Il rifiuto della contenzione è una scelta forte che richiede di essere rinnovata ogni giorno fino a che diventa ovvia e definitiva.
“Una mattina di primavera al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Trieste arrivano due auto: una è la volante della polizia, l’altra è una 126 civile. Dalla volante scendono due agenti e un signore ammanettato grande e grosso che trattengono a fatica. Accorrono altri tre uomini che erano nella 126. L’uomo urla e si divincola, agitando i pugni e minacciando tutti. Solo a stento i cinque riescono a tenerlo fermo.
Dal servizio psichiatrico di diagnosi e cura accorrono uno psichiatra e due infermieri. Pur essendo operatori esperti, non riescono ad avvicinarsi all’ uomo che continua a difendersi, a rincantucciarsi, rovescia un tavolino, dà calci contro una barella vuota.
Lo psichiatra trattiene gli agenti di polizia che sarebbero disposti a intervenire con la forza e chiede che vengano tolte le manette. Cerca di mantenere nei limiti del possibile la calma e fare spazio intorno alla persona.Intanto i tre della 126 si spiegano: l’uomo è un loro collega di ufficio che, di colpo, ha dato fuori di matto. E’ venuto a lavorare a Trieste da poco meno di un anno. Vive solo.
Gli infermieri e lo psichiatra cercano di proteggere l’uomo standogli vicino: non gli si avvicinano mai troppo, non gli stanno mai addosso, non lo stringono mai in un assedio, tengono la distanza in maniera quasi affettuosa, rispettosa. La loro manifesta tranquillità nasconde una tensione che si taglia col coltello.
E intanto il tempo passa.
Dopo due ore, la tensione dell’uomo, la sua abissale paura si vanno esaurendo.
Allora lo psichiatra riesce ad avvicinarsi di più fino a toccarlo. ” Si lasci aiutare ” gli dice.
L’uomo è sfinito e accetta. Dopo ancora un’ora di trattative gli viene proposto un farmaco. Ora gli infermieri, un ragazzo e una ragazza, gli stanno molto vicino. Gli offrono un bicchiere d’acqua. Dopo altre trattative accetta di prendere un farmaco, gli viene fatta un’endovena di ansiolitico e quasi subito l’uomo si addormenta.
Dopo 6-7 ore di sonno l’uomo si sveglia e sta bene.I colleghi tornano a fargli visita e, dopo un breve colloquio con lo psichiatra e dopo che la sua famiglia è stata informata dell’accaduto, se ne vanno. Torneranno all’indomani per riportarlo a casa.
La storia mi è stata raccontata da Bruno Norcio, amico carissimo, all’epoca responsabile del Spdc.