuta sulla spiaggia di Acciaroli la mattina del 31 luglio 2009. Anche qui è stato tutto regolare, anzi il povero ma violento Mastrogiovanni l’ha minacciata con le pietre, l’ha offesa rivolgendole improperi che la dottoressa si schermisce dal ripetere, dicendo che ha «perdonato ». La dottoressa, arrivata sulla spiaggia contemporaneamente all’arrivo della motovedetta della Capitaneria del porto di Acciaroli, dice anche che aveva avuto i certificati regolarmente firmati dal sindaco di Pollica, altrimenti non avrebbe eseguito il TSO. La dottoressa però ignora che il tenente dei vigili del comune di Pollica, Graziano Lamanna, ha riferito, sotto giuramento, che il sindaco di Pollica, avvertito solo telefonicamente, non aveva visionato i certificati, anzi il TSO lo aveva ordinato la notte del 30 luglio senza l’avallo di alcun certificato medico. La dottoressa – a meno che non ignori la geografia del Cilento – non ci spiega come mai, operando sulla spiaggia del Comune di San Mauro Cilento, invece di rivolgersi al sindaco del Comune di San Mauro Cilento, per la convalida del TSO si sia rivolta al sindaco di Pollica. Il P.M., riferendosi ai precedenti TSO di cui è stato vittima Mastrogiovanni, sottolinea che l’agitazione avveniva sempre nel mese di agosto. In una precedente udienza il P.M. dichiarò che la deposizione della signora Licia Musto, la proprietaria del campeggio presso il quale Francesco Mastrogiovanni trascorreva le sue vacanze, e alla quale disse: «Non fatemi portare all’ospedale di Vallo, perché lì mi ammazzano», era «ininfluente».
Momenti di tensione si sono avuti quando la Cirillo, imputata e teste, nonché capo infermiera del reparto di psichiatria, si è avvicinata al tavolo della presidenza del tribunale disturbando l’udienza in corso e, richiamata dal presidente, ha reagito in malo modo e con arroganza. E’ la stessa che nella precedente udienza si era allontanata.
C’è anche da notare che la stragrande maggioranza dei testi, pur svolgendo un lavoro pubblico, non ha acconsentito ad essere ripresa dalle emittenti Uno Tv di Sala Consilina e La Set di Vallo della Lucania, che seguono il dibattimento processuale.
Scontri finali tra il presidente, Dr.ssa Elisabetta Garzo e alcuni legali della difesa degli imputati sulla data della prossima udienza, prevista – secondo il calendario stabilito da tempo – per il 14 febbraio 2012, perché in quella data ricade la festa dell’amore. In nome dell’amore, di quell’amore che i propri assistiti hanno dimostrato di non avere nei confronti dei pazienti, hanno chiesto il rinvio dell’udienza al mese di marzo, adducendo che i loro consulenti erano impegnati. Purtroppo per gli avvocati richiedenti, la dott.ssa Garzo ha replicato che il 14 febbraio è una festa commerciale e quindi tutt’al più poteva o anticipare o posticipare d’una settimana l’udienza, perché non è pensabile che, avendo calendarizzato due udienze nel mese di febbraio, non si tengano e alla fine – dopo un vivace battibecco e dopo che gli avvocati si sono attaccati ai propri telefonini – il presidente ha stabilito che il 14 febbraio, essendo un giorno lavorativo, ci si vede tutti in aula. Tutti in aula, dunque, in nome dell’amore per la giustizia e per la dignità umana.
Scopo degli avvocati è guadagnar tempo e ritardare la sentenza, perché, procedendo di questo passo, temono che la sentenza possa essere pronunziata – come a un membro del Comitato è capitato per caso di ascoltare, fuori dall’aula del tribunale, da un avvocato della difesa degli imputati – prima di Pasqua.
Infine il Comitato Verità e Giustizia per Francesco Mastrogiovanni ritiene che anche nell’udienza del 31 gennaio sia continuata la Caporetto per i difensori e per gli imputati.
(G. G.)
Il Comitato Verità e Giustizia per Francesco Mastrogiovanni
Vincenzo Serra, Giuseppe Tarallo, Giuseppe Galzerano
Per ulteriori informazioni, si può telefonare a
Vincenzo Serra, 0974.2662
Giuseppe Galzerano, 0974.62028
Giuseppe Tarallo, 0974.964030
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