Nel commentare fatti di cronaca che riguardano, direttamente o impropriamente, cittadini con disturbi mentali si rinnova l’interesse e l’urgenza di vedere definitivamente pubblicata la Carta di Trieste (CdT) – “Proposta per un codice etico per i giornalisti e gli operatori dell’informazione su notizie concernenti cittadini con disturbo mentale” – preliminarmente approvata nel 2011 a Impazzire si può
A Modena, nel corso di Màt 2019 un’ampia iniziativa su “Giornalismo e salute mentale. Come i mass media influenzano la percezione pubblica della sofferenza mentale” ha rilanciato finalmente la questione dell’approvazione della CdT.
L’iniziativa, un corso di formazione rivolto a giornalisti e non, è stato un momento di significativo confronto tra professionisti dei media, operatori dei SSM e ricercatori su un tema di grande rilevanza per i cittadini tutti.
Al Corso, introdotto da un intervento di Fabrizio Starace – Direttore del DSM di Modena – sono intervenuti il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti (OG), Carlo Verna, e il Presidente dell’OG dell’Emilia Romagna, Giovanni Rossi, giornalisti di testate nazionali e locali e di radio LiberaMente di Modena.
Come rappresentanti del gruppo di lavoro sulla CdT siamo intervenuti Peppe dell’Acqua (qui il video del suo intervento) ed io (in fondo la copia dell’intervento sulle Testimonianze e ricerche che hanno contribuito allo sviluppo della Carta di Trieste), illustrando – a doppia voce – i motivi e il percorso che a partire dalla lettera di Madia Marangi hanno portato alla stesura del documento.
Qui di seguito i punti della Carta di Trieste nella forma presentata a Modena.
CN-OG e la FNSI Invitano i giornalisti italiani ad osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni relative ai cittadini con Disturbo Mentale (DM)
1. Usare termini non lesivi della dignità umana o stigmatizzanti per definire il cittadino con Disturbo Mentale (DM), se oggetto di cronaca: non il disturbo di cui è affetto ma il comportamento gli si attribuisce
2. Usare termini giuridici non allusivi a luoghi comuni nel caso un cittadino con DM si sia reso autore di un reato, tenendo presente che è una persona come le altre di fronte alla legge
3. Non attribuire le cause e/o l’eventuale efferatezza del reato al DM né interpretare il fatto in un’ottica pietistica, decolpevolizzando il cittadino per il solo motivo che soffre di un DM
4. Considerare il cittadino con DM un potenziale interlocutore capace di esprimersi e raccontarsi, tenendo presente che può ignorare le conseguenze e gli eventuali rischi dell’esposizione attraverso i media
5. Non identificare il cittadino con il suo DM (“lo schizofrenico”, “il depresso”)
6. Garantire al cittadino con DM il diritto di replica
7. Consultare esperti in materia per fornire l’informazione in un contesto il più possibile chiaro e completo. Fornire dati di confronto tra i reati commessi da persone con e senza DM
8. Integrare, se possibile, la notizia con informazioni sui servizi, strumenti, trattamenti, cure che sono disponibili nelle singole realtà locali
9. Promuovere la diffusione di storie di guarigione e/o di esempi di esperienze positive
10. Limitare l’uso improprio di termini relativi alla psichiatria in notizie che non riguardano questioni di salute mentale (“una politica schizofrenica”) per non incrementare il pregiudizio che un DM sia sinonimo di incoerenza, inaffidabilità, imprevedibilità
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Diapositive intervento: Testimonianze e ricerche che hanno contribuito allo sviluppo della Carta di Trieste – di Lorenza Magliano