di Mario Novello, articolo pubblicato nella Rivista italiana di medicina legale, n. 1, 2013, dedicato al tema della contenzione, editore Giuffrè.
Il risolvibile nodo della contenzione fisica nelle pratiche dei servizi di salute mentale
Sommario: 1. Due domande preliminari; 2. La forza dei numeri e del numero ‘zero’; 3. Come fare? Una storia di periferia; 4. Il problema della contenzione in altri contesti sanitari e assistenziali; 5. Un nuovo problema; 6. Alcune considerazioni.
1. Due domande preliminari.
La contenzione fisica può avere una valenza terapeutica ovvero un valore “positivo” come strumento di cura?
Si, secondo alcuni, per quanto possa sembrare almeno un po’ paradossale. In un reparto psichiatrico con funzioni giudiziarie per persone che avevano commesso lievi reati, in un civilissimo ed evoluto paese del Nord Europa, alcuni anni fa sono stato testimone diretto dell’applicazione di una forma di contenzione con una specie di breve guinzaglio fissato a un lettino per visita medica di buona fattura, in una situazione per tutti imbarazzante. Tale forma di contenzione veniva prescritta a orario per alcune ore al giorno come se si trattasse di un provvedimento terapeutico o rieducativo, sostenuto da considerazioni psicodinamiche. Una “prescrizione” analoga e stata autorevolmente testimoniata da un collega in visita presso un S.O.P.D.C. di una grande citta del nord Italia in tempi relativamente recenti.
Se non altro per la dominanza delle psichiatrie incentrate sugli psicofarmaci, questa pratica di contenzione con presunti intenti terapeutici in base a considerazioni psicodinamiche sembra essere in disuso e comunque, in riferimento al contesto specifico di questa raccolta di scritti, dovrebbe rientrare nell’ambito del consenso informato, presumibilmente all’interno di una relazione terapeutica.
La contenzione è l’ineluttabile male minore?
Domanda che ne apre altre: se non puo avere una valenza “positiva” ed effettivamente non puo, la contenzione fisica costituisce una pratica spiacevole ma inevitabile che si rende necessaria a causa dei comportamenti di certi pazienti, agitati e/o considerati potenzialmente pericolosi, assumendo quindi la valenza “negativa” di ineluttabile male minore? E pertanto la contenzione fisica determinata dalle caratteristiche specifiche di certe persone e dei loro disturbi mentali ovvero – opacamente – dalla “malattia” e dalla sua imperscrutabile oscurità?
Stando cosi le cose, e considerata una pratica “normale” e, legittimata, puo venire applicata in modo automatico se non altro perchè è comoda ed evita la fatica della relazione interpersonale in una situazione di difficoltà della persona, come indicherebbe l’uso più frequente nelle ore notturne? Si innesca un circolo vizioso in cui la persona che arriva al Servizio si difende preliminarmente da un Servizio “distante” e intrinsecamente aggressivo e vi resiste, fornendo una giustificazione alla sua applicazione e confermandone la ineluttabile necessita. Più o meno sottilmente, la contenzione fisica diventa – implicitamente o esplicitamente – uno strumento disciplinare per chiarire chi comanda, chi detta le regole che devono essere rispettate, chi ha il potere? … (leggi tutto)