maxresdefaultIl contributo di Luigi Benevelli, all’incontro in ricordo di Ernesto Muggia, la sua persona, il suo lavoro, quanto ci ha lasciato, che si è tenuto il 19 ottobre, presso la Camera del Lavoro di Milano.

La famiglia, gli affetti, il lavoro professionale

Ernesto Muggia nacque in una famiglia ebraica, figlio di Enzo e Elsa Debenedetti. Iolanda, sorella della mamma Elsa, sposò il medico Leonardo De Benedetti ( 1898 – 1983), una figura cui Ernesto fu molto legato. Leonardo e Jolanda furono attivi nel Delasem (Delegazione per l’assistenza agli emigranti ebrei profughi provenienti dai territori del Reich). Quando la situazione si fece minacciosa per gli ebrei italiani, le famiglie Debenedetti che si incontravano nella casa di Beniamino, nonno materno di Ernesto, si dispersero “in varie cascine” ; Elsa, Enzo e i tre figli. Ernesto, Alberto ed Eugenio, al Groppo presso Voghera. Una parte delle famiglie Debenedetti trovò rifugio in Svizzera, mentre Leonardo e Jolanda ne furono respinti. Catturati, furono inviati al campo di Fossoli e da lì, il 22 febbraio 1944, ad Auschwitz dove il convoglio arrivò 4 giorni dopo. Jolanda fu gassata subito, all’arrivo. Leonardo sopravvisse al’internamento e, alla liberazione, con Primo Levi scrisse per i russi un rapporto sulle condizioni sanitarie degli internati nel campo di Buna-Monowitz e testimoniò nei processi contro Höss e Mengele[1].

Negli anni del dopoguerra la famiglia Muggia continuò ad essere percossa da altre tragedie e  drammi: Eugenio, il terzo fratello di Ernesto, un giovane molto intelligente e solare, laureato in Fisica a Milano, e sposato nel ’68, morì per un tumore nel ’69; l’altro fratello Alberto ammalò di malattia mentale  nel ’61, mentre era all’ultimo anno della Facoltà  di Fisica. La vicenda di Alberto portò Ernesto a contatto con gran parte delle offerte di assistenza psichiatrica pubbliche e private presenti in Italia ed anche in Svizzera e Francia. E, ancora, il  figlio di Ernesto, Alessandro, morì nel 1999 in un tragico incidente.

Ernesto, si laureò nel 1962 in Ingegneria chimica al Politecnico di Milano; nel 1964 si sposò con Ida, psicologa dell’infanzia; avranno due figli, Alessandro e Silvia, medico.

Lasciò il suo primo lavoro da ingegnere alla cartiera Vita Mayer in seguito alla morte improvvisa nel’63 del padre, che si occupava di filatelia. Quello dei  francobolli fu un interesse che mantenne come attività  collaterale. Ernesto divenne psicologo conseguendo la specializzazione triennale post-laurea presso l’Istituto di psicologia dell’Università Statale di Milano diretto da Marcello Cesa Bianchi. Si occupò di psicologia del lavoro e delle organizzazioni.  Dal ’66 al ’79 lavorò all’IBM, dove svolse attività di programmazione e informatizzazione in grandi aziende. All’IBM fu attivo nel Consiglio di fabbrica e si occupò della qualità delle condizioni di lavoro, cosa che gli ha ostacolò la carriera, pur avendo ottenuto risultati importanti per l’azienda.

Ernesto è stato in analisi personale; nella sua formazione c’è anche un lungo periodo di apprendimento e poi affiancamento ad Armando Bauleo nella conduzione di gruppi.

Ernesto mantenne nel tempo intense relazioni con Torino, dove la madre aveva  vissuto e studiato (era laureata in scienze naturali) e aveva le famiglie del fratello e della sorella. A Cogne, in montagna,  Ernesto aveva casa, un riferimento per le estati e gli inverni, un luogo di riunione per la famiglia e di incontro con gli amici torinesi ebrei e non.

Ernesto Muggia: un grande lavoro per la salute mentale

Con questa importante, drammatica storia alle spalle e sulle spalle, Ernesto Muggia si dedicò al lavoro di costruzione, in Italia, di un grande, forte, autorevole movimento per il diritto alla salute mentale.  Di seguito cito alcuni importanti eventi dei quali Ernesto fu promotore e protagonista.

1993– Viene fondata l’UNASAM (Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale) ed  Ernesto ne è il primo Presidente.

1994–  Psichiatria Democratica, CGIL Funzione Pubblica, UNASAM (e poi  ARCI Solidarietà) danno vita alla Consulta nazionale per la salute mentale. Nello stesso anno si tiene il Congresso UNASAM,  Un futuro migliore per chi soffre di malattia mentale, presso il Centro Congressi CARIPLO. Gli atti, con la presentazione di Franco Rotelli, sono pubblicati a cura di UNASAM e IREF, Milano 1994. Fra gli altri sono presenti o danno la loro adesione: Benedetto Saraceno, Peppe Dell’Acqua, Alberto Martinelli, Arcadio Erlicher, Paolo Crepet, Pier Francesco Galli, Angelo Righetti, Fiorella Ghilardotti,  José Bertolote. Nella relazione introduttiva[2] Ernesto Muggia chiede di  abbandonare i vecchi schemi ideologici; concentrare gli sforzi sui fatti; abbandonare il triste rituale dei lamenti e dei pianti, , “non essere più costretti a mendicare concessioni”; pone  con forza l’esigenza di una forza capace di partecipare a progettazione, realizzazione, verifica dei risultati  e che poggi su tre poli: i sofferenti, le associazioni delle famiglie, le equipes socio terapiche. Afferma l’urgenza che le associazioni delle famiglie abbandonino la posizione di chi si lamenta solo e sempre, che non si dividano sulla base di pregiudizi ideologici, che non chiedano concessioni e favori, per passare a quella ben più utile e dignitosa di chi ha esperienze da valorizzare, proposte da discutere, diritti da far valere. Fra gli obiettivi che intende perseguire Ernesto elenca: la garanzia della presa in carico del sofferente da parte dei servizi dentro un progetto personalizzato di salute, con coinvolgimento delle famiglie; la chiusura dei manicomi pubblici; una psichiatria nuova, di territorio, meno medica e più sociale, aperta alla collaborazione con altre discipline, con la famiglia e le imprese sociali; progressi nella ricerca biomedica;  una nuova generazione di operatori formati appositamente per agire sul territorio. Grande, importante novità è quella di un nuovo rapporto con i media perché il nemico principale sono il pregiudizio, la paura, l’ignoranza. Di qui il fare prevenzione a partire dalle scuole dando il via a una CAMPAGNA DI INFORMAZIONE che combatta i pregiudizi che con certe malattie non ci sia niente da fare.  E qui Ernesto cita il Primo Levi[3] delle “zone grige”.

Avanti poi con la riforma dell’assistenza e una migliore integrazione fra sociale e sanitario. Altri problemi: il malato che rifiuta i trattamenti; gli aspetti etici della sperimentazione in psichiatria, il superamento del manicomio giudiziario.  Appello per associazioni radicate sul territorio; no a contrapposizioni ideologiche; collaborazione con i servizi, ma libertà di critica di fronte alle inadempienze. Per concludere: facciamo in modo tutti insieme che questa tragedia (della malattia mentale grave) sia più umana.

1995– Si costituisce presso il Ministero della Sanità dell’Osservatorio per la tutela della salute mentale;  Ernesto Muggia fa parte del Comitato di Presidenza

1996- Seminario del Politecnico di Milano e dell’ Istituto Mario Negri, Nuove urbanità- dalla chiusura degli ospedali psichiatrici alle reti di salute mentale, Milano 21 novembre. Ernesto presiede con Cesare Stevan i lavori della seconda sessione Salute mentale urbana: ruolo delle amministrazioni pubbliche e progetti integrati.

1998– UNASAM,  Convegno Internazionale Il carico delle famiglie e il problema della qualità nella salute mentale; il punto di vista di utenti e familiari, Bologna, settembre[4]. Messaggio di apertura di Rita Levi Montalcini; messaggi di Romano Prodi e Rosi Bindi. Ernesto tiene la relazione introduttiva  nella quale dà conto del lavoro svolto, elenca con orgoglio[5] i collegamenti attivati da UNASAM con l’ingresso nel direttivo di EUFAMI e WAPR[6]; e le delegazioni presenti: per l’Italia: Osservatorio Nazionale Ministero della Sanità; Consulta nazionale per la salute mentale; SIP, SIRP, WAPR Italia; Diapsigra; Airsam; per l’Estero: EUFAMI; WAPR WFMH[7].

Mentre registra che “la voce delle famiglie comincia ad essere ascoltata” e che “la presenza di UNASAM ha iniziato una fase di nuova, competente e appassionata collaborazione, e non più soltanto di critica e di protesta”, lamenta la mancanza “ancora in Italia” dell’apporto diretto degli utenti, di una “voce non più mediata e filtrata da operatori e da familiari che, pur con la migliore buona volontà, non possono non far trasparire la loro opinione”[8]. Gli obiettivi: subito il progetto obiettivo 1998-2000 e i parametri di accreditamento per le strutture pubbliche e private; una Legge finanziaria 1999 con finanziamenti per la salute mentale vincolati in conto capitale e spesa corrente; dare applicazione e far applicare le leggi su tutto il territorio della Repubblica.

1999– 18 novembre – Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea sulla promozione della salute mentale

2000– È approvata la legge quadro nazionale di riforma dei servizi sociali n. 382. Il 24 Novembre dello stesso anno il Comitato Nazionale per la Bioetica adottava il Parere su   PSICHIATRIA E SALUTE MENTALE . Dalla presentazione: “A più di vent’anni dall’entrata in vigore della legge 180 del 1978, incorporata poco dopo nella legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale (n. 833 del 1978), il Comitato Nazionale per la Bioetica ha avvertito l’esigenza di affrontare una nuova riflessione sugli aspetti etici, professionali e sociali della salute mentale e dell’assistenza psichiatrica. Diverse motivazioni hanno contribuito alla decisione di affrontare l’argomento creando un gruppo di lavoro ad hoc. Fra queste le sollecitazioni rivolte al C.N.B. dalle associazioni dei familiari dei malati mentali (corsivo del redattore)e dagli operatori nei servizi, l’approvazione (per la prima volta) da parte del Governo di un Progetto-obiettivo sulla salute mentale per il triennio 1998-2000, e il fatto che l’Organizzazione mondiale della sanità ha deciso di dedicare l’anno 2001 alla salute mentale e ha prodotto sulla questione un rapporto dal titolo “Malattie non infettive e Salute mentale” (giugno 2000). Già un anno fa inoltre, il 19 novembre 1999, il C. N.B. aveva risposto ad una richiesta di parere avanzata dal Comitato di bioetica del Consiglio d’Europa (CDBI) in merito al testo di un “Libro bianco sul trattamento dei pazienti psichiatrici. Lo stesso Consiglio d’Europa ha successivamente più volte sollecitato il Comitato affinché predisponesse un rapporto e una valutazione della situazione italiana a seguito della legge n. 180, riconoscendo l’originalità e l’importanza del modello di assistenza in essa contenuta. Il gruppo di lavoro dedicato alla salute mentale ha focalizzato la sua attenzione sui temi dell’assistenza e dei diritti del paziente con disturbi mentali, e a tal fine ha deciso di avvalersi della competenza di studiosi ed esperti che avessero una specifica conoscenza dell’assistenza psichiatrica in Italia, delle esigenze dei familiari, dei nuovi orientamenti normativi, dell’epidemiologia delle malattie mentali e delle necessità dei pazienti”. Del gruppo di lavoro del gruppo coordinato da Michele Schiavone e da Simonetta Matone fa parte Ernesto.

2001- L’OMS proclama l’Anno mondiale per la salute mentale. Esce  il “The World Health Report”, Mental health: new understandings, new hope.

Si tiene la prima conferenza nazionale per la salute mentale, Roma,10-12 gennaio. In quella sede Ernesto (UNASAM) e Annarosa Andretta (DIAPSIGRA), a conferma dell’unità “politica” del movimento delle famiglie italiane”, presentarono un documento a firma congiunta nel quale si rivolgevano agli “Onorevoli rappresentanti del parlamento, Onorevoli Ministri della Sanità, degli Affari Sociali, della Giustizia, del Lavoro, al Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle province Autonome, al presidente dell’ANCI” e ai “Signori Rappresentanti degli Enti nazionali presenti”  per denunciare “la gravità dei problemi correlati alla tutela della salute mentale e ancora irrisolti in troppe zone del territorio nazionale, l’abbandono dei malati e delle loro famiglie, la diffusione di cattivi trattamenti e la permanenza di antichi pregiudizi stigmatizzanti” , richiedere “una presa di posizione autorevole e non più procrastinabile”,  la diffusione obbligatoria delle “buone pratiche”, la collocazione dei sofferenti e dei loro familiari come protagonisti nella “valutazione dei bisogni e la verifica della qualità dei servizi”. Il motto è: Se si può si deve.

E aggiungevano: “nel malaugurato caso di ulteriori rinvii o ritardi, ne andrebbe certamente a patire la moltitudine dei sofferenti e delle loro famiglie, schiacciata da questa dolorosa vicenda, ma anche la credibilità di questa democrazia. Non solo nella sua collegialità ma anche nelle sue responsabilità individuali”.

Nello stesso anno 2001 usciva l’agile volume a più voci Salute mentale, contro il pregiudizio il coraggio delle cure[9], con gli interventi di G.B. Cassano, G. Dell’Acqua, G. Garattini, M. Maj, P.L. Morosini, C. Munizza, G. Racagni, E. Muggia, e la presentazione di G.H. Brudtland, direttore generale OMS. Ernesto ne Il ruolo delle associazioni dei familiari (pp. 125-190), riprende i temi della lotta a pregiudizio, paura, vergogna, colpa e del ruolo dei media. Le associazioni sostengono le famiglie  nella condivisione della sofferenza, con la rottura della solitudine, la difesa dei diritti. Ribaditi gli obiettivi di una  presenza vigile, non solo rivendicativa e antagonista, a fianco dei servizi e delle cose da cambiare.

2002- 9 novembre, Bologna, Sala dello Zodiaco di via Zamboni, Ernesto presiede il Seminario Diritti della persona e legislazione psichiatrica in Europa

2003– UNASAM aderisce al Forum Salute Mentale che si costituisce il 16 ottobre a Roma. Ernesto parteciperà alla discussione, alla preparazione delle iniziative che si svolsero in tutta Italia, in particolare sulle contenzioni e la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. Assai serrato si fa il lavoro con la CGIL, Stefano Cecconi negli anni più recenti,  e Franco Rotelli, Peppe Dell’Acqua, Giovanna Del Giudice e in generale il DSM di Trieste. Nello stesso anno a Roma, nell’area del manicomio di S. Maria della Pietà, il 27-29 novembre si tiene il Congresso nazionale UNASAM sul tema de Il punto sulla salute mentale: buone pratiche e percorsi di ripresa, Regione per Regione. Il Congresso è aperto dal  sottosegretario Antonio Guidi; Alain Topor tiene la relazione magistrale Percorsi di ripresa; intervengono fra gli altri  Benedetto Saraceno (OMS Ginevra), il presidente EUFAMI Begonia Arino, il presidente della Società italiana di psichiatria Carmine Munizza; tre sessioni di lavoro sono dedicate alla presentazione da parte delle associazioni dei familiari della situazione italiana, Regione per Regione; prendono la parola utenti che presentano i loro problemi e le loro esperienze. Ernesto tiene la relazione introduttiva nella quale denuncia una situazione inaccettabile, reclama il valore cogente delle leggi dello Stato, in particolare la disponibilità concreta delle risorse per poterle applicare[10]. Il motto diventa: Se si vuole si può e se si può si deve

Da tale complesso di stimoli, alleanze e collaborazioni scaturiscono numerose iniziative ed incontri pubblici, testi pubblicati e presentati per tutta Italia.[11]

Sempre nel 2003 si costituisce il Forum Salute mentale Lombardia che organizzerà nel 2006 il 3° incontro nazionale a Milano.  Dall’autunno 2003 al 2006,  L’Associazione mondiale di riabilitazione psicosociale (World Association for Psychosocial Rehabilitation – WAPR) ha sede presso l’Istituto Mario Negri di Milano, presso l’Unità di Epidemiologia Psichiatrica e Psichiatria Sociale. Presidente è nominato lo psichiatra Angelo Barbato, già responsabile del progetto di chiusura del manicomio provinciale di Limbiate (Milano), collaboratore dell’’Istituto Mario Negri e del Dipartimento di Salute Mentale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per le ricerche in epidemiologia psichiatrica.

2004- approvata la legge 9 gennaio 2004, n.6 che istituisce l’amministratore di sostegno.

2005- Ernesto, dopo 12 anni, lascia la presidenza dell’UNASAM che sarà assunta da Gisella Trincas; a

Ernesto è attribuita la presidenza onoraria dell’associazione.

2006- maggio. Congresso UNASAM di Cagliari La salute mentale in Europa. A Milano si tiene il  Convegno WAPR. Il 13 dicembre; l’Assemblea  Generale delle Nazioni Unite adotta  La Convenzione sui diritti delle  persone con disabilità ,  che sarà ratificata dall’Italia nel  marzo 2009.

2007- Ernesto è nella segreteria scientifica del Convegno Internazionale Riabilitazione, empowerment, guarigione, Istituto Mario Negri, Milano, 30 novembre / 1 dicembre, Milano.

2009- la rivista «Quaderni di Italiani Europei», 2, gennaio dedica una sezione alla “Salute mentale”, con interventi di Massimo Cozza, Peppe Dell’Acqua, Ernesto Muggia, Renata Bracco, Paolo Calabresi.  Ernesto sviluppa il tema Le associazioni delle famiglie protagoniste del cambiamento ( pp. 61-67). Nel suo intervento Ernesto  ricostruisce la storia delle associazioni di familiari e fa il punto sullo stato del movimento per la salute mentale in Italia:“Sono sorte le prime associazioni di familiari in linea di principio sempre volte al miglioramento delle condizioni dei sofferenti e delle loro famiglie; nella realtà divise su due fronti: alcune purtroppo per molti anni hanno lottato contro la riforma, contro la legge 180, attribuendo a questa legge colpe non sue, ma di chi invece di applicarla come prescritto anche dalle leggi regionali, si ostina tuttora sulle posizioni ormai superate del vecchio manicomialismo, sia pure variamente mascherato; la grande maggioranza, invece, schierate a difesa della riforma, si sono battute per la sua applicazione integrale e fattuale in tutto il paese. Mentre la cultura nei diversi settori della medicina avanza anche fra la gente comune, per effetto del continuo apporto dei media, che crea poi domanda di ritorno, è opinione diffusa che nel campo della salute mentale continui a persistere l’ignoranza più totale. È viceversa ben presente l’effetto del pregiudizio, come sempre avviene in questi casi, che va dalla paura dell’inguaribilità, dalla vergogna, alla colpa. La paura soprattutto è diffusissima nei confronti di un pericolo ignoto e indistinto, mentre vergogna e colpa colpiscono i famigliari. I media purtroppo, invece di impegnarsi nella lotta al pregiudizio, ne sono anch’essi vittime, sempre come sono alla ricerca esasperata di sensazionalismo ad ogni costo. Le forze della conservazione anche in questo settore oppongono notevoli resistenze, la politicizzazione dei problemi produce solo danni strumentalizzando una opinione pubblica ignorante e pregiudizialmente ostile; le Università continuano a sfornare giovani psichiatri secondo modelli ormai desueti e le nuove figure professionali esperte di tecniche della riabilitazione scarseggiano; i politici  e gli amministratori locali messi di fronte a questi difficili problemi tendono a temporeggiare e a non assumersi responsabilità. Allora forse è necessario muoversi alla rovescia, partire con azioni di prevenzione e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, perché faccia pressione sui politici e gli amministratori locali e questi a loro volta smuovano le resistenze dei potentati universitari ed ospedalieri”.

2009- esce la pubblicazione dell’OMS, Mental health policy and service guidance package

2011–  il WHO Regional Office for Europe pubblica User empowerment in mental health- Empowerment is not a destination, but a journey[12].

2013–  esce il  PIANO D’AZIONE EUROPEO SULLA SALUTE MENTALE dell’OMS/EUROPA elaborato in  concertazione con gli Stati membri, sotto la guida del Comitato permanente del Comitato regionale dell’OMS per l’Europa. Si riconosce che la Regione europea dell’OMS si trova di fronte a diverse difficoltà, che colpiscono al contempo il benessere (psichico) della popolazione e la fornitura di cure alle persone con problemi di salute mentale. Per superare queste difficoltà, bisogna intervenire in maniera globale e coerente. Investire nella salute mentale risulta essenziale per garantire la solidità delle politiche sanitarie e sociali nella Regione europea..

2014- La  Conferenza Stato Regioni licenzia il Piano Nazionale di Azioni per la Salute Mentale che contiene la definizione dei percorsi di cura da attivare nei Servizi per i disturbi schizofrenici, i disturbi dell’umore e i disturbi gravi di personalità. Il documento, approvato nella seduta del 24 gennaio 2013, propone una riorganizzazione dei servizi di salute mentale, funzionale all’adozione di una metodologia fondata sul lavoro per progetti di intervento, specifici e differenziati, sulla base della valutazione dei bisogni delle persone e della implementazione di percorsi di cura; ciò implicando un approccio sistemico da parte delle equipe. Si afferma che “I dati disponibili sulle attività dei DSM e dei servizi per i disturbi neuropsichici dell’infanzia e dell’adolescenza sembrano indicare una scarsa progettualità nei percorsi di assistenza. Tale situazione, riconducibile a una insufficiente differenziazione della domanda genera il pericolo di un utilizzo delle risorse non appropriato alla complessità dei bisogni presentati dagli utenti. In molti casi, gli utenti con disturbi gravi ricevono percorsi di assistenza simili agli utenti con disturbi comuni e viceversa”.

L’impegno nazionale ed europeo di Ernesto durerà fino alla sua morte.

Altri ambiti in cui Ernesto sviluppò una azione forte, determinata, convinta furono Milano, la sua città, e la Regione Lombardia.

Quando Ernesto comincia a dedicare il suo impegno al diritto alla salute mentale e all’associazionismo dei familiari, a Milano era presente e attivo il Coordinamento Lombardo Psichiatria (CLP) nel quale insieme agli psichiatri più impegnati nella chiusura del manicomio e nella costruzione di servizi di  assistenza psichiatrica pubblica radicati sul territorio, operavano volontari, specie nella costituzione  di cooperative per il lavoro, familiari di pazienti e il gruppo per la salute mentale attivato da don Colmegna, allora direttore di Caritas Ambrosiana. Fino all’insediamento delle Giunte Formigoni, che si susseguiranno dal 1995 al 2013,  fu sempre molto intenso, continuo il rapporto con gli Uffici della Regione, in specie con l’Ufficio psichiatria dove lavoravano Massimiliano Chiolo, Dolores Pisapia, la d.ssa Bianchi, Graziella Civenti; assai praticato anche quello con l’Amministrazione Provinciale e il Comune di Milano e, ovviamente, con i partiti e gli amministratori eletti. Tale situazione consentiva lo scambio di informazioni, opinioni, giudizi, la consultazione dei “portatori di interesse” prima delle decisioni, anche se queste, non sempre, ovviamente erano condivise.

Il modello formigoniano

I canali per una utile discussione pubblica intorno a quale migliore salute mentale, a quale possibile psichiatria  di  territorio si chiusero con l’avvento di Roberto Formigoni. Sotto la sua guida il governo regionale misero a punto un modello di welfare dei consumatori-utenti, di aziende e organismi erogatori di prestazioni, tariffate, numerate, quantificate, acquisibili da soggetti  pubblici e privati. Tale impostazione si contrapponeva al  welfare  delle autonomie locali, municipale, di comunità in cui lo sviluppo dei servizi incorpora e valorizza  il protagonismo e  le risorse di utenti, reti e legami sociali. L’ideologia di Formigoni trovò la sua traduzione nella legge regionale 11 luglio 1997 n. 31 Norme per il riordino del Servizio Sanitario Regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali e seguenti. Con essa, l’assistenza psichiatrica  fu condotta a coerenza con le scelte della giunta: separazione fra AO e Asl, centralità dell’ospedale;  tutto il potere nelle mani dei manager, di nomina e  fiducia del Presidente. Gli psichiatri lombardi, a fronte della scelta in quale azienda stare, optarono nella stragrande maggioranza per l’Azienda Ospedaliera, quindi per assetti organizzativi centrati sull’approccio bio-medico, clinico. Fu chiuso l’Ufficio psichiatria dell’Assessorato alla sanità e, da allora, una funzione importante e decisiva nella messa a punto dei provvedimenti riguardanti l’assistenza psichiatrica  fu  svolta dal “Coordinamento dei Primari delle Unità Operative  psichiatriche”, una istanza riconosciuta dalla Giunta regionale come proprio momento di consulenza tecnica. Nella confezione delle scelte della giunta nessun altro interlocutore (associazioni dei comuni, associazioni di utenti, sindacati, organizzazione del terzo settore e altri ancora) ebbe lo stessa collocazione strategica. L’assistenza psichiatrica pubblica  lombarda perdeva una “cabina di regia” a livello regionale ed era  affidata alla gestione ai Direttori Generali delle Aziende Ospedaliere, che però erano solo funzionari periferici della Regione, senza rapporti con le comunità locali e le loro rappresentanze democratiche. Per tutte queste ragioni finivano col perdere il loro senso parole come partecipazione, psichiatria di comunità, riabilitazione, empowerment, diritto alla salute mentale nel senso declinato da Ernesto.

Nel nuovo contesto Ernesto si batté con grandi forza e determinazione insieme al Forum Salute mentale Lombardia costituitosi il 9 ottobre 2004 a Milano,  un luogo di incontro, discussione, iniziativa per garantire 1’effettivo esercizio del diritto alla salute mentale nei luoghi di vita delle persone, riducendo “la dissociazione fra pratiche ed enunciazioni teoriche, tra principi e modelli organizzativi, tra risorse in campo e supporti alle persone”. Il Forum lombardo si proponeva di interloquire con la Giunta, i consiglieri regionali, i gruppi consiliari,  i partiti politici, le Organizzazioni sindacali generali e di categoria, i Comuni, le Aziende Sanitarie ed Ospedaliere, i Dipartimenti di Salute Mentale in ragione delle responsabilità che tutti questi soggetti avevano in tema di diritto alla salute mentale. Nel febbraio 2006 il Forum Salute Mentale lombardo organizzò, con un grande impegno di Ernesto in prima persona,  a Milano il terzo incontro del Forum nazionale. Il Forum lombardo aderì a Campagna Salute Mentale, il coordinamento che si costituì presso Casa della Carità di don Colmegna.

Come era ovvio che accadesse, dalle politiche delle giunte lombarde emersero gravi criticità:

–                     Il primo scontro avvenne sul  piano socio sanitario 2002-2004 nel quale la Regione Lombardia prendeva le distanze dalla legge nazionale di riforma dell’assistenza del 2000, perseguendo una propria linea di revisione delle politiche di welfare. Il Piano ridimensionava il ruolo della Regione di proprietario e gestore della rete pubblica dei servizi, sulla base dei principi ispiratori della legge regionale 31/97: libertà di scelta, piena parità di diritti e doveri tra strutture di diritto pubblico e strutture di diritto privato, separazione fra chi acquista  e chi produce, Aziende Ospedaliere trasformate in soggetti di diritto privato, libertà di scelta del cittadino, ASL soggetti pubblici di programmazione, controllo e acquirenti delle prestazioni, garanti dei cittadini. Le ASL riducevano al minimo l’impegno nella prevenzione, uscivano dalle gestioni delle attività socio-sanitarie  affidate  a soggetti esterni. Fra gli altri punti oscuri colpivano i limiti di età per l’accesso e la permanenza nelle strutture residenziali psichiatriche: non si capiva in base a quali dati clinici e per quali ragioni una persona con disturbi mentali e disabilità gravi, ad alto rischio di emarginazione come quelle che entrano nel circuito residenziale psichiatrico,  al compimento del 65° anno di età dovesse diventare tout-court un anziano non autosufficiente. La tensione proseguì  con il successivo Piano socio sanitario regionale 2006-2008  per il quale Forum salute mentale Lombardia riproponeva che il 5% del bilancio della sanità regionale fosse riservato ai Dipartimenti di Salute Mentale in modo che in tutto il territorio della regione i CPS fossero aperti  e attivi almeno dodici ore al giorno con equipe multi-professionali, per lo sviluppo della residenzialità “leggera”, ancora in fase di stallo e l’istituzione di un Ufficio per la salute mentale presso l’Assessorato alla Sanità.

–                     Negli anni 2006 – 2011 la città di Milano è amministrata dalla Giunta Moratti. Ne fu assessore, con delega alla salute, Gian Paolo Landi di Chiavenna che sollecitò la massima cooperazione possibile fra forze dell’ordine (Vigili urbani, Polizia, Carabinieri) e Dipartimenti di salute mentale e delle dipendenze patologiche  per combattere e prevenire i comportamenti antisociali delle persone con patologie psichiatriche e/o dipendenti da sostanze del mercato illegale. In buona sostanza, i Dsm e i Sert della città avrebbero dovuto segnalare alle Forze dell’ordine tutti i casi, i nominativi di utenti “difficili” (quelli che non prendono le pastiglie e che “bucano” gli appuntamenti, che “non aderiscono alle cure”) per consentire l’adozione  preventiva di procedure più sbrigative nella gestione in particolare di trattamenti sanitari obbligatori. Tutto questo in base alla pericolosità sociale [13] loro attribuita. Le Forze dell’ordine erano definite “soggetti che, a diverso titolo,  concorrono alla promozione e al mantenimento della salute mentale, attraverso la loro funzione primaria di sostegno e di orientamento alla cittadinanza, non solo di repressione del crimine, ma anche di prevenzione della pericolosità sociale e della sicurezza del territorio”. La mobilitazione delle associazioni degli utenti e delle famiglie, di Forum salute mentale, di Campagna per la salute mentale, con il sostegno di consiglieri comunali dell’opposizione, riuscì, a fatica, a bloccare l’iniziativa, nel silenzio però della maggior parte degli operatori. Agli inizi del 2010 il Comune di Milano, per “governare” la situazione, promuoveva l’istituzione del Tavolo Prevenzione e Sicurezza nell’Area della Salute Mentale, sottoscritto dai Direttori generali delle AAOO milanesi , dal Direttore Generale ASL , dalla Polizia di Stato, dall’Arma dei Carabinieri e dalla Polizia Locale.  Il 7 maggio 2010, la sala Alessi del Consiglio Comunale di Milano ospitò un incontro pubblico[14] sul tema Cura, non custodia nel quale Ernesto, a nome di UNASAM tenne l’intervento di apertura su Stigma, prevenzione, pericolosità sociale nel quale argomentava:

“I disturbi mentali sono molto diffusi: secondo recenti studi epidemiologici, nel corso di un anno circa ¼ della popolazione generale soffre di un disturbo psichico clinicamente significativo, comprendendo in questa stima anche i disturbi da abuso di alcool o di sostanze e le conseguenti comorbilità, oggi prevalenti soprattutto nella osservazione delle fasi acute di malattia.

Appare sempre più evidente infatti come, in questi ultimi anni, si sia modificata l’espressione della sofferenza psichica e dei disturbi mentali, con una prevalenza di manifestazioni comportamentali “a corto circuito” e a rischio di agiti aggressivi , dovuta alla preoccupante ed ingravescente  diffusione di abuso di alcol e sostanze stupefacenti.

Recenti ricerche […], effettuate nei paesi anglosassoni,  confermano che le persone affette da disturbi mentali non agiscono comportamenti aggressivi e violenti in misura maggiore rispetto alla popolazione generale, ma che più frequentemente sono vittime di molestie, malversazioni, aggressioni e violenze, con un rapporto tra essere vittima e essere autore di aggressione/violenza di 6 a1 […]”. E concludeva: “Alla luce quindi dei risultati delle ricerche e delle esperienze di pratica clinica, si è inteso dare risposta alle esigenze di salute della popolazione, promuovendo una situazione di incontro,  riflessione e confronto che, favorendo i contatti tra i vari interlocutori istituzionali,  avesse  la finalità di migliorare la  progettazione, il  coordinamento e il controllo dell’efficienza  dei programmi attivati,   rafforzando  un sistema di sinergie  delle progettualità nel campo della tutela della salute mentale  al fine di  implementarne l’efficacia evitando  la parcellizzazione degli interventi”.

–                     Le contenzioni negli Spdc lombardi. In  Lombardia la pratica della contenzione negli Spdc è sempre stata assai diffusa, dando luogo a denunce discussioni e prese di posizione, in particolare a Milano-Niguarda  dove già nel 2006 erano state definite “Linee guida” che le  normavano e legittimavano in quanto “intervento contenitivo alla stregua di un intervento terapeutico rianimatorio “(sic!). Il 29 luglio 2010 la Conferenza Stato Regioni Autonomie licenziava il documento  Contenzione fisica in psichiatria: una strategia possibile di prevenzione nel quale si raccomandava alle singole Regioni di  promuovere nei Servizi pratiche sistematiche di verifica e miglioramento della qualità relativamente alla gestione delle situazioni di crisi e, in particolare, al ricorso alla contenzione fisica che, in una assistenza psichiatrica orientata alla buone pratiche, assumeva il significato di evento sentinella[15].  La  giunta  della Regione Lombardia dava vita a un “Gruppo di Approfondimento Tecnico “ (Gat) sul Ruolo del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura nell’ambito delle attività del Dipartimento di Salute Mentale, del trattamento dell’acuzie e dell’emergenza urgenza psichiatrica che  licenziava un testo nel quale si affermava che “in particolari stati clinici occorre considerare la necessità di contenere (legare) i pazienti”  e si sollecitavano tutti i Dsm della Regione ad adottare “ un protocollo sulla contenzione”, prescrivendone analiticamente l’articolazione e  i contenuti. “Campagna per la salute mentale, ”, di cui Ernesto è membro assai attivo, che organizza associazioni di famiglie, volontari, cooperative impegnati nel lavoro per la salute mentale con sede a Milano presso Casa della Carità, prendeva posizione sul documento del Gat, sostenendo  che l’utilizzo della relazione e il trattenere con le mani costituisce l’alternativa al legare mediante le cinghie, nonché l’alternativa alla sedazione chimica[16].  Campagna salute Mentale sostenne  la necessità di introdurre nell’assistenza psichiatrica le modificazioni di conoscenze, di atteggiamenti, di risorse, di gestione, di organizzazione, in grado di portare al valore zero, in modo stabile e sicuro, il numero delle contenzioni praticate nei servizi di salute mentale. E  citava l’esempio, in Italia ed all’estero, degli “S.P.D.C. no restraint”, luoghi accoglienti, simili ai luoghi di vita che devono essere adeguati per sostenere ed aiutare la persona a ricostruire le relazioni ed il legame sociale interrotto dallo stato di crisi.  E raccomandava: “Per questo, oltre ad abolire la contenzione, occorre tenere le porte degli S.P.D.C. aperte e i servizi in funzione sulle 24 ore giornaliere”.

Il 27 maggio 2011 CAMPAGNA SALUTE MENTALE – URASAM – UNASAM – FORUM SALUTE MENTALE E CGIL-CAMERA DEL LAVORO DI MILANO  organizzarono a Milano il Seminario Contenzione, perché, per chi, fino a a quando?

Moderatore  fu Ernesto, l’ apertura fu di Don Virginio Colmegna – Presidente Campagna Salute mentale, i contributi di   Francesco Maisto – Magistrato,  su La contenzione nell’ottica del diritto;

Francesco Scotti – Psichiatra, Perugia su Le sfide e le difficoltà, quale ruolo degli operatori? ; Giovanna Del Giudice, Portavoce Forum Nazionale Salute Mentale su Il rispetto delle linee guida porrà fine alla contenzione?; le conclusioni di Stefano Cecconi – CGIL Nazionale Per non contenere: prevenzione formazione e risorse.

Si denuncia che i familiari delle persone sofferenti di disturbi psichici da tempo segnalano l’eccessiva diffusione in tutto il paese, di pratiche coercitive nei confronti dei congiunti ricoverati negli SPDC, nelle residenze protette, nelle RSA e nelle carceri. Pratiche che finiscono con l’impedire un corretto approccio di cura e riabilitazione vanificando in tal modo l’instaurarsi di una corretta relazione terapeutica. Legare una persona in condizione di sofferenza in un letto di ospedale è un atto inumano, non degno di un paese civile che pregiudica fortemente la necessaria alleanza terapeutica e quindi l’adesione al progetto di cura.

Nell’incontro ci si proponeva di proseguire il percorso virtuoso verso pratiche innovative che portino al progressivo azzeramento della contenzione anche nella nostra regione. L’esempio del gruppo “SPDC no restraint” mostra nei fatti la buona riuscita con ottimi risultati e ci conforta nel perseguire questo obiettivo.

Affrontare il tema della contenzione rimandava necessariamente alla campagna promossa dalla CGIL e dal Forum Salute Mentale  per la chiusura definitiva degli OPG: sovente il ricovero è l’esito terminale di cattive pratiche e del mancato riconoscimento dei diritti delle persone sofferenti di disturbi psichici.

–                     La salute mentale nei quartieri popolari di Milano, in particolare quello di Molise Calvairate- Prati, nel quale operava un assai combattivo “Comitato inquilini” intorno alla figura di Franca Caffa.

–                     I servizi di salute mentale nelle carceri, la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, l’apertura delle REMS, la questione delle REMS di Castiglione delle Stiviere nell’ambito della campagna nazionale di Stopopg

Commiato

Il 26 luglio 2017 scorso è morto all’età di 80 anni Ernesto Muggia, amico e compagno carissimo, presidente onorario di UNASAM, tra i costruttori  del movimento delle famiglie e degli utenti dei servizi pubblici di assistenza psichiatrica. In premessa ad ogni suo discorso poneva il dovere, l’urgenza della lotta allo stigma, vera pre-condizione per il raggiungimento di qualsiasi obiettivo di salute mentale.

Lui, che era di famiglia ebraica e sapeva per conoscenza diretta degli eventi cosa vuol dire essere discriminati, respinti, violentati, ci testimoniava e pretendeva che a cambiare devono essere sì i persecutori, ma anche le vittime e che le vie del benessere sono assai aspre e richiedono grande applicazione, determinazione, intelligenza delle cose da parte di molti.

Ernesto aveva il passo lungo e cadenzato del montanaro, attento al terreno che si calpesta e a quanto sta attorno: per questo riuscì a fare e a far fare molta strada a noi tutti, per il riconoscimento di rispetto e diritti ai sofferenti psichici e alle loro famiglie. Era stato un manager, dirigente di industria, conosceva il mondo, usava il tram per percorrere la sua città, frequentava  teatro e concerti, era un appassionato lettore, un cittadino competente, un uomo colto. Era un uomo di pace, impegnato nel Centro di iniziativa per la pace in Medio-Oriente (CIPMO) e per i diritti dei palestinesi.

Io l’ho conosciuto soprattutto come uomo politico, un vero compagno, con grandi idee, ma anche con la capacità, la pazienza, la sapienza di organizzarne il perseguimento, esplorando tutti i varchi, raccogliendo il massimo di consenso possibile da tutti quelli che potevano starci. Cito come esempio al riguardo, la sua iniziativa con l’amico Ceriani Sebregondi per ottenere che le Compagnie di assicurazione italiane annullassero la norma interna che vietava loro di stipulare polizze di assicurazione dal rischio di malattia mentale[17].

Ernesto, seguace di slow food era un amante del buon cibo e del buon vino da gustare, meglio se in buona compagnia, con calma, per coglierne tutti i sapori. Amava e sapeva raccontare storielle, molte della sterminata tradizione ebraica.

Una proposta

Per ricordare la sua figura e la sua opera, la prossima, da tutti noi attesa 2ª Conferenza nazionale per la salute mentale, sia dedicata ad Ernesto Muggia.

Mantova, 20 ottobre 2017

P.S. ringrazio Ida, Virgilio, Valerio e Barbara per le preziosissime informazioni, i suggerimenti e le critiche.

Post Scriptum

Edipo e la Sfinge

Ernesto Muggia scelse a rappresentare UNASAM l’icona, tratta da un antico vaso greco, dell’incontro fra la Sfinge ed Edipo nella piazza di Tebe.

La Sfinge, creatura originaria dell’Etiopia con il  volto di donna, ali di uccello, corpo, zampe e coda di leone, era stata inviata da Era per punire i Tebani. Sedeva accovacciata su una colonna della piazza del mercato e da lì proponeva ai cittadini di Tebe di sciogliere il seguente enigma:

C’è sulla terra un animale che può avere quattro, due o anche tre gambe ed è sempre chiamato con lo stesso nome. È il solo tra gli esseri viventi che si muovono in terra, in cielo e in mare che muti natura. Quando egli cammina appoggiato a un maggior numero di piedi, la velocità  delle sue estremità è minore.

Chi non trovava la soluzione era divorato.

Edipo dà la risposta esatta: quell’animale è l’uomo. La Sfinge  si precipita dalla colonna e muore liberando la città dalla paura.

Per liberare la città dall’incubo della Sfinge, il re Creonte aveva promesso il trono a chi avesse risolto l’enigma e di dargli in moglie la sorella Giocasta, vedova di Laio [18].

Edipo era figlio di Laio e Giocasta e secondo l’oracolo di Delfo avrebbe sposato la madre dopo aver ucciso il padre.

Così accadde: Edipo, che era stato abbandonato alla nascita e allevato a Corinto,  conosce la profezia e per proteggere quello che riteneva il suo genitore, si allontana da Corinto, viandante in fuga. Alle porte di Tebe uccide il padre e il suo destino si compie.

Il mito di Edipo fu assunto da Freud a riferimento per la ricerca, l’esplorazione, l’interpretazione degli snodi dello sviluppo individuale, la strutturazione del carattere, lo sviluppo dell’identità sessuale dell’uomo (occidentale).

Ernesto Muggia adottò per rappresentare UNASAM un riferimento complesso, drammatico, tragico,  che rinvia alla condizione degli umani che sono creature sole e impotenti, viandanti soli in fuga[19], ma sanno anche ricercare il senso degli eventi della vita, sciogliere gli enigmi.


[1] v. Anna Segre, Un coraggio silenzioso- Leonardo De Benedetti, medico, sopravvissuto ad Auschwitz,  Zamorani editore, Torino, 2008, p. 26. Ernesto collaborò al libro ed è citato fra chi ha fornito documenti e testimonianze.

[2] Atti, pp. 13-23.

[3] “Bisogna lavorare molto per ridurre quelle che Primo Levi, scrittore ritornato da Auschwitz e morto in tragiche circostanze che io amo molto (corsivo del redattore) – chiamava le zone grigie, perché il numero delle persone non vittime e neppure responsabili- cioè la gente qualunque- il numero di persone che pensano, però, che il problema non li riguardi, che sia un problema di altri, ecco, perché questo numero si riduca sempre più, e cresca invece quello di chi si vuole impegnare: perché oggi a te, domani a me, perché la malattia mentale non sia più un tabù, ma una tragedia normale, di cui si può e si deve parlare, come il cancro ad esempio, da affrontare con consapevolezza e con coraggio, ma senza vergogna o sensi di colpa” . (p.22)

[4] Gli Atti curati da Ernesto e da Eustachio Loperfido escono nel 2000.

[5] “La prima volta che si prova a tenere, senza spirito polemico, ma anzi nel miglior spirito collaborativo, una conferenza come questa”, p. 27.

[6] Società mondiale per la riabilitazione psicosociale, organizzazione non-governativa internazionale, composta principalmente da professionisti della salute mentale (psichiatri, psicologi, infermieri, operatori sociali, terapisti occupazionali, educatori sociali, ecc.) e anche persone con esperienze di utenti e familiari.

[7] Federazione Mondiale per la Salute Mentale, organizzazione non-governativa, multi professionale, fondata nel 1948.

[8] Da allora negli incontri pubblici e nei convegni cominciarono a prendere la parola persone utenti dei servizi, ricordo oltre riproposizione della memoria della grandissima Alda Merini, gli interventi dei “triestini”, di Ivana Mina, Nadia Marangi,  Gianna Schiavetti e Alice Banfi con i loro libri.

[9] Il Pensiero Scientifico editore, Roma 2001.

[10] Nelle conclusioni si rilevava come “Dal complesso degli interventi è emerso l’elevato grado di preparazione dei partecipanti, la loro capacità di analisi e la concreta costruttività delle proposte e delle realizzazioni.
E’ stata ribadita la convinzione, nata dalle esperienze vissute e dalle conoscenze acquisite, che la Legge 180/833 conservi tutta la sua validità e vitalità, anzi esca rafforzata dai risultati acquisiti, a dimostrazione che era e resta riferimento fondamentale per chiunque voglia affrontare e combattere su tutti i fronti le malattie mentali. La tutela della salute mentale è di competenza irrinunciabile e prioritaria del servizio pubblico, che solo può garantire a tutti i cittadini, e a maggior ragione ai più svantaggiati, la cure necessarie attraverso l’attuazione dei Progetti Obiettivo nazionali e regionali. I Centri di Salute Mentale devono essere potenziati su tutto il territorio nazionale, con l’apertura 24 ore su 24, tutti i giorni della settimana.
I Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura devono abbandonare qualunque pratica che violi i diritti della persona e per ciò stesso abolire la contenzione. I Trattamenti Sanitari Obbligatori e gli Accertamenti Sanitari Obbligatori devono essere effettuati nel rispetto della persona, con atteggiamento di ascolto e comprensione da parte degli operatori, dopo aver percorso ogni tentativo per ottenere il consenso alle cure e la collaborazione.
Devono essere diffuse e valorizzate quelle esperienze di buona residenzialità (nel contesto urbano, di piccole dimensioni, con gli standard strutturali delle civili abitazioni, con operatori qualificati, (…) abbandonando il ricorso alla nuova manicomialità in strutture residenziali non rispondenti ai bisogni della persona e secondo modalità che creano cronicizzazione.
Le drammatiche e inaccettabili condizioni di vita denunciate negli O.P.G. richiedono una azione concreta per il superamento di tali istituzioni, tenendo conto anche della recente sentenza della Corte Costituzionale 253/2003.
Occorre procedere con ogni urgenza al completamento degli organici nel rispetto del Progetto Obiettivo Nazionale Salute Mentale, perché è evidente la grave carenza di operatori nei servizi per la salute mentale.
E’ ancora più evidente la grave inadeguatezza delle risorse finanziarie; deve essere assolutamente garantito non meno del 5% delle risorse della sanità alla salute mentale e devono essere utilizzati solo per la salute mentale i proventi in qualsiasi modo derivanti dai beni degli ex O.P. L’esperienza ci dimostra che l’inserimento nel mondo del lavoro è condizione necessaria per una concreta inclusione sociale delle persone con disturbo mentale; le Regioni devono impegnarsi finanziariamente a sostenere l’impresa sociale e dare pratica attuazione alle Legge 68.
La ricchezza delle esperienze presentate in questi giorni di Congresso ha dimostrato quanto valore aggiunto hanno tutte quelle realtà che ruotano attorno ai Dipartimenti di Salute Mentale (Associazioni di familiari e utenti, Caritas, Associazioni culturali, sportive e di volontariato…): le Regioni e i Comuni le devono riconoscere sostenendole finanziariamente, quali promotrici di progresso civile.
Occorre che tutte le organizzazioni operanti nel campo sanitario e sociale formino una grande alleanza, al di sopra e al di fuori di ogni influenza partitica, per confrontarsi con le istituzioni, Comuni, Provincie, Regioni e Governo, perché finalmente, dopo un quarto di secolo, si dia la risposta dovuta alle migliaia di famiglie italiane che nonostante tante sofferenze intendono battersi perché siano affermati i principi di garanzia del diritto alla salute mentale.

[11] Fra tutti cito:

Settimo Accetta (sovrintendente scolastico Regione Lombardia) e Ernesto Muggia ( a cura di), Dal pregiudizio alla convivenza- famiglia, scuola, salute mentale, Regione Lombardia, Università degli studi di Milano, Sovrintendenza Scolastica per la Lombardia, UNASAM; presentazione di Carlo Borsani, assessore alla Sanità Regione Lombardia, prefazione del prof.  Gustavo Pietropolli Charmet. Un agile dizionario delle voci della salute mentale da usare nelle scuole.WPA;

Schizofrenia e cittadinanza – manuale operativo per la riduzione dello stigma e della discriminazione, edizione italiana a cura di Massimo Casacchia, Rosaria Pioli, Giuseppe Rossi, Il Pensiero Scientifico editore, Roma 2001;.

Ron Coleman, Guarire dal male mentale, Manifestolibri, 2001;

Ron Coleman, Mike Smith, Lavorare con le voci, Edizioni Gruppo Abele, 2006;

Carmine Munizza ( a cura di), Salute mentale e diritti- problemi e percorsi di tutela, Edizioni ASL 4 Piemonte, Centro studi e ricerche psichiatria, WHO WAPR, Cuneo,2003;

.Angelo Barbato, Alessia Bajoni, Barbara D’Avanzo, Ernesto Muggia,  I servizi psichiatrici territoriali valutati dai familiari- un’indagine in quattro regioni italiane (Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Sardegna)[11]- Progetto finanziato dal Ministero della Salute (Pier Luigi Morosini) Unasam,  Istituto Mario Negri, 2008;

Luana De Vita, Mio padre è un chicco di grano, Nutrimenti, Roma, 2004;

Giuseppe Tibaldi e Barbara D’Avanzo ( a cura di), Ken Steele[11] (con Claire Berman), E venne il giorno che le voci tacquero, Mimesis, 2005;

Alice Banfi, Tanto scappo lo stesso, Stampa Alternativa, 2008;

Alice Banfi, Sottovuoto- romanzo psichiatrico, Stampa Alternativa, 2012;

lo stesso Peppe Dell’Acqua, Fuori come va? Famiglie e persone con schizofrenia. Manuale per un uso ottimistico delle cure e dei servizi, Editori Riuniti, Roma, 2003.

[12] Dalla presentazione:

Historically, people with mental health problems have lacked a voice. Neither they nor their families have been involved in decision-making on mental health services, and they continue to be at risk of social exclusion and discrimination in all facets of life. In a mental health context, empowerment refers to the level of choice, influence and control that users of mental health services can exercise over events in their lives. The key to

empowerment is the removal of formal or informal barriers and the transformation of power relations between individuals, communities, services and governments. This statement specifies the action to be taken to strengthen user and carer empowerment in mental health and outlines the objectives of the Partnership Project on User Empowerment in Mental Health by the WHO Regional Office for Europe and the European Commission.

[13] Il “Tavolo Prevenzione e Sicurezza nell’area della Salute Mentale”  fissa le linee strategiche e di indirizzo delle azioni da intraprendere in ordine alle questioni connesse con il tema in oggetto; stabilisce, al contempo, prassi di carattere operativo e di rapida applicazione onde far fronte alle problematicità connesse con le urgenze/emergenze psichiatriche o da alterazioni comportamentali sostenute dall’uso di sostanze  potenzialmente foriere di pericolosità sociale.

[14] Nella presentazione si scriveva:

“La situazione oggi in Italia vede i problemi della cosiddetta “sicurezza sociale” come un’emergenza nazionale. Che si tratti di rom, di extracomunitari irregolari, di omosessuali o di malati psichici, la soluzione proposta da chi oggi ci governa è sempre la stessa: rinchiuderli, espellerli, render loro difficile la vita. Viene da chiedersi chi sarà il prossimo oggetto delle loro attenzioni …

Ancora: le soluzioni sono demagogiche, costose e inapplicabili, sotto molti punti di vista: etico, legale, medico. E tuttavia l’effetto annuncio serve a chi ci governa per far credere che qualcosa di concreto si stia facendo.

Oltre al pacchetto sicurezza, in corso di approvazione, che contiene norme aberranti sul reato di clandestinità, sulle ronde, e sul vincolo per i medici di denunciare le persone irregolari assistite, in Parlamento sono depositati alcuni Progetti di Legge che obbediscono al programma della Casa delle Libertà, in cui si prometteva l’abrogazione della 180/1978. Sono già partite dichiarazioni e campagne mediatiche aberranti indirizzate a questo obiettivo; è pure comparsa una nuova associazione “vittime della 180” Sulla traccia di questo “clima” a Milano si è proceduto a costituire il “Tavolo di prevenzione della pericolosità sociale”, ispirato dal Vicesindaco De Corato e   dall’Assessore Landi di Chiavenna, con la presenza del Prefetto, delle Forze dell’Ordine e della Vigilanza urbana, poi depotenziato per la reazione decisa delle forze di opposizione, delle associazioni dei malati, delle Organizzazioni sindacali. La situazione della salute mentale nei quartieri degradati conferma, d’altra parte, che la concentrazione di persone sofferenti, la carenza di cure e l’abbandono producono effetti disastrosi non solo per i “malati”, ma anche per la città.

[15] Le raccomandazioni della Conferenza Stato-Regioni definivano la contenzione: “atto antiterapeutico”, “atto che rende più difficile la cura”, “pratica con un alto potenziale di degradazione e umiliazione per il paziente in contrasto col principio del rispetto della dignità umana che dovrebbe vincolare l’esercizio della medicina”, “pratica diffusa, non omogeneamente applicata nelle diverse regioni, ma soprattutto con differenze notevoli tra un servizio e l’altro che non trovano giustificazioni di ordine epidemiologico”. Dopo aver evidenziato come  la contenzione sia praticata contro il consenso del paziente e che i cittadini che vi sono sottoposti sono quelli che hanno potere contrattuale minimo, si indicava a tutte le Regioni di attivarsi per introdurre nell’assistenza psichiatrica le modificazioni (di conoscenze, di atteggiamenti, di risorse, di gestione, di organizzazione) in grado di portare al valore zero, in modo stabile e sicuro, il numero delle contenzioni praticate nei Servizi di salute mentale per “evitare la contenzione fisica in ogni situazione, attraverso una strategia che prevenga i comportamenti violenti in ambienti di cura”.

[16] Contenzione, perché, per chi, fino a quando? Milano, 12 gennaio 2011.

[17] Le Condizioni generali di assicurazione ASSITALIA all’art. 19 prevedono che non siano assicurabili  “indipendentemente dalla concreta valutazione dello stato di salute, le persone affette da alcoolismo, tossicodipendenza, o dalle seguenti infermità mentali: sindromi organiche cerebrali, schizofrenia, forme maniacodepressive o stati paranoidi. Di conseguenza l’assicurazione cessa al manifestarsi di tali affezioni”.

[18] K. Kerényi, Gli dei e gli eroi della Grecia, Mondadori, 1963, p. 321

[19] Nella sterminata letteratura sull’argomento, v. la voce Edipo curata da Cecilia Albarella e Francesca Giusti, in PSICHE, dizionario storico di psicologia, psichiatria, psicoanalisi, neuroscienze,  vol I,  Einaudi ed., Torino, 2006, pp. 359-364.

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