Il commento del dottor Sirolli: “Vedere queste persone negli spazi di Collemaggio è duro. Lasciarli venire qui è stata una scelta dolorosa, che però era l’unica percorribile e speriamo che sia breve e transitoria”
L’AQUILA – Sono tornati dove mai nessuno avrebbe voluto vederli: gli utenti del Dipartimento di salute mentale della Asl aquilana che dalla fine di agosto vivono in casette prefabbricate sistemate dalla Regione Trentino nel piazzale antistante la struttura di Collemaggio, proprio nel luogo in cui fino a metà degli anni ’90 era ospitato il manicomio della città, uno dei primi in Italia a recepire le normative introdotte dalla legge 180 e a chiudere i battenti a dicembre del 1996 insieme ad altre 4 strutture su tutto il territorio nazionale. Da 13 anni all’Aquila i malati psichiatrici vivono nello spazio della propria città “che ha saputo accoglierli”, come ripete spessissimo Vittorio Sconci, direttore del dipartimento di Salute mentale della Asl del capoluogo abruzzese.
All’indomani del terremoto fece arrabbiare alcuni e commuovere altri la decisione dei responsabili del Dipartimento di salute mentale di tenere nelle tende gli utenti del dipartimento che provenivano dalle case famiglia e dal centro di riabilitazione psichiatrica, in tutto una quarantina di persone alle quali si sommavano quelle che in quei tendoni partecipavano alle terapie del centro di salute mentale. Dopo mesi di “accampamento” e di convivenza pacifica con il resto dei residenti del Campo Globo, una delle tendopoli più grandi del comune aquilano (che, per la cronaca, ad oggi non è stata ancora smantellata ma solo ridotta), si sono divisi: alcuni, con l‘inizio dello smantellamento delle tendopoli e la consegna, per i più fortunati, delle prime abitazioni temporanee ha seguito la propria famiglia; qualcuno è invece rientrato nelle abitazioni agibili: è il caso per esempio degli abitanti di 5 delle 7 case famiglia che sono stati accompagnati dal personale medico e “seguiti soprattutto nei primi giorni dopo il rientro quanto più poteva essere difficile per loro restare soli in casa dopo mesi di convivenza nelle tende” spiega una delle infermiere che li ha seguiti. Altri, invece, i 10 residenti negli alloggi del Centro di riabilitazione psichiatrica che vivevano in due alloggi nella zona rossa della città e gli abitanti di due case famiglia le cui abitazioni sono fortemente lesionate sono stati accolti in casette prefabbricate nelle quali queste persone possono ritrovare degli spazi in cui tornare a sperimentare una propria autonomia. Poco lontani dalle loro casette ci sono poi i container nei quali si svolgono tutte le attività terapeutiche del dipartimento.
“Vedere queste persone negli spazi di Collemaggio è duro. Lasciarli venire qui è stata una scelta dolorosa – commenta il dottor Sandro Sirolli, direttore del centro diurno psichiatrico della Asl dell’Aquila – che però era l’unica percorribile e speriamo che la permanenza qui sia breve e transitoria quanto più possibile. In tutto abitano in queste casette una quindicina di persone; nelle loro abitazioni,laddove era possibile, sono cominciati i lavori. Speriamo davvero che al massimo a primavera queste persone possano tornare nelle proprie abitazioni ristrutturate. La scelta di Collemaggio – chiarisce il dottor Scrolli – come è facile capire, per noi medici è stata sofferta perché questi luoghi sono legati ad anni scuri della psichiatria. Ma presto chiuderemo anche questo capitolo”. (Elisa Cerasoli, 3 novembre 2009)