di Antonella Calcaterra.
A ridosso di un termine importantissimo è necessario pretendere l’invio alle competenti commissioni parlamentari dei programmi regionali di attuazione del superamento degli ospedali psichiatrici ed auspicare una corretta lettura del dettato normativo di cui alla Legge 9, come modificata dalla legge 57 del 2013, cui detti programmi dovrebbero ispirarsi.
Purtroppo i segnali che arrivano danno conto di un’interpretazione fuorviante e di principi di “deistituzionalizzazione” per lo più disattesi, in ragione di logiche funzionali a politiche di contenimento di paure collettive reali o presunte.
Non possiamo assistere, e non sarà accettato, che si perdano di vista i principi ispiratori della legge novellata laddove esplicita in maniera chiara ed inequivocabile al comma 6 che ogni programma regionale deve prevedere “oltre agli interventi strutturali”… “attività volte progressivamente ad incrementare la realizzazione di percorsi terapeutici-riabilitativi di cui al comma 5, definendo tempi certi e impegni precisi per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, prevedendo la dimissione di tutte le persone internate per le quali l’Autorità giudiziaria abbia già escluso o escluda la sussistenza della pericolosità sociale, con l’obbligo per le aziende sanitarie locali di presa in carico all’interno di progetti terapeutico riabilitativi individuali che assicurino il diritto alle cure e al reinserimento sociale, nonché a favorire l’esecuzione di misure di sicurezza alternative al ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario o all’assegnazione a casa di cura e custodia”.
I percorsi terapeutici riabilitativi di cui al comma 5 devono essere “finalizzati al recupero e al reinserimento sociale dei pazienti internati provenienti dagli OPG”.
Il termine entro il quale il Ministero della Salute ed il Ministero della Giustizia devono comunicare alle competenti commissioni lo stato di attuazione dei programmi regionali è quello del 30 novembre 2013.
La maggior parte delle regioni in questi mesi ha perso il filo logico del dettato normativo.
Le delibere emanate in vista ed in funzione della realizzazione dei programmi attuativi evidenziano la prevalenza assoluta di politiche di inclusione degli internati attraverso la costruzione delle nuove REMS (residenze esecuzione misure di sicurezza).
Si delinea quanto paventato sin dall’inizio, e cioè che la riforma Marino non si traducesse in altro che nella costruzione di nuove strutture ove spostare “tanti quanti erano” gli internati. I cosiddetti miniopg.
Ma la legge prevede molto altro e bisogna pretendere la corretta attuazione dei principi giuridici ivi contenuti.
La discrasia tra il dettato normativo ed i contenuti regionali dei progetti di impiego delle risorse per dare attuazione a quella stessa legge era tanto evidente da rendere necessario un fermo intervento del Ministero della Salute. Con una nota programmatica del 29 ottobre 2013 gli assessorati regionali sono stati invitati a non disattendere i principi sottesi alla legge 9, e cioè i principi di umanizzazione della cura, di inclusione sociale attraverso percorsi terapeuti riabilitativi e, conseguentemente, a prevedere anche il potenziamento delle risorse territoriali e non solo la costruzione di nuovi posti letto.
Una simile e corretta programmazione richiederebbe anche tempi più rapidi e potrebbe scongiurare un’altra proroga in danno di chi continua illegalmente ad essere internato in quei luoghi definiti di autentico orrore.
La legge 9 contiene elementi qualificanti che si ispirano ai principi già sanciti con forza dalle sentenze della Corte Costituzionale con le sentenze 253/2003 e 367/2004.
Quella stessa legge, in vigore ormai dal febbraio 2012, impone la dimissione di chi non ha più pericolosità sociale. Solo 400 internati sono stati dimessi in questi 2 anni: evidentemente pochi.
E’ di tutta evidenza, inoltre, che a fronte di un dettato normativo che prevede dimissioni immediate e percorsi alternativi non appaia necessaria la creazione di tanti posti letto quanti sono i numeri attuali.
Il dato preoccupante è che il numero dei posti letto programmati dalla Regioni (1.022) coincide pericolosamente con il numero attuale degli internati.
La programmazione sottesa deve essere finalizzata all’applicazione delle nuove norme che, inutile ribadirlo, favoriscono misure di sicurezza alternative con percorsi di cura territoriali e di inclusione sociale e la dimissione di chi da troppi anni è internato in assenza dei presupposti di legge e che in palese violazione di principi costituzionali continua ad essere trattenuto.
Anche la psichiatria chiede di avere risorse per realizzare quanto previsto dalla Legge 9 e chiede interlocuzione con gli operatori che lavorano intorno al percorso di cura dell’autore di reato con problemi connessi alle malattie mentali. E’ da sperare che sia la volta buona, ma è evidente che necessitano di forza e risorse.
Il momento dunque è cruciale.
L’Osservatorio carcere e l’unione delle Camere penali vigilerà con la massima attenzione affinché i progetti attuativi della Legge 9 non si risolvano in percorsi di istituzionalizzazione ed ospedalizzazione delle misure di sicurezza ma realizzino appieno i principi giuridici sanciti dalla Legge dello Stato.
Principi che trovano il loro fondamento nella legge 180 e negli esiti di quelle prassi e nel pieno rispetto della dignità dell’uomo anche e comunque.