Dieci inchieste “mai nate”, dalla non autosufficienza al lavoro delle persone con disabilità, dalla salute mentale alla lotta per la legalità nelle regioni del sud. Tutte con il comune denominatore di una forte presenza delle cooperative sociali. Il dossier “Dieci inchieste mai nate – numeri e storie delle cooperative” è stato presentato al convegno “Comunicare è un’impresa: Sociale” a Roma.
Dieci esempi di “inchieste mai nate” per richiamare l’attenzione dei media sul fatto che la cooperazione incontra temi (sanità, lavoro, immigrazione, legalità, energie alternative e reinserimento dei soggetti svantaggiati) che hanno una vasta ricaduta sociale, che potrebbero essere trattati con approfondimenti e inchieste da parte del giornalismo e che invece faticano, allo stato dei fatti, a trovare spazio sui principali organi di informazione.
Il dossier tratta nel dettaglio numerosi esempi: le esperienze di assistenza domiciliare integrata che si stanno realizzando a Roma e quelle di ospedalizzazione a domicilio del Consorzio Sisifo in Sicilia; l’eccellenza dell’asilo nido di Bagnoro ad Arezzo, un progetto del comune con la cooperativa sociale Progetto 5, composta da 220 addetti (146 soci e 74 dipendenti, soprattutto donne). Ma spunti interessanti sono anche – viene ricordato – la storia umana e professionale di Maurizio Cocchi e della cooperativa di cui è presidente, Virtual Coop, che lavora che offrire alle imprese e alle Pubbliche amministrazioni servizi professionali nel settore web. Ancora, l’esperienza della cooperative Capodarco a Roma, con la gestione del Recup, il centro unificato di prenotazione sanitaria del Lazio. O ancora, sul versante della legalità, il ruolo delle coop sociali nella lotta alla mafia, molte delle quali soggette a intiidazioni e minacce, come la cooperativa “Giovani in vita” di Reggio Calabria, che impiega 60 soci-lavoratori e che tra i mesi di agosto e settembre ha subito minacce, intimidazioni e ritorsioni. O ancora, le esperienze di innovazione e specificità nei campi dell’immigrazione, dell’infanzia, della disabilità e della salute mentale, con l’esempio della cooperativa Noncello che ha ispirato il film “Si può fare”, interpretato da Claudio Bisio.
“Le persone svantaggiate stabilmente occupate nelle coop aderenti a Legacoopsociali – viene affermato nel dossier – sono circa 12 mila: il 45% è costituito da disabili, il 20% da persone con dipendenze patologiche, il 18% da pazienti psichiatrici, l’8% da detenuti ed ex detenuti, il 3% da disoccupati di lunga durata, il rimanente da altre categorie di svantaggio (donne vittime di tratta e altro). Le cooperative di tipo B aderenti a Legacoopsociali sono 650 e il 30% è nel Meridione. Eppure, al grande pubblico, nella stragrande maggioranza dei casi, viene denunciato che “la cooperazione d’inserimento lavorativo (di tipo B) viene raccontata solo in alcuni casi di presunte irregolarità”. Sul versante del lavoro le cooperative sociali di Legacoopsociali danno oggi lavoro continuativo e tutelato da un Contratto collettivo nazionale ad oltre 100mila persone, il 90% delle quali assunte a tempo indeterminato.
“Non dobbiamo guardare indietro – dice la presidente di Legacoopsociali Paola Menetti – ma volgere lo sguardo davanti a noi impostando percorsi di comunicazione che non siano solo difensivi, di risposta alla diffidenza con la quale spesso siamo guardati, ma che affermino positivamente il valore del lavoro di cui siamo portatori e il rapporto di senso che innesca in chi lo fa e in coloro che ne usufruiscono”.
(da Affaritaliani.it)
1 Comment
Queste esperienze di cooperazione sono molto lodevoli.
Ma lo spazio sui mezzi di informazione deve essere dato, a mio avviso, anche e soprattutto ai soci lavoratori delle Cooperative sociali che, per una miseria di stipendio, permettono a tutto il settore del sociale di andare avanti. Ma perchè siamo invisibili?