Ne discutiamo Martedì 24 settembre 2013, ore 10.00
con Peppe Dell’Acqua e Renzo De Stefani
Camera del Lavoro Metropolitana di Milano, Corso di Porta Vittoria, 43, Sala Buozzi
La persona con problemi di salute mentale è un cittadino come tutti gli altri? È un cittadino che può godere a pieno titolo del diritto costituzionale? Del diritto alla cura e alla salute nel rispetto della libertà, della dignità e dell’inviolabilità del corpo come l’art. 32 recita?
Con la legge 180 del 1978 è stato compiuto un passo storico nella conquista della democrazia, della libertà e dei diritti delle persone con problemi di salute mentale. Oggi, in uno spirito di continuità con la 180, c’è bisogno di una nuova legge che promuova la partecipazione di utenti, familiari e operatori e cittadini nei processi di cura?
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CONSIDERAZIONI SULL’INCONTRO DI MILANO di Renzo Destefani, Referente Nazionale “Le Parole Ritrovate”
Grazie ancora alla CGIL lombarda per aver organizzato martedì scorso alla camera del lavoro di Milano l’incontro su 180/181. È stata, dal mio punto di vista, una occasione importante per sentire pareri, anche molto diversi, su una questione che ci sta a cuore a tutti: far si che i servizi di salute mentale siano i ‘migliori’ possibili.
Perché su questo abbiamo sentito tutti, ma proprio tutti gli intervenutåi nel dibattito, lamentare inadempienze, mancanze, storie di cattiva psichiatria. Un po’ meno chiaro nella foga della discussione, e anche nell’intervento di Peppe dell’Acqua di ieri, il rapporto tra 180 / cattivi servizi / 181 / futuro.
La posizione di Parole ritrovate è chiarissima e mi fa piacere qui ribadirla.
La Legge Basaglia 180/1978 è il frutto di una grande rivoluzione culturale che ha portato alla chiusura dei manicomi, terribili emblemi di morte civile e che ha ridato dignità al malato e alla sua famiglia. La legge 180 ci ha lasciato un impegno di quelli che vanno onorati: offrire ai malati e alle loro famiglie una rete di servizi efficienti ed efficaci ‘inventando’ letteralmente un modello di cura tutt’altro che semplice e scontato. Naturalmente non ci ha detto come farlo. Non era nata per questo, lei, una legge quadro di pochi, grandi principi. Del resto, non era possibile nel lontano ’78 esplicitare il come dare gambe compiute a quella rivoluzione.
Quindi diamo alla 180 tutti i suoi grandi meriti e diamo ai tanti uomini che, in Italia non hanno saputo fare il loro ‘dovere’, nel dare gambe e concretezza a quei principi, le loro ‘brutte’ responsabilità.
Avendo chiaro che la 180 ha 35 anni e 4 mesi e che in questo tempo enorme i segnali giunti dalle istituzioni (Parlamento. Regioni, ASL, DSM) sono stati evidentemente insufficienti a produrre gli effetti desiderati, rispondiamo ora alla domanda che unisce la maggioranza di noi: come fare a far diventare ‘migliori’ i cattivi servizi?
Aspettiamo che chi sin qui ha dormito si svegli all’improvviso? Continuiamo a sopportare episodiche diatribe tra detrattori e fautori della 180, pur se consapevoli che sono discussioni del tutto inutili perché la 180 è consegnata, per fortuna, alla storia, e nessuno può seriamente pensare ad ‘abolirne’ l’etica che la legittima? O restiamo in silenzio a macerare in quel dolore assoluto di cui tante famiglie non riescono a vedere la fine? O apriamo fronti di lotta tra servizi e familiari o tra associazioni e assessorati di vario tipo per vincere una guerra che non può esistere?
Le Parole ritrovate non credono di avere la ricetta magica, ci mancherebbe! Però in quasi 15 anni di vita qualcosa abbiamo imparato e vogliamo metterlo a disposizione di quanti vogliono ascoltarlo o condividerlo. Anzitutto scambiandoci esperienze, alla pari. Migliaia di utenti, di familiari, di operatori, di cittadini, in tutta Italia, hanno coltivato la pratica del confronto e della costruzione di un sapere comune. Quello che chiamiamo il fareassieme. E sempre, esercitando questo paziente lavoro di democrazia plurale, abbiamo fatto qualche passo, fosse anche quasi invisibile, verso una qualità della vita migliore.
Il fareassieme, le sue piccole pratiche, i suoi entusiasmi, positivi e sorridenti…a un certo punto abbiamo pensato di raccoglierli in un disegno di legge, di iniziativa popolare. Lo abbiamo costruito e ricostruito, lo abbiamo anche sofferto al nostro interno in alcuni passaggi, lo stiamo in questi mesi discutendo in giro per l’Italia con tantissime persone, sia dentro che fuori dal mondo della salute mentale.
E ne siamo orgogliosi! Non perché pensiamo che sia la verità assoluta o il distillato di tutte le saggezze possibili. Piuttosto perché vediamo e sentiamo che tanti amici, di estrazioni le più diverse, stanno vedendo nella 181 tre cose:
L’onestà e la passione di chi vuole, a partire dalle esperienze, cercare di cambiare il mondo, facendolo assieme, utenti, familiari, operatori, cittadini.
La determinazione nel volerlo fare non contro qualcosa o qualcuno, ma per una buona causa comune, ‘catturando’ tanti compagni di strada attraverso la positività e il sorriso.
La consapevolezza che la 181 è uno strumento, perfettibile sicuramente e aperto a contributi altri. Uno strumento che secondo noi può essere, in questo momento, dopo 35 anni e 4 mesi, un buon strumento per cercare di uscire dal pantano in cui ci troviamo imprigionati. Un ‘grimaldello’ possibile, come martedì a Milano diceva Pierfrancesco Majorino, assessore comunale alle politiche sociali e firmatario della 181, per aprire una strada, per guardare alla luna (e non al dito), per pensare delle comunità possibili dove l’utopia del fareassieme diventa realtà quotidiana.
Ingenui e sognatori? Certamente. Contenti di esserlo, con fiducia e speranza, non a caso le parole chiave della nostra proposta. Che vi preghiamo di leggere, se già non l’avete fatto. Per evitare di decidere a priori dove sta il bello e dove il brutto.
Sul sito http://www.leparoritrovate.com la trovate facilmente. Un caro saluto
Renzo De Stefani
Referente nazionale Le parole ritrovate
PS
Il dibattito di Milano ha acceso una bella discussione, non solo tra chi vi ha partecipato. Chi volesse replicarlo nella sua città si faccia vivo! Noi ci siamo.