Storia di un’impensabile liberazione
«Dev’essere il più bel Natale mai visto prima. Non più bello di un qualsiasi Natale in un collegio, o in un carcere, o in un ospedale, ma il più bello in assoluto. Perché qualunque idea ti fai venire, in un centro di salute mentale, in un carcere, in una casa di riposo, il Natale sarà sempre più triste di tutti i natali tristi che possiate immaginare. Tristi come quelle domeniche in manicomio, ricordate?».
Il racconto di Natale che vi regalo quest’anno, l’ho rubato a Peppe dell’Acqua. Che narra il primo Natale nel Centro di Salute mentale aperto a Barcola, quartiere del comune di Trieste, dopo che erano state “aperte” le porte del San Giovanni.
Dunque… «Così lavoriamo sodo fino a che il 24 dicembre la sala del centro è quasi irriconoscibile. È tutto buio, sono accese solo le candele sui tavoli, c’è un albero addobbato e pieno di regali, e ci sono tre ragazze catalane che sono una bomba, vestite da angelo con le alette di piume bianche. Pensa, hanno impacchettato un regalo per tutte le cinquanta persone, tutte sedute al tavolo…».
Un canto di Natale, che è una pagina dello spettacolo teatrale che ripercorre l’esperienza umana e professionale di Franco Basaglia, dagli anni di Gorizia all’“apertura” delle porte del manicomio di Trieste, attraverso la narrazione del suo allievo e collaboratore, Peppe dell’Acqua, “imbottigliato” fra la regia di Erika Rossi, e l’incalzare di Massimo Cirri. Lo spettacolo è ora diventato un libro, e mi arriva oggi come una strenna: (tra parentesi). Storia di un’impensabile liberazione (edizioni AlphaBeta Verlag).
Perché queste parentesi? Ho incautamente chiesto…
La risposta è un fiume, che è pure una lezione.
Il filosofo Basaglia
«Perché inizia tutto da lì. È il filosofo Basaglia che ricorre alla “sospensione del giudizio”: mettere tra parentesi tutto il già definito, le certezze del positivismo scientifico, l’accettazione acritica del dato…la psichiatria per farsi deve rendere oggetto l’altro, il sintomo, la diagnosi, la pericolosità…il soggetto, con la sua storia, le sue passioni, i suoi bisogni, sparisce… Mettere tra parentesi la malattia è l’operazione che apre alla conoscenza, al riconoscimento dell’altro, alla conversazione…».
Insomma, «messa tra parentesi la malattia, può cominciare la vera storia del cambiamento!».
E chi può narrarla, questa storia, meglio di chi quel percorso ha seguito fin dall’inizio.
Grande raccontatore, Peppe… Riesco a immaginarlo, seduto sulla panchina al centro del palco, insieme a Cirri, a parlare con l’accento carezzevole e caldo delle terre a sud del Garigliano, lui che è di Salerno per la precisione. Che non dimentica che la sua è anche una storia di immigrazione…e quando parla di Flavio, che piangeva pensando al nonno che lo portava nell’orto, racconta che lui gli ha poi parlato del suo, di nonno, che viveva in un paese dell’Irpina e che quando lo andava a trovare, e faceva freddo, «mi metteva sotto il suo mantello a ruota e mi teneva stretto». Perché anche questo è scambio che apre al riconoscimento.
Una voce calda e carezzevole che accompagna, dai momenti di stupore (e di vergona) per quella psichiatria dallo sguardo che rende oggetti (dove «nella mia clinica non si deve Basagliare»), all’avventura verso il nord, a incontrare gli occhi di Basaglia, che «ha visto quello che gli altri non avevano visto: l’assenza».
Fascino e commozione
Pieno di fascino e commozione, il libro. Restituisce il fascino di uno spettacolo che è stato nei mesi scorsi un gran successo. Cinquanta repliche, cinquemila spettatori, che ci dicono quanto bisogno abbiamo di chi sappia raccontare, e che ci sappia raccontare l’Uomo. Perché è l’essere umano al centro di questa straordinaria vicenda, fatta di «passioni, conflitti, conquiste e interrogativi».
Dall’uomo Basaglia, e il suo spiazzante «e mi no firmo» (quando appena arrivato nell’ospedale psichiatrico di Gorizia rifiuta di firmare il registro delle contenzioni), all’uomo Giovanni, in ospedale psichiatrico da 25 anni, che non parla e solo vuole un pezzo di terra da coltivare, e lo riavrà, nella sua terra d’origine, dove è poi morto «tirando su le reti, mentre sorgeva il sole, in mezzo al suo mare».
Come non commuoversi, a queste e alle tante altre storie che Peppe Dell’Acqua ricorda. Ricorda e racconta, a «riempire i vuoti dell’umana infelicità che ci accomuna».
Riempirli, i nostri vuoti, come la pancia di Marco Cavallo (il gigante di legno e cartapesta diventato il simbolo della lotta contro tutti i manicomi), che non passa dalla porta perché troppo si è riempito di desideri, ma che a un certo punto, al pianto di Dino (che nella sua pancia ha trovato l’orologio che ha sempre desiderato) «fremendo a testa bassa prende una rincorsa furibonda e si avventa contro la porta principale…saltano i vetri e gli infissi…arresta la sua corsa nel prato, fra gli alberi, ferito, ansimante, confuso con l’azzurro del cielo…». E inizia l’avventura fuori.
Nulla è semplice
Nulla è semplice, naturalmente.
A cominciare da quanto accade, ad esempio, nel rione di Trieste dove poi sbarca «questa astronave che si chiama Centro di Salute mentale», e dove si svolgono incontri aperti al quartiere, per spiegare, aiutare ad accettare i matti che tornano a curarsi fuori. Non è facile. Le resistenze sono tante. Per tutti, la voce della signora Brussardi, che nel corso di un’assemblea si alza e dice: «Sono una vostra vicina, ho due bambini, non giocano più nel giardino. Ho paura…».
Nulla è semplice. Le passioni, i conflitti continuano e continueranno… L’odore dei luoghi di reclusione (che sono tutti uguali) si avverte ancora forte. E sarebbe ora di metterli tra parentesi, tutti.
Fra parentesi, permettetemi, penso bisognerebbe mettere anche tutte le “certezze” che portano al carcere. Sapendo che la soluzione all’inferno che abbiamo creato è già tutta nella Carta Costituzionale, come nella Carta ha radici ben radicate la legge 180 (leggete a questo proposito Il pensiero lungo, Franco Basaglia e la Costituzione, di Daniele Piccione). Certo ci vorrebbero una Tina Anselmi, un Aldo Moro, che allora la necessità di quella legge subito compresero…
Solo un sogno?
«Ma quante cose possiamo fare se ci mettiamo tutti insieme a sognare?». Magnifico Peppe Dell’Acqua…
I due panettoni della signora Brussardi
Allora, visto che è Natale, consegno alla pancia del cavallo anche questo mio desiderio. Confortata dal finale del racconto del Natale nel Centro di Barcola con il quale abbiamo iniziato…
Perché sapete sul più bello quella sera chi arriva?
La signora Brussardi, quella che il Centro non lo voleva perché aveva paura delle persone che lo avrebbero frequentato, ora lì con i suoi due bambini, a mettere sotto l’albero due panettoni per i nuovi amici.
E che questo inaspettato finale sia di buon augurio, per un Natale di sorprese sorprendenti per tutti.
Il racconto di Natale che Francesca de Carolis, giornalista e scrittrice, ci regala quest’anno è tratto da uno spettacolo diventato poi un libro… (tra parentesi). Storia di un’impensabile liberazione, che ripercorre l’esperienza umana e professionale di Franco Basaglia, attraverso la narrazione del suo allievo e collaboratore, Peppe dell’Acqua. Una storia di passioni e conflitti, conquiste e interrogativi, destinata a non finire mai…
[questo articolo è uscito su Remocontro – La virtù del dubbio]
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