di Giovanni Rossi

Manuel è un ragazzo. O almeno continua ad averne l’aspetto, anche se gli anni passano per tutti. Biondo, lentigginoso, occhiali da intellettuale, sempre pronto a iscriversi ad un nuovo corso di formazione. Sempre presente.

E’ stato sin dall’inizio nel gruppo di Rete 180. Il suo progetto? Un programma di musica anni sessanta. Insomma il tipico ragazzo promettente.

Manuel ha anche una madre, con cui vive. Lei è tranquilla se sa che suo figlio frequenta un’ambiente accogliente e tollerante, senza chiedergli l’impossibile.

Non era la stessa cosa quando Manuel era in giro per la città o stava sempre in casa.

Troppo incerto il fuori casa. Troppo il tempo della vicinanza in casa.

Il problema, tuttavia, c’è. Sta nel fatto che Manuel, più che una promessa, dopo un po’ ti appare come una eterna promessa.

A questo punto hai due possibilità. O lo prendi per quello che è. Cerchi di fare passi in avanti, anche se piccolissimi. Ad occhi inesperti praticamente invisibili.

Oppure lo butti fuori. Come si fa?

Semplice. Arriva qualcuno che ti spiega :

Primo che tu sei un paziente psichiatrico, e, quindi, non sai quali sono i tuoi bisogni.

Secondo che sa lui che cosa ti serve.

A questo punto ti verrà comunicato che non puoi più frequentare liberamente gli spazi del centro psicosociale, perché non ne hai bisogno. E se tu o tua madre, o tutti e due, non siete d’accordo, poco importa.

Risultato. Mentre prima c’era un posto dove potevi andare liberamente, adesso ci puoi andare solo una volta a settimana. Per il resto ti devi arrangiare. Così diventi autonomo.

Non ce la fai? Il passo è più lungo della gamba? Vai in crisi e magari ci scappa un ricovero, che magari non accetti?

Ecco dimostrato che non sei in grado di conoscere i tuoi bisogni.

Poco importa che in questa situazione ti abbia spinto chi dovrebbe curarti, e che la tua “ritrosia” a farti ricoverare derivi dal fatto che –  “matto ma non stupido” – non sei molto convinto che i responsabili della tua crisi siano le persone più adatte a curarti.

E’ Natale. In questo periodo le persone sole si sentono ancora più sole. Qualche anno fa, per ovviare a questa situazione, il centro psico sociale rimase aperto e per Natale fu organizzata una festa. Oggi le persone come Manuel non ci possono più andare nemmeno nei giorni normali. E magari rischiano ingiustamente di passare il Natale in ospedale.

Si dirà. Niente di nuovo. In fin dei conti il Natale è nato da una ingiustizia : un bambino che nasce in una stalla, lontano dalla casa dei suoi genitori, in fuga.

Per questo anche quando è Natale dobbiamo saper distinguere tra chi l’ingiustizia la subisce e chi la commette.

Il nostro augurio va ai primi, ma non ai secondi.

La parola di oggi è augurio


http://rossi-mantova.blogautore.repubblica.it/2012/12/24/manuel-e-gli-altri/

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