“Spesso, la malattia mentale è un cavallo che ti galoppa dentro, che scalcia incontenibile e irrefrenabile, e ti fa male.
Ma non si doma un cavallo con un laccio al collo, con “fascette di contenzione standard con appositi bottoni di chiusura n° 6 per gli arti”; non si doma la furia e il furore di un cavallo costringendolo tra 4 squallide pareti grigie e scrostate e affumicate, con sbarre alle finestre e la porta sempre chiusa a chiave.
Ma sapete che il cavallo ha bisogno del prato verde, di un immenso cielo blu, di vedere e vivere gli spazi, sentendosi filo magico nell’alleanza del cerchio delle vite che sia collegato, non legato, stretto, non costretto?
Si può condurre la sua fierezza testarda verso la libertà, perché così conduce anche te. Se lo avvicini, se riesci ad ammansire, ad addomesticare un cavallo intrattabile, questi può diventare un attore protagonista. In ruoli diversi.
Perché ha l’eleganza del ballo, la forza della montagna, l’intelligenza, e la vulnerabilità di ogni essere vivente.
E se tu droghi un cavallo, per stimolarlo, per fargli vincere la corsa o invece lo vuoi zittire, perché nitrisce e scalcia furioso, lo vuoi fermare perché troppo corre veloce ma come, come puoi pensare di conoscere l’anima equina?
Beh, spesso dietro le gare ci sono ritorni economici per la scuderia, i soldi girano, gli interessi o più banalmente i compromessi.
Addestrare bene un cavallo alla libertà e a condurre (egli può diventare un “trascinatore”), costa tempo, spazi, dedizione.
Ci vuole l’”uomo che sussurra ai cavalli”. Il curare un purosangue pericoloso per un’oscura follia ha radici antiche. “Messa a punto” dagli Indiani d’America, la strategia consisteva nel ristabilire quel rapporto atavico, di fiducia reciproca tra cavallo e cavaliere, e quindi tra la malattia mentale che ti corre a briglie sciolte e chi s’impegna ad “allevarla”.
Le corde dell’anima vanno fatte vibrare, non vanno mai recise. Perché potrai udire canzoni di rara bellezza o distruggere, annientare, ridurre all’oscurià del silenzio.
E il fatto è che non rompi un giocattolo. Ma spezzi i tendini poderosi, le zampe al tuo cavallo. E al nostro cavallo. E al cavallo.”
Alessia (2005)