Oggetto: D.d.L. Giustizia (articolo 12 comma 1 lettera d))
Come operatori psichiatrici, nell’ambito delle responsabilità istituzionali che il nostro mandato comporta, siamo estremamente preoccupati che il D.d.L. 2067 (“Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi nonché all’ordinamento penitenziario per l’effettività rieducativa della pena”), per quanto concerne l’articolo 12, comma 1 lettera d), possa vanificare il grande sforzo fatto In Regione Friuli Venezia Giulia nell’attuazione della legge 81/14, basato su:
- decentralizzazione della Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS) come funzione, su tre strutture pre-esistenti e di piccola scala (centro diurno e residenze), in rete tra i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM);
- co-progettazione tra gli attori istituzionali (Regione, Aziende sanitarie, Magistratura, Prefetture) sia rispetto alla scelta e all’organizzazione delle strutture, che ai protocolli e alle procedure;
- rielaborazione del mandato di controllo e riduzione al minino degli aspetti reclusivi, a favore della funzione terapeutica e riabilitativa;
- personalizzazione dell’assistenza e progettazione personalizzata (Progetti Terapeutici Riabilitativi Individuali) insieme con i servizi e le risorse del territorio;
- non delega ma condivisione della responsabilità tra utente, sanitari (REMS e servizi), ordine pubblico, magistratura.
Ciò ha portato a prevenire l’uso stesso di questa soluzione, con risultati incoraggianti, quali quello di essere stata la prima Regione a portare fuori dagli OPG i propri internati e a svolgere con efficienza ed efficacia il proprio compito, non incorrendo nel rischio di creare “liste d’attesa” per l’ingresso nelle stesse REMS.
Nel D.d.L. 2067, il ruolo che le REMS si troverebbero a svolgere rispetto alle carceri e alla giustizia in generale sarebbe sostanzialmente lo stesso che ha determinato storicamente la nascita dei manicomi criminali alla fine dell’ ‘800, ossia quello di contenere e trattare le persone con disturbo mentale sopraggiunto in carcere, oltre a destinarvi anche quelle sottoposte a misure di sicurezza provvisorie.
Ciò non solo porterebbe le REMS stesse al collasso, ma ne inficerebbe immediatamente il loro essere soluzioni “residuali”, che costringono i decisori tecnici e istituzionali a prevenire l’uso di misure di sicurezza detentive e a sviluppare soluzioni volte a una reale cura che sia finalizzata all’inclusione sociale.
Auspichiamo invece che il supporto all’interno del carcere da parte dei Dipartimenti di Salute Mentale, previsto dal DPCM 21.03.2008 “Linee d’indirizzo per la salute mentale” a detenuti con disturbo mentale, che questa Regione offre fin dal 1980, a partire da Trieste, venga esteso come indicazione a tutte le aziende sanitarie italiane.
Un tanto confermerebbe quanto indicato dall’OMS, di cui siamo Centro Collaboratore per la Ricerca e Formazione in salute mentale, e dalle Nazioni Unite in tema di applicazione della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità (art. 12) ovvero che le persone con disturbo mentale hanno diritto a uguale riconoscimento davanti alla legge e, di conseguenza, hanno diritto a ricevere prestazioni sanitare adeguate anche in condizioni di detenzione, e di non venir relegate in luoghi speciali (cfr. Committee on the Rights of Persons with Disabilities, “Guidelines on article 14 of the Convention on the Rights of Persons with Disabilities: the right to liberty and security of persons with disabilities”, adottato nella 14^ sessione, settembre 2015).
Per tali motivi auspichiamo che venga adottato dal Parlamento l’emendamento correttivo nr. 12.122 (De Biasi, Dirindin, Lumia, Bianco, Granaiola, Mattesini, Maturani, Padua, Silvestro, Capacchione, Cirinna’, Filippin, Ginetti, Lo Giudice, Pagliari, Guerra) che cita:
Al comma 1, sostituire la lettera d), con la seguente: «d) nella prospettiva dell’effettivo e definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, introduzione di disposizioni volte a destinare alle residenze di esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) le sole persone per le quali sia stato accertato in via definitiva lo stato di infermità al momento della commissione del fatto da cui derivi il giudizio di pericolosità sociale e il conseguente bisogno di cure psichiatriche; esclusione dell’accesso alle REMS dei soggetti per i quali l’infermità di mente sia sopravvenuta durante l’esecuzione della pena, degli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria e di tutti coloro per i quali ancora occorra accertare le relative condizioni psichiche; garanzia dell’effettiva idoneità delle sezioni degli istituti penitenziari ad assicurare i trattamenti terapeutici e riabilitativi, con riferimento alle peculiari esigente individuali di ciascun soggetto e nel pieno rispetto degli articoli 27 e 32 della Costituzione; valorizzazione dell’istituto del piano terapeutico individuale per ciascun individuo sottoposto a misura di sicurezza anche non detentiva; sviluppo del principio di eccezionalità nella comminazione delle misure di sicurezza di carattere maggiormente afflittivo della libertà personale, con particolare riferimento alla previsione di un novero di fattispecie criminose di rilevante gravità per le quali sole ammettere le misure coercitive dell’infermo di mente non imputabile; introduzione di apposite disposizioni volte a garantire la continuità delle cure e dei processi di riabilitazione in chiave integrata da parte delle REMS e dei servizi territoriali che fanno capo ai Dipartimenti di salute mentale».
Cordiali saluti.
La presente lettera è stata formulata e sottoscritta congiuntamente dai Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale – REMS della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
Roberto Mezzina, Renzo Bonn, Angelo Cassin, Sergio Paulon, Mauro Asquini