[commento apparso su Facebook e relativo a quanto accaduto a Trieste]
Con parole accorte, è necessario stabilire una maggiore collaborazione con gli operatori degli old media. Non credo che luoghi comuni e pregiudizi si riducano principalmente con i numeri, purtroppo. Occorre, io penso, valorizzare le esperienze positive (dei media, degli operatori dei servizi di cura, delle persone con disturbi mentali e delle loro famiglie) e contenere l’uso di parole che feriscono, intenzionalmente e non, chi attraversa l’esperienza del disturbo mentale. Alcune di queste parole sono usate dai professionisti dell’informazione in concomitanza con fatti di cronaca, altre – in maggioranza – sono usate per rafforzare concetti che con i disturbi mentali non hanno a che fare (la politica bulimica, la schizofrenia della Borsa). Sono queste, tra le parole che feriscono, quelle che sono almeno parzialmente evitabili. Feriscono, perché rafforzano indirettamente i luoghi comuni sulle persone con disturbi mentali (inaffidabili, pazzi pericolosi che uccidono, anche a Trieste), sono parzialmente evitabili perché il loro uso può essere ridotto sensibilizzando gli operatori dell’informazione sullo stigma, i suoi determinanti e i suoi effetti.