da quotidianosanita.it, 2 aprile 2024
Un paziente schizofrenico si è suicidato pochi giorni or sono nel carcere di Torino. Di suicidi, nelle carceri italiane, ce ne sono stati 28 in questi primi tre mesi del 2024. Il paziente schizofrenico di Torino era stato disposto, con sentenza del Giudice, che fosse ‘ricoverato’ in una Rems. Le Rems sono strutture a numero chiuso, unicamente gestite dai sanitari: hanno circa 650 posti letti e sono sempre piene. I Tribunali possono disporre fin che vogliono il ‘ricovero’ nelle Rems (per carità, non chiamiamolo più ‘internamento’: saremmo politically incorrect!) ma le persone, gravemente malate e socialmente pericolose, se non c’è posto nelle Rems, non vengono internate.
In genere, se l’internamento nella REMS viene disposto mentre la persona è sottoposta alla custodia cautelare in carcere, quella persona rimane in carcere. Nel giugno 2023, se 632 persone erano internate nelle REMS, circa 675 persone erano in attesa di farvi ingresso. Di queste 675 persone in attesa, 42 erano detenute (Rapporto al Parlamento del Garante Nazionale dei detenuti). Detenute illegalmente, come sentenziato dalla CEDU in diverse occasioni negli anni. E, in carcere, le persone con grave disagio psichico continuano a suicidarsi. Qualche volta uccidono i compagni di cella (nel 2023 si sono registrati almeno due casi).
Poiché il fenomeno dura da anni, vale a dire dall’ultima legge (la L. 81/2014) sul superamento degli OPG, un avveduto GIP di Tivoli, tempo addietro, ha segnalato alla Corte Costituzionale alcuni possibili profili di incostituzionalità della suddetta legge. E la Corte Costituzionale cosa ha fatto? Non ha detto che tali profili di incostituzionalità non c’erano. Ha detto, piuttosto, che la caducazione della legge per quei profili di incostituzionalità avrebbe comportato una lesione maggiore di altri interessi della collettività costituzionalmente garantiti (Sentenza 27.01.2022, n. 22).
Il ragionamento non quadra: una norma, o è anticostituzionale oppure non lo è. Se lo è, va cambiata. Ma la Corte, pur avendo osservato che la norma doveva essere cambiata in fretta dal legislatore (la sentenza è del gennaio 2022 e la norma non è stata cambiata) perché molto imperfetta, tuttavia non ne ha sancito la incostituzionalità. Il suicidio a Le Vallette del paziente schizofrenico rappresenta uno degli effetti del mancato riconoscimento della incostituzionalità della legge 81/2014. Un mancato riconoscimento inescusabile, poiché i Giudici di quella Corte ben conoscono l’assoluta inerzia del legislatore su questi temi e la quasi totale indifferenza degli organismi della cosiddetta ‘salute mentale’.
La Corte però, nella sentenza, ha rivolto un “monito al legislatore affinché proceda, senza indugio, a una complessiva riforma di sistema, che assicuri assieme:
– “un’adeguata base legislativa alla nuova misura di sicurezza;
– “la realizzazione e il buon funzionamento, sull’intero territorio nazionale, di un numero di REMS sufficiente a far fronte ai reali fabbisogni, nel quadro di un complessivo e altrettanto urgente potenziamento delle strutture sul territorio in grado di garantire interventi alternativi adeguati alle necessità di cura e a quelle, altrettanto imprescindibili, di tutela della collettività;
– “la realizzazione e il buon funzionamento, sull’intero territorio nazionale, di un numero di REMS sufficiente a far fronte ai reali fabbisogni, nel quadro di un complessivo e altrettanto urgente potenziamento delle strutture sul territorio in grado di garantire interventi alternativi adeguati alle necessità di cura e a quelle, altrettanto imprescindibili, di tutela della collettività […]”.
Nessuna di queste sollecitazioni (“provvedere senza indugio”) è stata raccolta a oltre due anni dal pronunciamento della Corte Costituzionale. Una cosa è certa: se vogliamo che qualcuno faccia bene il suo lavoro, occorre per primi fare bene il nostro lavoro. Chi scrive ha sempre avuto una grande stima professionale per taluni giudici della Suprema Corte, in particolare per il giudice estensore della sentenza 22 del gennaio 2022. Proprio perché si può e si deve criticare chi si stima, penso di dover criticare quella sentenza che reputo errata e che purtroppo, nel caso del suicidio di Torino e in diverse altre circostanze, non ha contribuito ad evitare effetti esiziali. Anche perché, per citare la nonna Bianca, un peccato non ne giustifica due: la colpevole inerzia del legislatore e degli psichiatri non ci esime dal segnalare la impraticabilità e la incostituzionalità di una norma, se farlo è il nostro compito.