Cara Maria, ho letto di recente una tua dichiarazione. Hai detto: “..fare delle Rems appannaggio esclusivo delle persone prosciolte e con misura di sicurezza definitiva, avrebbe significato, negare il diritto di cura a un’ampia fascia di persone detenute, abbandonandole al proprio destino (!) …” Quando sento parlare di carceri, di manicomi , di matti m’imborezzo, come dicono a Trieste, e così mi è venuto di scriverti.
Sono “i 148” del codice Rocco, quelli che già condannati si ammalano in carcere, o dichiarano insistentemente di star male o creano turbativa o cercano in tutti i modi insieme ai loro avvocati vie d’uscita. Mettiamoli nelle Rems questi 148, hai detto subito tu. Per curarli, s’intende. Mah! io non penso sia una buona cosa. Forse non sai che il primo manicomio criminale fu creato ad Aversa nel 1876 proprio per portare fuori dal carcere i “rei folli”, per sgravare le galere di un peso e di una turbativa e per garantire la cura (!). Con il tuo emendamento passato al senato si ripristina, come tu forse non prevedevi, la vecchia normativa e le Rems saranno presto come i vecchi Opg. Dovranno “ricoverare” i detenuti con sopravvenuta infermità mentale e tu, con assoluta lungimiranza e spirito di uguaglianza, già che c’eri, hai voluto che arrivino nelle Rems anche quelli in osservazione psichiatrica, quelli con una misura di sicurezza provvisoria! Hai con poche parole stravolto la funzione delle Rems che non sarà più “residuale”. I professoroni, quelli che sanno sempre tutto, quelli della sicurezza, quelli che la malattia sta nel cervello, che la perizia dello psichiatra è come il teorema di Pitagora e i pazzi non possono che essere incapaci, pericolosi, incurabili, irresponsabili ti sono venuti subito dietro. “Questi che hanno voluto la legge 81 vogliono mettere tutti i malati di mente in carcere – hanno detto e scritto e con un sospiro di sconforto-.. stavano così bene tutti nei manicomi criminali”. I vecchi sapientoni, come li chiamammo allora, quando mi respinsero con velenosa ostilità mentre tentavo di uscire da San Giovanni, si sono legati subito al tuo carro nella speranza di salvare i loro strumenti polverosi, le loro certezze assolute odoranti di lisoformio e di naftalina, la freddezza disumana delle loro diagnosi e delle loro perizie inappellabili: incapaci di riconoscere i soggetti, le persone, i diritti, l’uguaglianza, la possibilità di rimonta. Di riconoscere le storie singolari. Mah, quante me ne avevano detto quando negli ormai lontani anni settanta cercavamo di aprire la prima breccia nelle mura dei manicomi! Ripenso sempre alla gioia e alla malinconia degli incontri negli Opg.
Mi sarebbe piaciuto averti accanto. Insieme avremmo potuto capire. Giuseppe, che non riesco a dimenticare, l’ho conosciuto a Secondigliano durante il viaggio del 2013 quando sono entrato in tutti quei tristissimi luoghi. Mi aveva detto con parole che parlava con fatica: “…un cavallo legato a un carretto non è libero e desidera sempre la sua libertà – poi silenzio e ancora poche parole sussurrate mentre mi accarezzava i fianchi – .. il cavallo pensa ai prati e a correre nelle praterie libero e senza confini”. Proprio così mi disse “ senza confini”. Mi aveva compreso più di ogni altro.
Il diritto alla salute e alle cure dei detenuti di cui parli, cui pure tutti noi teniamo, non si risolve così, Maria! Occorre che si rafforzino e si qualifichino i programmi di tutela della salute in carcere e che gli operatori dei servizi di salute mentale vi portino la cura, organizzino programmi alternativi e, se del caso, il detenuto con un disturbo mentale sopravvenuto lo curino nei servizi di quel territorio. La legge 81, signora Maria senatrice, che hai devastato insieme ai nemici sapientoni in naftalina, è stata fatta proprio per illuminare i luoghi dove si accumulano gli scarti, “dove domina la cultura dello scarto” come dice papa Francesco, dove le persone non esistono, dove ogni cosa appare in ragione della “pericolosità, del pregiudizio, della discriminazione, dell’impossibilità, della sicurezza, dell’incurabilità. Non si può affrontare un problema grave, creandone uno enorme.
Mi figuro ora la violenza, la sopraffazione, i clan che torneranno in questi luoghi. I clan dei “148”, che si formeranno a scapito dei più fragili, forse avresti dovuto pensare alla camorra e alla malavita organizzata che occuparono negli anni passati i manicomi criminali. I detenuti che dovrebbero essere accolti e curati in percorsi pensati per loro porteranno regolamenti penitenziari ancora più restrittivi che verranno ritenuti assolutamente necessari: per evitare l’evasione, i contatti con l’esterno, il rischio di riproduzione di piccole associazioni criminali. I detenuti loro malgrado stravolgeranno quel poco di apertura e di possibilità che con tanta fatica e generosità hanno avviato tanti giovani operatori.
Una giornata orribile, quella dello scorso martedì ! Tanti mi hanno chiamato, si aspettavano un piccolo miracolo dalla commissione del Senato che discuteva del tuo emendamento. Niente. Nessun miracolo. Io quasi volevo credere in un tuo ravvedimento. In fondo volevi fare del bene, eri animata da buone intenzioni. È rimasto invece tutto intero quello sciaguratissimo emendamento. Cara Maria, senza volerlo, di questo sono certo, hai vanificato 36 mesi di lavoro. Il dilettantismo politico ha condotto a una sconfitta di cui mi toccherà vedere i danni molto presto, purtroppo.
Se nulla accadrà nei prossimi giorni alla camera.