[Pubblichiamo una riflessione di Simona Vinci, già autrice de “La prima verità”, sui fatti di Budrio.]
L’ultima settimana, nel nostro territorio, non è stata facile. Non è stato facile apprendere di un brutale omicidio avvenuto in un locale che da sempre veniva considerato come un’oasi di tranquillità, uno di quei posti sonnacchiosi e quieti dove si va a prendere un caffè e mangiare un panino semplice, come quelli di una volta, senza mode alimentari e presentazioni fantasiose, niente happy hour, niente fronzoli, quattro vecchi che giocano a carte, lavoratori di passaggio che mangiano un boccone, clienti abituali che comprano le salsicce passite e fan venire l’ora di tornare a casa. Eppure, è successo. E Budrio è finita sulle cronache di tutti i quotidiani e di tutti i tg per un fatto di sangue che nulla ha dell’ordinario, neanche volendo considere come “ordinari” i furti in casa, i tentativi di scasso nei bar o nei negozi con le serrande abbassate – che ovvio, ogni tanto capitano, ma da qui a farne la norma e la quotidianità ce ne passa. – Quello che è accaduto la sera di sabato 1 aprile al Bar Gallo della Riccardina è un fatto inaspettato e imponderabile. La narrazione che ne è seguita si è gonfiata in un torrente in piena che ha ci travolti e costretti anche, in qualche caso, a riempirci la mente e la bocca di paure e terrori e rabbie che da piccoli, umani timori si sono trasformati in qualcosa d’altro. Qualcosa che personalmente mi fa più paura del presunto killer russo “armato fino ai denti”, “bestia”, “macchina da guerra”, “killer ninja”, spietato ex soldato dell’Armata Rossa o chissà che altro ancora, che si aggira per le campagne della bassa braccato da Polizia, Carabinieri, corpi speciali, cecchini, parà, cani molecolari, elicotteri a sensori termici che da oltre sette giorni pattugliano la zona giorno e notte con il loro suono inquietante di pale da Apocalypse Now. “E’ pericoloso, state attenti.” La narrazione alimenta la psicosi. Budrio è stata presa d’assalto da cronisti d’ogni parte d’italia e d’ogni inclinazione politica, pronti a registrare l’anomalo nella quotidianità. E a riportare in grassetto nei titoli dei quotidiani dichiarazioni indecenti del genere “A Budrio di notte non si girava neanche prima, figuriamoci adesso” oppure “ora gireremo tutti armati”. Ovviamente c’è stato chi non vedeva l’ora di poter salire in groppa a questo evento terribile e in tempi di campagna elettorale provare a sfruttarlo per tirare acqua al proprio mulino. “E ora la legge sulla legittima difesa” è stato lo slogan preferito. Cittadini abbandonati dallo Stato che diventano giustizieri e pistoleri. Ma è questa, la realtà del nostro paese e del nostro territorio? Che sia necessario avere una presenza delle forze dell’ordine sul territorio è evidente ed è questo che dovremmo chiedere allo Stato: pene severe per chi delinque e la sicurezza di essere protetti. Ma questo è un altro discorso rispetto a quello che volevo fare, il punto per me è un altro: è che ci siamo resi conto sulla nostra pelle (è la prima volta, capite?) di quanto la cosiddetta ‘informazione’ sia parziale e manipolatoria, di quanto sia strettamente legata e condizionata dalla politica e di quanto, ancora, sia responsabile nel creare un clima di terrore diffuso che non aiuta le persone a comprendere i fatti, a prendersi il tempo di elaborare un evento, ma getta le nostre piccole anime in un pozzo di paura. Una comunità che si chiude in casa, dice di volersi armare, sbarra porte e finestre e vive nel terrore è una comunità fragile, che non ha fiducia nella propria capacità di reagire in modo composto e collaborativo e io non credo, non voglio credere, che questa comunità sia così. Ho apprezzato sinceramente i toni e i modi con i quali il nostro sindaco Giulio Pierini è riuscito a tenere unita la cittadinanza. Senza nascondersi, senza spararle grosse, con compostezza e umanità. So che ci sono decine di persone che non saranno e non sono d’accordo con me, so che la rabbia e la paura obnubilano la mente, ma so anche che la maggioranza della popolazione non ci sta a farsi rinchiudere in casa con il terrore dentro. Vorrei consigliare a qualcuna di queste persone arrabbiate e impaurite di provare a leggere un libro, uno dei capolavori dello scrittore americano Cormac McCarthy, si intitola “Non è un paese per vecchi” ( i fratelli Coen ne hanno tratto uno splendido film nel 2007 ). Una storia di caccia all’uomo, avidità e vendette che descrive un mondo spietato e senza regole se non quelle del più forte, un mondo in cui ciascuno cerca di farsi giustizia da sé e quello che resta sono macerie (materiali, organiche e morali). Aveva ragione lo sceriffo Bell, uno dei protagonisti, fin dall’inizio del libro: quel paese (l’America al confine tra Texas e Messico) non è più un paese per vecchi, la legge morale ha abbandonato l’anima delle persone, resta solo la violenza. E alla violenza si risponde, pare, solo con la violenza. Ma lo sceriffo Bell è un uomo vecchio stampo, uno di quegli uomini, tra l’altro, che quando dormono sognano e quando si svegliano si ricordano i sogni che li hanno visitati, e nel suo sogno lui è insieme a suo padre, a cavallo, in un territorio ostile e sconosciuto e porta una fiaccola in mano per fare luce e accendere un fuoco che scaldi “in mezzo a tutto quel buio e quel freddo”. Senza il sogno di una fiaccola che porta la luce e sia capace di scaldarci, siamo tutti perduti. Io esco poco la sera perché ho un bambino piccolo, ma quando esco non ho affatto paura di attraversare le strade del mio paese, non è vero che siamo chiusi in casa, non è vero che vogliamo diventare tutti dei giustizieri, non è vero. Solo il 28 marzo scorso era uscito su Il Resto del Carlino un reportage sui paesi del territorio emiliano che descriveva Budrio, attraverso le testimonianze degli abitanti, come il paese del buonumore. Questa settimana ci ha messi alla prova, la vita e gli eventi mettono sempre alla prova, ma se una comunità si fida di se stessa, le prove si affrontano, e il buonumore, nonostante le perdite e il dolore, prima o dopo si ritrova. Si deve ritrovare.