“La guerra dentro – La psichiatria italiana tra fascismo e resistenza 1922-1945” prefazione di Valeria P. Babini. Ombre Corte, pagg. 282- Euro 22,00 -Anno 2008.
A settant’anni dalla scoperta dell’elettroshock e dal Manifesto degli scienziati razzisti, questo lavoro prende in esame il rapporto tra psichiatria e fascismo, e le lacerazioni che esso aprì tra gli psichiatri: tra quanti, entusiasti o rassegnati, aderirono al regime, e quanti, prima e dopo 1’8 settembre, vi si opposero; tra chi sostenne, dopo il razzismo coloniale, anche quello antisemita, e chi ne pagò le conseguenze con le leggi razziali, la Carta di Verona e l’invasione tedesca; tra i tanti che rimasero ancorati ai vecchi paradigmi scientifici, e i pochi che invece cominciarono a esplorarne di nuovi. In Germania, in quegli anni, la ricerca della “perfezione della stirpe” investì il malato di mente prima di ogni altro. Voci coraggiose si levarono in sua difesa. Anche in Italia se ne discusse, ma l’ipotesi fu unanimemente respinta. Solo di recente molti di questi avvenimenti sono diventati oggetto di indagine storica. Questo lavoro ne propone un primo sguardo d’insieme, individuando nella “guerra dentro” una sorta di paradigma inter-pretativo che accomuna fenomeni eterogenei: la guerra come stato d’a-nimo di alcuni e trauma emotivo di altri, ma anche come condizione di morte dentro il gruppo e dentro il territorio, ospedali psichiatrici compresi – dove la mortalità tra gli internati, esposti alla fame, al freddo, alla tubercolosi e ai vincoli del manicomio, aumentò enormemente.
Come scrive Valerla Babini nella prefazione, uno dei molti meriti di questo libro non è solo quello di informarci su un popolo di esclusi, i “matti”, e su una vicenda che riguarda alcune delle pagine meno note della storia della psichiatria italiana, ma anche quello di fornire un contributo importante alla costruzione di una storia civile e culturale dell’esclusione, “dove la guerra è vista con gli occhi e nei corpi dei ricoverati in manicomio”.