A Roma da qualche anno c’è “Lo spiraglio”, festival del cinema sulla salute mentale. Lo so perché qualche anno fa mi hanno invitato. Era il momento del viaggio negli Opg. Tutti a farmi i complimenti e io a dire: ma i complimenti li dovete fare a Erika e Giuseppe che per 5000 chilometri, per 15 giorni, non mi hanno mai mollato. Il film documento piacque molto a Paolo che mi invitò al TorinoFilmFestival. Un bel tipo questo Paolo, livornese, fantasioso, un po’ anarchico e un po’ scanzonato. Per farla breve siamo diventati amici. Gli raccontai che a Livorno ero stato accolto alla grande e mentre mi imbarcavo per Palermo per andare al manicomio criminale di Barcellona Pozzo di Gotto, cantavano “bella ciao”, io avanti e tanti giovani dietro!! Mi sembrava tornare alla gioia e all’entusiasmo degli anni di San Giovanni. Quest’anno allo spiraglio hanno deciso di premiare Virzì, come se non bastassero tutti i premi che gli hanno già dato. Adesso basta Paolo, con stì premi, se no vieni a noia!
Scherzo, merita tutti i premi del mondo. Poi, non per dire, nel film c’ero sempre anch’io! Insomma Paolo ha fatto un film importante, è riuscito a raccontare tutte le cose che mi raccontarono nel 2003 gli internati e il Drago di Montelupo, nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino, quando andai a trovarli : folli rei e rei folli, fasce per legare le persone, psicofarmaci, elettrochoc, case o ville che sembrano piccoli manicomi. Sono stato sempre un ficcanaso vorrei andare a Roma anch’io.. E così non senza fatica, sto diventando vecchio, mi faccio portare a Roma. Forse più per salutarlo che per sentire cosa dice. E’ pronto il tuo prossimo film? Tra poco, fa, lo stiamo montando, e devo doppiarlo in italiano, Giannini doppia Donald Sutherland. Un’altra fuga da un luogo triste.
Arriva il momento della premiazione. Come premio gli danno una clessidra. Per lui che ha l’horror vacui (?) ha detto un nostro comune amico,è peggio di un pugno tra i denti. Il mio amico che sa tante cose mi ha spiegato che è impaziente, ansioso, non sa stare senza fare niente, ha un rapporto pessimo col tempo. Mah! Poi gli fanno qualche domanda, lui appare dapprima riluttante, vorrebbe andar via quanto prima, poi, preso l’abbrivio dice che la psichiatria romana è una schifezza (questo avrei voluto nitrirlo io!), che i luoghi che lui ha visto sono brutti e soprattutto ci legano le persone, cosa che non fa bene alla loro salute. Noi cavalli sappiamo da secoli cosa vuol dire essere legati e così sogniamo ogni notte il verde e l’azzurro delle praterie sconfinate. Che bravo Paolo a dire queste cose! Tutti i presenti si sono all’improvviso ricordati che la psichiatria non è quella cosa ruffiana raccontata in Crazy for football, dove si racconta di quanto è figo giocare a pallone per guarire, la psichiatria è quella cosa che se stai male ti sbatte in un SPDC, ti imbottisce di farmaci e ti lega al letto, questo racconta, e poi parla degli OPG, e io cavallo che ne ha viste tante, penso: ma tu vedi se doveva venire un regista a raccontare ai romani, o meglio a ricordare, quali sono le questioni aperte della psichiatria in Italia, e un festival, dedicato nientemeno che alla salute mentale, probabilmente finora non ha mai pensato, neppure una volta, a questa storia. E allora ci pensa Virzì e (il suo amico cavallo, che sarei io) a ricordare che c’è una campagna per abolire la contenzione, e parla di Mastrogiovanni; dice delle Residenze che io ancora non ho capito se sono carceri o piccoli manicomi. In questa regione, il Lazio, ne ho viste con alte reti, col filo spinato, con le porte blindate, con telecamere dappertutto, con le grate alle finestre… Che sconforto, caro Paolo, ci tocca sempre ricominciare daccapo. Una storia che non finisce mai. Paolo dice che col suo film voleva augurare che questi luoghi possano diventare delle Ville Biondi, cioè dei luoghi dove si cura e si sta bene insieme e non prigioni che ti rubano il tempo, il nome, la storia, i pensieri, le parole, la vita e ogni possibilità. Ma come si potrà, dico io cavallo, nelle gabbie laziali o nelle residenze romane, o nelle cliniche con nomi di fiori, di vento e di colori o a colle Cesarano. Forse bisognerebbe farlo sapere al commissario Montalbano che cominci a indagare. Infine, dice, alludendo ai politici, che lui auspicherebbe un governo di psichiatri, solo psichiatri nei dicasteri (una parola difficile, ma proprio così ha detto), se l’Italia è un manicomio, che se ne occupino gli psichiatri. E già.
Purtroppo, quando pensa di averla scampata, inizia l’intervista alla Marzullo, uno che ho cosciuto più di 40 anni fa, appena uscito da San Giovanni. A un critico cinematografico romano, Franco Montini, che non conoscevo la prima domanda. la domanda molto pensata è: tu che vivi da molti anni a Roma, come mai hai fatto solo tre film su Roma? Non ricordo il povero Paolo cosa ha risposto. Certo, pure a rispondere a domande così ci vuole fantasia. Vai Paolo!
Tuo Marco Cavallo