Ugo Cerletti
1877-1963
I.
E mi recai al mattatoio
(ed ero Direttore dell’Ist. Neurobiol. di Milano)
e vidi i crani dei maiali tra le pesanti morse di metallo
(e il mio studio in via Savoia)
e la leva dell’interruttore
(e i miei bronzi antichi sullo scrittoio)
e osservai come gli animali crollassero privi di coscienza e s’irrigidissero
(e Prof. di Neuropsichiatria Univ. Bari Univ. Genova Univ. Roma)
e come dopo un paio di secondi fossero colti da convulsioni
(e inventore di un detonatore ad accensione ritardata per l’artiglieria e l’aeronautica)
e pensai di disporre qui di un materiale estremamente prezioso per i miei esperimenti
(e le mie onorificenze e medaglie d’oro)
e decisi di identificare la dose la tensione e il metodo adatti a procurare la morte dei maiali
(e Pres. Soc. It. Psich.)
e diedi loro delle scariche elettriche nel cranio da diverse parti
(e Membro Onor. della Comm. di Biol. e Med. del C.N.R.)
e nel tronco per parecchi minuti
(e candidato al Premio Nobel)
e mi accorsi che raramente gli animali soccombevano quando la corrente traversava loro la testa
(e la mia governante di casa e il mio accendisigari da tavolo in cristallo di Murano)
e che dopo uno spasimo violento giacevano immobili per alcuni minuti
(e Dr. h. c. Sorbonne, Parigi)
e che poi si rialzavano con estrema fatica
(e Dr. h. c. Rio de Janeiro e San Paolo e Montreal per ricerche d’avanguardia sul gozzo e sul cretinismo)
e tentavano infine di scappare
II
E avvertii i miei assistenti di non lasciarsi sfuggire le persone adatte all’esperimento
(e W il Duce)
e il 15.4.1938 il prefetto di Roma mi fece consegnare un individuo da tenere in osservazione
(e il Fascismo s’è innalzato sopra le spoglie putride della Dea Libertà)
e cito ora dalla sua lettera d’accompagnamento
(e Italiani! Camerati! Legionari!);
«S. E., di professione ingegnere e di anni 39 e fermato alla stazione centrale e sprovvisto di biglietto valido e evidentemente non in possesso delle sue piene facoltà mentali»
(e inestinguibili ovazioni)
e scelsi questo individuo per il mio primo esperimento umano
III.
E gli applicai due elettrodi alle tempie
(e le principali indicazioni sono schizofrenia e paranoia)
e decisi di cominciare con una corrente alternata di 80 volt e 0,2 secondi
(e alcolismo e tossicomania e depressione e malinconia)
e i suoi muscoli s’irrigidirono
(e i principali effetti collaterali sono amnesia e nausea e panico)
ed egli s’inalberò
(e questa è la tipica «posa del burattino» descritta da von Braunmühl)
e s’accasciò ma senza perdere conoscenza
(e le principali complicazioni sono fratture del femore del braccio della mascella e della colonna vertebrale)
e si mise a cantare a voce altissima
(e disturbi cardiaci ed emorragie interne)
e poi tacque e non si mosse piú
IV.
E naturalmente tutto ciò rappresentava per me un notevole peso emotivo
(e secondo Reil [1803] la tortura non dannosa è una necessità per l’arte medica)
e conferii con i miei assistenti circa l’opportunità di una pausa
(e secondo Squire [1973] si ignora la durata dell’amnesia)
e l’uomo ci ascoltò e improvvisamente con voce alta e solenne disse: «Non fatelo un’altra volta. È la morte»
(e secondo Sogliano [1943] il trattamento può essere ripetuto senza problema alcuno sino a cinque volte nello spazio di dieci minuti)
e confesso che il coraggio mi venne meno
(e secondo Kalinowski et al. [1946] occorre sempre tener pronti cinture e legacci per i casi in cui il paziente diventa violento e pericoloso)
e dovetti farmi forza per non cedere a quel sentimento superstizioso
(e secondo Sakel et al. [1965] manca purtroppo tuttora una giustificazione scientifica dell’elettroshock)
e poi presi animo e gli diedi ancora una scarica di 110 volt
V.
E da allora nei loro reparti isolati con indosso i loro pigiama si arrampicano sui loro lettini di ferro bianco smaltato
(e non potremo mai dimenticare la sua impresa pionieristica)
e si beccano un’iniezione e se resistono un’altra iniezione
(e il suo contributo al progresso scientifico)
e quattro infermieri afferrano loro mani e piedi
(e il suo ardore creativo)
e tappano loro la bocca con un tubo di gomma e calcano le fredde placche cromate sulle tempie
(e la sua inappagabile sete di sapere)
e nei mattatoi non si odono piú mugolii e muggiti e squittii
(e il suo autentico umanesimo)
e poi il capo dà loro una bella scossa
(e una giustificazione scientifica di tutto ciò manca purtroppo tuttora)
e poi vengono meno e poi si ridestano e poi sono obliterati
da “Mausoleum. Trentasette ballate tratte dalla storia del progresso” di Hans Magnus Enzensberger. Ed Einaudi 2017.