Riflessioni sul “manicomio chimico”.
di FedeShoe.
Disobbedire alle regole e alla burocrazia o disobbedire alla propria coscienza? In che modo si può dire di vivere una vita realmente vissuta? Cosa è giusto e cosa è sbagliato? Cosa cura e cosa no? A cosa serve la psichiatria? E’ una scienza? La psichiatria è veramente in grado di curare i mali dell’anima? La malattia mentale esiste? Gli psicofarmaci curano? Porte chiuse, sbarre alle finestre, sedazione forzata e talvolta punitiva, oggettivazione diagnostica, abuso del ricovero coatto sono misure terapeutiche utili a rispondere all’esigenza di una persona che sta soffrendo?
Sono solo alcuni degli interrogativi che mi sono venuti in mente dopo aver letto il libro di Piero Cipriano “Il manicomio chimico”.
Piero Cipriano, attraverso uno stile che è sì “cronaca di uno psichiatra riluttante”, ma che è anche saggio, mette il dito nella piaga delle contraddizioni psichiatriche. Una psichiatria che continua a cercare risposte oggettive, tecniche, scientifiche e quindi diagnostiche e farmacologiche. Cipriano denuda questa pseudoscienza a tratti con tatto a tratti con durezza.
Ma si tratta un libro che va oltre la psichiatria, è un libro che stimola riflessioni sulla società tutta. Una “società chimica”, come la definisce lui: una farmacocrazia. Perché la farmacocrazia è parte del nostro quotidiano, la farmacocrazia è la risposta a mali che vengono curati solo in superficie. Questo avviene perché non abbiamo il coraggio né la volontà di andare in profondità, fin dentro noi stessi e le nostre contraddizioni, le nostre sofferenze quotidiane, il nostro continuo guardare fuori per trovare soluzioni che possono essere trovate solo dentro.
Accade così che la società diventa chimica, psichiatrica, psicologicizzata. Basta un lutto, un divorzio, un momento di ansia o di tristezza e trac! Ti viene diagnosticata una depressione e trac! Ti viene prescritto uno psicofarmaco.
Siamo una società chimica: persino le canne oggi sono chimiche. E non fa differenza tra droghe legali e droghe illegali, sempre droghe sono e, gira e rigira, sono sempre state sintetizzate dalle case farmaceutiche.
Mentre noi ci illudiamo, o veniamo illusi dal fatto che il farmaco “ci guarirà”, ne diventiamo lentamente dipendenti.
Stiamo ricevendo un enorme abbraccio globale psichiatrico. La bibbia degli psichiatri è il DSM (il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) e il primo DSM è stato prodotto nel 1952. Allora venivano catalogate meno di cento patologie. Oggi ce ne sono più di trecento. Così, mentre noi viviamo vite sempre più alienate e alienanti in bilico tra realtà analogica, fatta di emozioni e sentimenti, e realtà digitale fatta di relazioni mediate dal freddo mezzo computerizzato, la psichiatria ci sta silenziosamente rendendo tutti matti. Se andiamo a scavare nel nostro profondo,teoricamente ognuno di noi ha la sua potenziale patologia psichiatrica. E a questo disagio globale legato al lento dissolversi del mito del progresso occidentale come risponde la psichiatria?
Con il farmaco, con le molecole, con il manicomio chimico.
Piero Cipriano ci racconta in maniera chiara la storia degli psicofarmaci, ci dice che chi ne abusa ha aspettative di vita di vent’anni inferiori a chi non ne fa uso. Che anni di studi stanno dimostrando quanto nella realtà i farmaci anziché produrre soluzioni causano danni collaterali.
Ma il farmaco in alcuni casi è utile. Dovrebbe essere usato con molta attenzione e dovrebbe essere solo l’extrema ratio. Ricerche hanno dimostrato che in alcune zone dei paesi in via di sviluppo, dove c’è un ridotto uso di psicofarmaci, l’indice di guarigione dei pazienti psichiatrici è di gran lunga superiore rispetto a paesi in cui la prima risposta al disagio psichico è la risposta farmacologica.
Uno studio fatto da Martin Harrow su sessanta pazienti schizofrenici, studio fatto su quindici anni (“altro che a sei, dodici o diciotto settimane, come fanno le case farmaceutiche” dice Cipriano) ha dimostratoche il 40% dei pazienti non trattati farmacologicamente era guarito e che il 50% lavorava. Mentre solo il 5% dei pazienti curati con gli psicofarmaci era guarito e ben il 64% aveva ancora una sintomatologia psicotica.
Cipriano è uno psichiatra riluttante. Nell’SPDC in cui lavora, a Roma, è conosciuto per essere “quello che slega le persone”, che le accoglie con l’ascolto e il dialogo. Quello che se può riduce il farmaco, quello ribelle. Cipriano si definisce basaglianoe nel libro ci spiega cosa significa essere basagliani. Cipriano è una pecora nera della psichiatria e la sua narrazione ci avvicina alla quotidianità di un SPDC a porte chiuse che pratica la contenzione fisica e farmacologica.
E’ francamente un pugno nello stomaco, è una denuncia e una lucida confutazione del modo dominante di fare psichiatria oggi in Italia e nel mondo occidentale.
Sono passati più di 35 anni da quando la Legge 180 ha ridato dignità e diritti ai malati mentali. Ora tutto è diventato patologia, ora c’è la sensazione che il mondo intero sia diventato ancora più folle. Forse è per questo che la salute mentale viene così ignorata, forse è perché la follia fa apparire nella cosiddetta normalità mostri e demoni che nessuno vuole vedere. Cipriano non fornisce delle soluzioni, si limita a denunciare una realtà fatta di ingiustizie e menzogne.
Menzogne che la gente racconta prima di tutto a se stessa per nascondere una lampante realtà: dobbiamo tutti iniziare a conoscere meglio noi stessi. Dobbiamo iniziare ad accogliere le nostre contraddizioni, dobbiamo cominciare ad abbandonare la nostra visione dualistica della vita, dobbiamo cominciare ad ascoltare di più i grandi della storia. A cominciare da Gesù, il quale diceva: “ama il tuo prossimo come te stesso”.
Oggi il prossimo è un nemico o è causa di paura e va quindi rimosso con ogni mezzo.
Ma la realtà è che noi piccoli uomini siamo tremendamente spaventati da ciò che non conosciamo. E la follia in questo è una grande maestra di vita, nonché generatrice di paura.
Solo con il coraggio, la saggezza e un profondo senso di gratitudine per la vita e per tutto ciò che abbiamo (tanto o poco non importa) potremo capire che in realtà non v’è nemico, non c’è pericolo alcuno in nessuna forma di diversità, in nessuna terra, paese o cultura sconosciuta. Sono stufo di avere paura della mia ombra, voglio vivere con curiosità e rispetto ogni lato della mia e dell’altrui vita. Al di là delle apparenze. Questo e molto altro ho appreso dal libro di Cipriano.
(Piero Cipriano “IL MANICOMIO CHIMICO – cronache di uno psichiatra riluttante”, Elèutera edizioni, 2015)