Dalla prefazione di Peppe Dell’Acqua: Eugenio comincia il servizio civile, e il suo racconto, in un luogo sospeso, magico, misterioso. Non c’è più il manicomio, la città non c’è ancora. Deve occuparsi, con altri giovani come lui, dei cinque “bambini” che abitano la casetta, un edificio che in passato ricoverava gli “infettivi”, una sorta di lazzaretto dentro le mura del manicomio. I bambini della casetta sono in realtà uomini adulti che ora abitano insieme e condividono decenni di malattia, istituzioni, storie, abbandoni. …. L’incontro di Eugenio e dei suoi compagni non poteva prescindere dal mettere in gioco il proprio corpo. Sembrano drammatici e violenti i “corpo a corpo” che accadono nella casetta. Sembra insostenibile la confusione che alimenta la vita sconnessa e improbabile di quelle cinque persone, intollerabile il mescolamento e la convivenza. Ma è proprio da qui che si produce il senso di un’esperienza, di un percorso, di un’esistenza