In tutta la Provincia ha previsto un solo CSM e tre SPDC strutture complesse.
Gli operatori chiedono CSM forti, integrati con il territorio e animati dalla partecipazione attiva delle associazioni dei familiari, ispirati alla Legge 30 e 26 / 2006 Regione Puglia.
di dott.ssa Caterina Pia Guerra(Psicologia Clinica e della Salute), dott.ssa Maria Francesca Notarangelo (Psicologia Clinica e della Salute) e Marilisa Notarangelo (Infermiera Professionale), membri della Consulta Provinciale di Foggia
Nella provincia di Foggia è accaduto un caso unico in Italia. Con la nuova pianta organica, n. 1223 del 6 agosto 2012, i CSM sono stati ridotti, da nove ad un unico CSM provinciale. L’elefantiaco servizio territoriale l’hanno voluto situare a Foggia. I suoi operatori socio-sanitari si faranno carico della cura e dell’assistenza di una popolazione di 600 mila abitanti. Da questo numero, si percepisce che in Italia la provincia di Foggia è la seconda per estensione.
Non solo. Il suo territorio è variegato.
L’Appennino Dauno comprende più di 40 comuni isolati e con una viabilità accidentata. Il Gargano, zona estesa e montuosa, è dotato di una particolare e difficile rete stradale. In estate, per il rientro degli emigranti e per i turismi religiosi, culturali e balneari raggiunge un elevatissimo numero di persone. Per dare un’idea di grande estensione del territorio, l’area Nord della provincia di Foggia confina con il Molise, mentre l’area Sud è delimitata dall’Ofanto.
Le Criticità
- 1. ACCORPAMENTO DEI CSM
Con questa visione amministrativa, i nove CSM dislocati sul territorio provinciale sono destinati a diventare degli ambulatori periferici, privi di risorse umane e strutturali. Le persone con disagio e disturbo psichiatrico riceveranno consulenze farmacologiche o colloqui psicologici su prenotazioni, con un tempo di attesa di circa un mese. Questa assurda pratica di presa in carico della persona sofferente sarà causa di un forte conflitto sociale e di una inimmaginabile rottura dell’alleanza con i familiari, risorse importanti per la cura della persona sofferente e per la guarigione sociale. Questa scelta ragionieristica non considera quanto accade nel mondo e trascura gli effetti sanitari della globalizzazione, con un sud del mondo che impone le sue giuste richieste esistenziali. La provincia di Foggia, ormai, è il luogo-meta dei nuovi migranti, i quali cercano lavoro nel Tavoliere come neo braccianti. A causa di questo fenomeno sociale, non quantificabile in termini di presenze umane, in questi ultimi anni si è avuto un forte aumento della nuova cronicità, trascurato da chi vuole la chiusura dei nove CSM.
Nel territorio della provincia di Foggia, le strutture residenziali presenti ospitano persone con grave cronicità e disabilità e rischiano di diventare luoghi neomanicomiali di custodia. Tali strutture, quasi tutte h 24, sono gestite dal privato-mercantile e poco spazio viene dato al privato sociale. In queste strutture psichiatriche prevale la logica del lucro e la riabilitazione psicosociale viene ostacolata dagli operatori delle strutture, i quali vivono ormai in uno stato di burn out, spesso senza riconoscimenti economici e con arretrati finanziari di circa un anno. Se questo è il quadro generale dell’assistenza psichiatrica nella provincia di Foggia, l’eliminazione dei nove CSM produrrà, nel tempo, un ulteriore incremento della cronicità e del numero dei ricoveri, facendo lievitare la spesa sanitaria regionale. L’alternativa alla destrutturazione del sistema dei servizi territoriali psichiatrici nella ASL di Foggia è costruire una rete di strutture leggere come Gruppo Appartamento, Comunità Alloggio, Centri Diurni ben integrati con i CSM e Case per la Vita. Con questi servizi è possibile far fronte alle criticità delle strutture residenziali affidate al privato mercantile, nella maggior parte dei casi scollegate con i CSM. Per queste ragioni, non è possibile conciliare alcun progetto di riabilitazione vera con strutture residenziali finalizzate a se stesse, luoghi di deposito umano che servono a nutrire gli appetiti di un privato, assente in ogni processo di guarigione e spesso avversario-nemico delle associazioni dei familiari. Le ragioni sono tutte interne all’onerosa spesa per l’assistenza, che ha raggiunto cifre elevate.
“Ma – ci chiediamo – è possibile costruire buone pratiche di cura in un territorio di 600.000 abitanti dove opera un unico CSM?”.
Il Direttore Generale ASL Foggia in un incontro con gli operatori e la Consulta ASL FG si è dichiarato aperto e disponibile a rivedere la riorganizzazione degli CSM, proponendo di ridurre i nove CSM a cinque: Foggia, Troia-Lucera, San Severo, Rodi-San Marco, Cerignola-Manfredonia. Ad oggi, siamo ancora in attesa che questa proposta venga attuata e inglobata nella nuova pianta organica. Nel frattempo, gli operatori e la consulta dei familiari della provincia di Foggia hanno anche chiesto ed avuto un’ audizione con la Presidenza della Commissione Sanità e l’Assessorato alle Politiche della Salute Regione Puglia per evidenziare questa situazione. Ciò nonostante, nulla è cambiato.
- 2. ESCLUSIONE DELLA NEUROPSICHIATRIA INFANTILE
Nella nuova dotazione organica non è stata prevista la Neuropsichiatria Infantile. Questo servizio, completamente carente nel Dipartimento, non consente l’accesso dei casi all’esordio precoce. Per colmare questa incomprensibile lacuna assistenziale, provvedono pochi consulenti neuropsichiatri,che operano nei poliambulatori per poche ore settimanali.
- 3. MANTENIMENTO DEGLI SPDC COME REPARTI: ALTROVE SONO SERVIZI-REPARTINI
Da queste dinamiche di politica sanitaria, si deduce che nella nostra provincia di Foggia prevale la visione ospedalocentrica. Nelle sedi istituzionali, difetta la presenza di operatori provenienti dai servizi psichiatrici territoriali e manca una cultura dei servizi sanitari di comunità. Al contrario di quanto accaduto per i CSM, i tre SPDC vengono promossi a strutture complesse, reparti di Psichiatria che assorbono tante risorse finanziarie e professionali con aumento vertiginoso della spesa sanitaria e la perdita di professionisti addetti all’assistenza dei sofferenti psichici sul territorio o a domicilio. Ma con la riduzione dei nove CSM e il loro declassamento a meri ambulatori si assiste al fenomeno della “porta girevole”: i pazienti cronici affetti da patologia mentale grave entrano ed escono dai reparti per acuti, gravando oltre sui costi dell’assistenza psichiatrica, anche sulle famiglie con un carico familiare emotivo eccessivo. Alle soglie del terzo millennio e con il piano di rientro ospedaliero della Puglia è assurdo ed inconcepibile questa primitiva organizzazione dei servizi psichiatrici territoriali, che alimenta il conflitto nelle famiglie e nei pazienti e produce patologie psichiatriche. Da queste nostre considerazioni possiamo affermare che nella nostra Puglia è in atto una sorta di doppio legame, stop end go. Le “Linee Guida della Regione Puglia”indirizzano le ASL, con il piano di rientro, verso una politica sanitaria, mirante alla riduzione dei posti ospedalieri ed al rafforzamento della rete territoriale, gli atti amministrativi delle ASL, invece, eliminano otto CSM su nove.
Nella provincia di Foggia, comunque, fino ad oggi, pochi CSM effettuano l’apertura pomeridiana (San Severo,Manfredonia e Foggia), quasi tutti sono aperti per sei ore al giorno e nelle sedi principali, mentre nei piccoli comuni l’assistenza viene fornita una o due volte al mese, garantendo una assistenza parziale.
A nostro parere, gli SPDC, come le comunità H 24, andrebbero ridimensionati, poiché assorbono molte energie economiche e fisiche. L’investimento delle risorse umane e finanziarie andrebbe fatto per investite una buona rete assistenziale territoriale fatta di strutture semiresidenziali, abitative leggere e di CSM, aperti 24 ore, tutti i giorni. Con questa organizzazione l’assistenza psichiatrica sul territorio o a domicilio consentirebbe, in poco tempo, il miglioramento della qualità della vita dei sofferenti psichici, dei familiari e di tutti i membri della comunità. A tutti loro verrebbe assicurata una presa in carico multidisciplinare, multidirezionale, supportata e cooprogettata dalle Associazioni, di utenti e familiari, che diventerebbero una risorsa per i servizi sul modello del “Fareassieme” e della “Cooperazione Sociale”.
- UN DSM SENZA GUIDA
Allo stato attuale, però, il Dipartimento di Salute Mentale della provincia di Foggia è orfano del Direttore, viene gestito a scavalco dal Direttore del Dipartimento delle Dipendenze Patologiche. Un Dipartimento di Salute Mentale svuotato nella governance e nelle propri funzioni operative non può leggere i bisogni della popolazione e programmare possibili soluzioni per una migliore qualità della vita delle comunità territoriali. La precarietà di direzione e di governo dei fenomeni sociosanitari è fonte di sperpero di denaro pubblico e di mancata progettualità aziendale: sembra un ritorno al passato in cui ruoli, funzioni, pazienti sono confusi tra di loro. Questa precarietà nella governance non favorisce l’efficienza della spesa sanitaria e la buona integrazione socio-sanitaria.
- ASSENZA COMPLETA DEL SOCIALE
Ed accade che nei Piani sociali di Zona tra DSM e Ufficio di Piano non esiste una progettualità condivisa e rispondente ai bisogni reali dei cittadini sofferenti. I finanziamenti previsti dalla Regione Puglia per la Salute Mentale non vengono erogati e finalizzati a progetti “seri” per essere utilizzati in modo proficuo. Spesso i finanziamenti che dovrebbero essere destinati all’integrazione e all’inclusione sociale dei soggetti affetti da grave patologia psichiatrica, vengono utilizzati per altri scopi ed accantonati in altri capitoli di bilancio. Gli Uffici di Piano decidono, il più delle volte, in modo autonomo la Programmazione degli interventi socio-sanitari, disattendendo le Linee Guida della L. 328/2000 e quei pochi obiettivi sociali previsti dalla programmazione dei Piani Sociali. In queste programmazioni, mancano le “Borse Lavoro”, gli inserimenti lavorativi, e le civili abitazioni per persone affetti da patologia psichiatrica stabilizzati. In questi luoghi, si tracciano vie assistenziali accidentate. Progettano e accelerano la contrattualizzazione di strutture sociosanitarie contenitive con oltre 40 posti letto e non consentono di attivare sul territorio le esistenti “Case per la Vita” e i “Gruppi Appartamento”. In pratica si favorisce l’abitabilità pesante e neomanicomiale, penalizzando l’abitabilità leggera e di qualità. Perché? Nei servizi sociali dei comuni, manca una cultura sulla cooperazione sociale per costruire percorsi di inserimento lavorativo protetti, in cui sia coinvolto, oltre al mondo imprenditoriale, quello associativo locale. Gli Enti Pubblici, come i privati, non permettono le assunzione dei diversamente abili iscritti nelle categorie protette. I Comuni, peggio, per le commesse relative alla manutenzione del verde pubblico, percorsi e itinerari turistici, salvaguardia dei beni culturali, raccolta differenziata dei rifiuti, si rivolgono a privati. In questi enti pubblici locali, ci sono molti muri e resistenze da demolire, c’è bisogno di deistituzionalizzare i governi delle città ed aprire nuovi percorsi di cittadinanza. Occorrono città sociali che ci liberino dal manicomialismo municipale.
Proposte
Il nostro auspicio è che si superi questa situazione di degrado culturale in cui si è rimasti bloccati. Il nostro auspicio è che si blocchino le logiche manicomiali istituzionali fonti di stress da parte degli operatori, di aumento del carico delle famiglie, di sperpero della spesa pubblica per effettuare, quanto prima, una Programmazione della Salute Mentale nella provincia di Foggia, che dia la centralità ai CSM,dotandoli di funzioni e risorse, con apertura a 12-24 ore, con il coinvolgimento di tutte le forze impegnate nel campo della salute mentale: associazioni dei familiari per la Salute Mentale, sofferenti, cittadini, operatori, volontari e dirigenze.
Auspichiamo che la nuova programmazione possa guardare ad un modello assistenziale che metta al centro la persona, la famiglia, il territorio e che consenta ad ogni cittadino del mondo di ricevere gli interventi integrati, senza allontanarlo dal loro contesto di vita. Siamo fermamente convinti che ciò si può realizzare se si rinuncia alla visione ospedalocentrica- residenzialità e si scelga quella della cura e della prevenzione con il potenziamento del territorio, dotandolo di CSM forti, di risorse economiche, civili abitazioni e strutture leggere. Lavorando in questa ottica si può ridurre il fenomeno della ospedalizzazione ripetuta, della residenzialità, delle strutture sociosanitarie manicomiali con 40 posti letto, del carico emotivo delle famiglie, nonché la spesa sanitaria. Questa può essere la via per dare ad ogni “malato mentale” la dignità umana,i diritti di cittadinanza e la giusta integrazione sociale.