ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini Via Ippocrate 45 – Milano
Ci piace immaginare il Paolo Pini come una grande piazza urbana dove non c’è separazione tra chi ha l’arte del mestiere e chi il mestiere dell’arte. La cucina e il teatro si imparano sudando. Sappiamo che la nostra piazza ha bisogno di essere alimentata ogni giorno da chi lavora e da chi passeggia, da chi sta al bar e da chi prova a teatro, da chi fa i letti e da chi zappa l’orto, da chi cucina e da chi sogna, tutti a guardare al proprio futuro attraverso quello che fanno.
Nell”era flessibile” molte persone soffrono la difficoltà di non riuscire a dare forma a una narrazione positiva della propria vita.
Quando non sappiamo cosa dovremmo e potremmo fare, diventiamo vulnerabili all’urgenza del momento.
Ricostruire la piazza non è un passaggio lineare, come se si trattasse di attraversare una strada, ma significa realizzare un’opera collettiva con profitto collettivo. Significa scomporre l’idea del diverso come nemico, non escludere nessuno dalla piazza, trasformare le relazioni tra i cittadini e le istituzioni: estendere la democrazia del quotidiano.